Piattaforma streaming che permette diffusione di opere protette tramite oscuramento indirizzi IP (VPN) praticato dagli utenti: è responsabile?

Interessante questione discussa dall’avvocato generale Szpunar in causa C-423/21 nelle sue Conclusioni 20.10.2022 ,  Grand Production d.o.o. contro GO4YU GmbH  – DH, –  GO4YU d.o.o  -MTEL Austria GmbH .

Questione pregiudiziale 1:

<<«Se la nozione di «comunicazione al pubblico» di cui all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva [2001/29], debba essere interpretata nel senso che la realizza un gestore diretto (nel caso di specie non stabilito nell’Unione) di una piattaforma di streaming, il quale:

–        decide autonomamente in ordine al contenuto e all’oscuramento delle trasmissioni televisive dallo stesso diffuse, eseguendolo dal punto di vista tecnico;

–        dispone in esclusiva dei diritti di amministratore per la piattaforma di streaming;

–        è in grado di incidere sulla determinazione dei programmi televisivi che possono essere ricevuti dall’utente finale tramite il servizio, ma non sul contenuto dei programmi;

–        e rappresenta l’unico punto di controllo per stabilire quali programmi e contenuti possano essere visti in quale momento e in quali territori,

qualora al riguardo, nello specifico,

–        all’utente venga fornito l’accesso non solo ai contenuti della trasmissione alla cui fruizione online i rispettivi titolari dei diritti abbiano acconsentito, ma anche a contenuti protetti rispetto ai quali non sussista un’analoga dichiarazione, e

–        il gestore diretto della piattaforma di streaming sia a conoscenza del fatto che il proprio servizio consente anche la ricezione di contenuti protetti della trasmissione senza il consenso dei titolari dei diritti, dato che i clienti finali utilizzano servizi VPN, i quali simulano la presenza dell’indirizzo IP e del dispositivo del cliente finale in territori per i quali sussiste un consenso del titolare dei diritti, o (5)

–        la ricezione di contenuti protetti della trasmissione era effettivamente possibile per diverse settimane tramite la piattaforma di streaming senza il consenso dei titolari dei diritti anche non avvalendosi di tunnel VPN.>>

Questione pregiudiziale 2:

<< In caso di risposta affermativa alla prima questione:

Se la nozione di «comunicazione al pubblico» di cui all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29/CE debba essere interpretata nel senso che essa si realizza anche ad opera di terzi (nel caso di specie, con sede nell’Unione) collegati con il gestore di una piattaforma descritto nella prima questione sul piano contrattuale e/o del diritto delle società, i quali, pur non esercitando alcuna influenza sugli oscuramenti o sui programmi e contenuti delle trasmissioni diffuse tramite la piattaforma di streaming,

–        promuovono la piattaforma di streaming del gestore e i suoi servizi e/o

–        sottoscrivono con i clienti abbonamenti di prova a cessazione automatica decorsi 15 giorni, e/o

–        forniscono supporto ai clienti della piattaforma di streaming a titolo di assistenza clienti, e/o

–        offrono sulla loro pagina Internet abbonamenti a titolo oneroso per la piattaforma di streaming del gestore diretto e quindi operano quali controparti contrattuali dei clienti e destinatari dei pagamenti, per cui detti abbonamenti a pagamento vengono predisposti in maniera tale che venga fatto un esplicito riferimento all’indisponibilità di certi programmi solo nel caso in cui un cliente, all’atto della conclusione del contratto, dichiari espressamente la sua intenzione di vedere tali programmi, mentre, in assenza di pertinenti indicazioni o di specifica richiesta da parte del cliente, quest’ultimo non ne viene informato in anticipo.>>

In breve il riassunto dell’AG:  19  Nella presente causa il giudice del rinvio ha sottoposto alla Corte tre questioni pregiudiziali. La prima di esse riguarda la portata della responsabilità del gestore di una piattaforma di streaming (6) per la comunicazione al pubblico, su tale piattaforma, di contenuti protetti dal diritto d’autore, senza l’autorizzazione dei titolari dei diritti. La seconda questione verte su un’eventuale responsabilità dei soggetti che collegati a tale gestore. Infine, la terza questione concerne la portata della competenza dei giudici degli Stati membri in materia di violazioni del diritto d’autore. Passo ad analizzare le suddette questioni nell’ordine in cui sono state poste.

