REsponsabilità del Comune ex art. 2051 cc per dissuasori di sosta negligentemente posati a terra

Cass. sez. III, ord. 24/04/2024 n. 11.140., rel. Guizzi:

Fatto:

<<1. Ar.Si. e No.Al., in qualità di genitori esercenti la responsabilità genitoriale sul figlio Fr.An. (ancora minorenne al momento della proposizione della presente impugnazione), ricorrono, sulla base di due motivi, per la cassazione della sentenza n. 581/21, del 10 maggio 2021, della Corte d’appello di Lecce, che – nel respingerne il gravame esperito avverso la sentenza n. 359/18, del 29 gennaio 2018, del Tribunale di Lecce – ha confermato il rigetto della domanda risarcitoria dagli stessi proposta nei confronti del Comune di Melendugno, in relazione al sinistro occorso al loro figlio il 16 agosto 2013, esito motivato in ragione del difetto di legittimazione passiva del convenuto, per mancata prova che i dissuasori di sosta, che provocarono l’incidente, fossero di proprietà del Comune ovvero sotto il controllo oppure la custodia dello stesso.

2. Riferiscono, in punto di fatto, gli odierni ricorrenti di aver adito l’autorità giudiziaria, lamentando che il figlio(Omissis), all’uscita da un ristorante sito nella via Rinascimento del Comune di Melendugno, appoggiava il piede destro su di una catena di ferro che collegava tra loro due dissuasori di sosta, collocati sulla sede viaria. La pressione esercitata sulla catena dal peso, ancorché esiguo, del bimbo, determinava il ribaltamento di uno dei due dissuasori (che si rivelavano non ancorati al suolo), finito sull’avampiede destro del minore, procurandogli gravi lesioni personali>>.

Diritto:

<<8.1.1. Nello scrutinarlo, occorre muovere dal principio – che risulta consolidato nella giurisprudenza di questa Corte – secondo cui la responsabilità da cose in custodia (sui cui presupposti e sulla cui articolazione può qui bastare un rinvio alla motivazione di Cass. Sez. 3, ord. 28 novembre 2023, n. 33074, ove compiuti riferimenti) è ravvisabile anche in relazione ai beni demaniali (tra le più recenti, Cass. Sez. 3, sent. 22 settembre 2023, n. 27137, non massimata), e quindi pure alle strade pubbliche, di talché “agli enti pubblici proprietari di strade aperte al pubblico transito è in linea generale applicabile l’art. 2051 cod. civ., in riferimento alle situazioni di pericolo immanentemente connesse alla struttura o alle pertinenze della strada, indipendentemente dalla sua estensione” (così, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent.29 luglio 2016, n. 15761, Rv. 641162-01; nello stesso senso, tra le molte, già Cass. Sez. 3, sent.29 marzo 2007, n. 7763, Rv. 596965-01, nonché, successivamente, Cass. Sez. 3, ord.1° febbraio 2018, n. 2481, Rv. 647935-01). È stato, inoltre, precisato, sempre con riferimento alla custodia di strade pubbliche, che “la responsabilità ex art. 2051 cod. civ. postula la sussistenza di un rapporto di custodia della cosa e una relazione di fatto tra un soggetto e la cosa stessa, tale da consentire il potere di controllarla, di eliminare le situazioni di pericolo che siano insorte e di escludere i terzi dal contatto con la cosa”, sussistendo – in questo, e in ogni altro caso in cui la suddetta norma risulti applicabile – “un’ipotesi di responsabilità oggettiva, il cui unico presupposto è l’esistenza di un rapporto di custodia”, essendo “del tutto irrilevante”, per contro, “accertare se il custode sia stato o meno diligente nell’esercizio della vigilanza sulla cosa” (così, in motivazione, Cass. Sez. 3, ord. n. 2481 del 2018, cit.). Di conseguenza, “il danneggiato ha il solo onere di provare l’esistenza di un valido nesso causale tra la cosa ed il danno, mentre il custode ha l’onere di provare che il danno non è stato causato dalla cosa, ma dal caso fortuito, ivi compreso il fatto dello stesso danneggiato o del terzo” (cfr., nuovamente in motivazione, Cass. Sez. 3, ord.n. 2481 del 2018, cit.).

D’altra parte, non irrilevante – sempre nella medesima prospettiva della responsabilità ex art. 2051 cod. civ. degli enti proprietari delle strade – è la circostanza che essi, ai sensi dell’art. 14, comma 1, cod. strada, debbono provvedere, tra l’altro, “alla manutenzione, gestione e pulizia delle strade, delle loro pertinenze e arredo, nonché delle attrezzature, impianti e servizi”, altresì “precisandosi (comma 3) che per le strade in concessione i poteri e i compiti dell’ente proprietario della strada previsti dal codice della strada sono esercitati dal concessionario, salvo che sia diversamente stabilito” (così, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent.9 giugno 2016, n. 11802, Rv. 640205-01)>>.

Applicati al caso di specie:

<<8.1.2. Orbene, alla stregua di tali principi, ha errato la sentenza impugnata, nel rigettare la domanda risarcitoria sul presupposto che i dissuasori, presenti sul tratto di strada pubblica difronte al ristorante, fossero “posizionati agli angoli di un rettangolo delimitato da strisce bianche, che evidenziano una zona di suolo pubblico riservata allo stesso esercizio commerciale”, ritenendo, per ciò solo, che da tanto dovesse “desumersi che è stato quest’ultimo ad installare i dissuasori”, così, pertanto, escludendo che “il Comune avesse alcuna responsabilità sugli stessi”.

Al contrario, la semplice presenza dei dissuasori sul suolo pubblico – fatto non contestato dal Comune – legittimava, alla stregua dei principi sopra richiamati, la pretesa risarcitoria ex art. 2051 cod. civ. fatta valere nei suoi confronti.

Era, dunque, a carico del convenuto – come correttamente osservano i ricorrenti – la dimostrazione o del titolo amministrativo in forza del quale terzi, non solo fruivano dell’area in questione, ma erano stati abilitati all’installazione dei dissuasori e per di più in modo tale da escludere qualunque signoria di fatto sui medesimi da parte del custode della strada pubblica, ovvero che tali manufatti, in assenza di un titolo siffatto, fossero stati posti in un arco temporale così ravvicinato da non consentire il potere di controllo da parte dell’Ente proprietario dell’area demaniale. Sussistendo, infatti, la seconda delle evenienze testé delineate, avrebbe potuto trovare applicazione il principio secondo cui la pubblica amministrazione “è liberata dalla responsabilità civile ex art. 2051 cod. civ., con riferimento ai beni demaniali, ove dimostri che l’evento è stato determinato da cause estrinseche ed estemporanee create da terzi, non conoscibili né eliminabili con immediatezza, neppure con la più diligente attività di manutenzione, ovvero che l’evento stesso ha esplicato la sua potenzialità offensiva prima che fosse ragionevolmente esigibile l’intervento riparatore dell’ente custode” (così, da ultimo, Cass. Sez. 3, ord.11 marzo 2021, n. 6826, Rv. 660907-01; analogamente, Cass. Sez. 3, ord.9 marzo 2020, n. 6651, Rv. 657165-01; Cass. Sez. 3, ord.18 giugno 2019, n. 16295, Rv. 654350-01; Cass. Sez. 6-3, ord.19 marzo 2018, n. 6703, Rv. 648489-01)>>.

Il fondo vicino è causa dell’incendio in esso sia originato, anche se non adiacente a quello danneggiato, stante l’interposizione di altro fondo di terzo estraneoto

Cass. sez. III, ord. 11/01/2024, n.1262, rel. Saija:

<In tema di responsabilità per danni da cose in custodia ex art. 2051 c.c., il proprietario del fondo dal quale si sia propagato un incendio è responsabile dei danni causati ad altro fondo, senza che sia necessaria una indefettibile contiguità fisica tra il fondo originante e quello danneggiato. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva affermato la responsabilità della proprietaria del fondo dal quale aveva avuto origine l’incendio, poi propagatosi in quello del danneggiato dopo aver attraversato un fondo intermedio di proprietà di un terzo estraneo al giudizio)>.

(massimario Cass., da DeJure)

Sulla responsabilità per le infiltrazioni provenienti da lastrico solare o da terrazzo di proprietà o uso esclusivi

Cass. ord. 14 dicembre 2023 n. 35.027, rel. Giannaccari:

<<Come affermato da questa Corte, in materia di responsabilità per
danni da infiltrazioni prodotte dal lastrico solare o dal terrazzo di
proprietà o di uso esclusivo, il paradigma è quello dell’art. 2051 c.c.
avuto riguardo alla posizione del soggetto proprietario o avente l’uso
esclusivo, in ragione del rapporto diretto che esso ha con il bene
potenzialmente dannoso.

E’, inoltre, configurabile una concorrente
responsabilità del Condominio, che, in forza degli artt. 1130 c.c.,
comma 1, n.4 e 1135 c.c., comma 1, n.4, è tenuto a compiere gli atti
conservativi e le opere di manutenzione straordinaria relativi alle parti
comuni dell’edificio, avuto riguardo alla posizione del soggetto che del
lastrico o della terrazza abbia l’uso esclusivo.
La concorrente responsabilità del Condominio è configurabile nel caso
in cui l’amministratore ometta di attivare gli obblighi conservativi
delle cose comuni ovvero nel caso in cui l’assemblea non adotti le
determinazioni di sua competenza in materia di opere di
manutenzione straordinaria ( Cass., Sez. Unite N.9449/2016
Cassazione civile sez. VI, 11/01/2022, n.516).

Il concorso di tali
responsabilità va di norma risolto, salva la rigorosa prova contraria
della specifica imputabilità soggettiva del danno, secondo i criteri di
cui all’art. 1126 c.c., che pone le spese di riparazione o di
ricostruzione per un terzo a carico del proprietario o dell’usuario
esclusivo del lastrico (o della terrazza) e per i restanti due terzi a
carico del Condominio. Tale concorso di responsabilità si spiega con la
naturale interconnessione esistente tra la superficie del lastrico e
della terrazza a livello, sulla quale si esercita la custodia del titolare
del diritto di uso in via esclusiva, e la struttura immediatamente
sottostante, che costituisce cosa comune, sulla quale la custodia non
può esercitarsi nelle medesime forme ipotizzabili per la copertura
esterna.
In assenza di prova della riconducibilità del danno a fatto esclusivo
del titolare del diritto di uso esclusivo del lastrico solare o di una
parte di questo (Sez. 2, Sentenza n. 3239 del 07/02/2017 ) – e
tenuto conto che l’esecuzione di opere di riparazione o di
ricostruzione richiede la necessaria collaborazione del primo e del
condominio – il criterio di riparto previsto per le spese di riparazione o ricostruzione dalla citata disposizione costituisce un parametro
legale rappresentativo di una situazione di fatto, correlata all’uso e
alla custodia della cosa nei termini in essa delineati, valevole anche ai
fini della ripartizione del danno cagionato dalla cosa comune che,
nella sua parte superficiale, sia in uso esclusivo ovvero sia di
proprietà esclusiva, è comunque destinata a svolgere una funzione
anche nell’interesse dell’intero edificio o della parte di questo ad essa
sottostante>>