La risposta alla questione 1 è negativa, sempre che la piattaforma rimanga passiva e cioè non faciliti in qualche modo l’elusine via VPN da parte degli utenti:

<42  L’elemento specifico della causa in esame è l’assenza di terzi che mettano a disposizione degli utenti i programmi prodotti dalla società Grand Production in violazione del blocco geografico dell’accesso applicato dalla società GO4YU Beograd. Ad eludere tale blocco sono gli stessi utenti, che ottengono l’accesso ai programmi in parola senza l’intermediazione di nessun soggetto (20).

42.      Non mi sembra, tuttavia, che questo sia un motivo sufficiente per ritenere la società GO4YU Beograd responsabile di tale situazione. La società Grand Production ha probabilmente ragione nell’affermare che la società GO4YU Beograd sia a conoscenza del fatto che il suo blocco geografico dell’accesso viene aggirato tramite il servizio VPN. Tuttavia anche la società Grand Production è a conoscenza di tale fatto. L’elusione di diversi tipi di misure di protezione da parte degli utenti costituisce un rischio inerente alla distribuzione in forma digitale, soprattutto in Internet, di opere protette dal diritto d’autore. La società Grand Production, consentendo alla società GO4YU Beograd di comunicare al pubblico i suoi programmi su una piattaforma di streaming in un determinato territorio, ha dovuto tener conto del fatto che un certo numero di utenti poteva ottenere l’accesso ad esse al di fuori di tale territorio.

43.      Ciò non implica, tuttavia, che la società GO4YU Beograd sia responsabile per la comunicazione al pubblico di tali programmi ai suddetti utenti. Conformemente alla logica della succitata giurisprudenza della Corte, la prevista cerchia di persone a cui è rivolta una comunicazione al pubblico viene determinata dall’intenzione del soggetto che effettua tale comunicazione, la quale è desunta dalle misure tecnologiche di protezione applicate.

44.      La situazione sarebbe diversa solo qualora la società GO4YU Beograd applicasse intenzionalmente un blocco geografico dell’accesso inefficace al fine di consentire effettivamente alle persone che si trovano al di fuori del territorio nel quale essa è autorizzata a comunicare al pubblico i programmi prodotti dalla società Grand Production di accedere ai programmi in questione, in modo facilitato rispetto alle possibilità oggettivamente esistenti su Internet, in particolare rispetto ai servizi VPN generalmente disponibili. In quel caso, si dovrebbe ritenere che la società GO4YU Beograd, con piena cognizione delle loro conseguenze, adotti misure finalizzate a garantire ai suoi clienti l’accesso all’opera protetta, in una situazione in cui, in assenza delle suddette misure, i suoi clienti non potrebbero, in linea di principio, accedere all’opera in questione (21). Spetta al giudice del rinvio accertare tale circostanza. Orbene, le parti del contratto di licenza possono prevedere in tale contratto obblighi più gravosi per il licenziatario per quanto riguarda le misure limitative dell’accesso ai contenuti oggetto del contratto>>.

Allora il titolare dei diritti, se vuole protezione anche contro la piattaforma, deve imporle contrattualmente dei doveri di attivazione a livello tecnololigico: così l’eventual inadempimnento sotto questo profilo è violazione oltre che contrattuale anche della privativa.

Circa la questione 2, a cascata, nemeno chi collabora per la promizione commerciale con la piattaforma è responsabuile.; <<53.      Alla luce di quanto precede, propongo di rispondere alla seconda questione pregiudiziale dichiarando che l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29 deve essere interpretato nel senso che un soggetto collegato al gestore di una piattaforma di streaming, sulla quale sono messe a disposizione opere protette dal diritto d’autore, il quale promuove tale piattaforma, sottoscrive con i clienti i contratti relativi ai servizi forniti dal gestore della stessa nonché fornisce supporto a detti clienti, ma non esercita alcuna influenza sui contenuti messi disposizione sulla piattaforma né sull’applicazione in essa di misure limitative dell’accesso intese a tutelare i diritti d’autore di terzi, non realizza una comunicazione al pubblico ai sensi della citata disposizione.>>

Attendiamo ora la decisione della Corte.

Sul concetto di “ritrasmissione via cavo” nel copyright europeo

L’avvocato generale nella causa C-716/20, RTL c. Pestana, ha presentato il 10.03.2022 le proprie conclusioni sul se costituisca ritramissione via cavo ex art. 1.3 dir. 93/83 la diffusione del segnale televisivo (libero, cioè  non a pagamento) nelle camere di un albergo .

La disposizione cit. recita: < Ai fini della presente direttiva, «ritrasmissione via cavo» è la ritrasmissione simultanea, invariata ed integrale, tramite un sistema di ridistribuzione via cavo o a frequenze molto elevate, destinata al pubblico, di un’emissione primaria senza filo o su filo proveniente da un altro Stato membro, su onde hertziane o via satellite, di programmi radiofonici o televisivi destinati ad essere captati dal pubblico, indipendentemente dal modo in cui l’operatore di un servizio di ritrasmissione via cavo ottiene dall’organismo di diffusione radiotelevisiva i segnali portatori di programmi a fini di ritrasmissione.>

La sua risposta è negativa: il concetto de quo richiede infatti la professionalità nell’uso dei cavi (come impresa di radiotrasmissioni o anche solo di distribuzione del segnale) , il che non avviene per un albergo , il cui business è la fornitura del servizio di alloggio:

<<58.      Non si tratta, pertanto, alla luce del contesto tecnologico e storico e delle finalità delle direttive, di fissare il significato di una nozione del diritto dell’Unione rendendola insensibile ai cambiamenti tecnologici ma soltanto di interpretare il sistema in cui nelle diverse direttive pertinenti le nozioni di «cavo» e di «ritrasmissione via cavo» sono utilizzate, al solo fine di concludere che il «distributore via cavo» non può che essere un soggetto che utilizza per scopi professionali la rete tradizionale via cavo, alternativa a quella satellitare nella summa divisio della direttiva 93/83.

59.      Dunque, da un lato, con riferimento alla prima questione pregiudiziale, ritengo che essa potrebbe essere il frutto di una confusione terminologica della nozione di «ritrasmissione» tra i contenuti delle diverse fonti citate dal giudice del rinvio.

60.      Non mi sembra, infatti, dubitabile che la «ritrasmissione via cavo» possa essere effettuata anche da soggetti che non sono organismi di radiodiffusione: è sufficiente che si tratti di «distributori (professionali) via cavo».

61.      Ciò non sposta però i termini della questione per la soluzione del caso che ci occupa, e mette inevitabilmente il focus sulla seconda questione pregiudiziale: come sopra argomentato, il termine «distributore via cavo» deve avere il suo significato tradizionale, tenendo conto della tecnologia prevalente al momento dell’adozione della direttiva 93/83 e, in particolare, delle reti via cavo tradizionali e dei loro distributori professionali.>>

Soluzione corretta e con pochi argomenti contrari, per cui è probabile verrà seguita dalla Corte.

Non chiarissima l’incidenza del diritto di comunicazione al pubblico nel caso sub iudice (art. 8.3 dir. 2006/115), che ad ogni modo viene affermata nel caso di diffusione nelle stanze dialbego  (§ 66: vecchia questione …).  Era stato inizialmente azionata assieme all’esclusiva sulla ritrasmissione via cavo.