La revoca della casa familiare non dà luogo automaticamente al diritto di vedersi incrementato l’assegno divorzile

Cass. sez. I, ord. 13/06/2024 n. 16.462, rel. Valentino, con insegnamento esatto anche se scontato:

<<9.1 – La censura è fondata. In tema di divorzio, la revoca dell’assegnazione della casa familiare al coniuge beneficiario dell’assegno divorzile non giustifica l’automatico aumento di tale assegno, trattandosi di un provvedimento che ha come esclusivo presupposto l’accertamento del venir meno dell’interesse dei figli alla conservazione dell’habitat domestico, in conseguenza del raggiungimento della maggiore età e del conseguimento dell’autosufficienza economica, o della cessazione del rapporto di convivenza con il genitore assegnatario (Cass., n.20452-2022) e la revoca dell’assegnazione della casa familiare di proprietà esclusiva dell’altro ex coniuge costituisce sopravvenienza valutabile ai fini della revisione delle condizioni di divorzio, in quanto il relativo godimento, ancorché funzionale al mantenimento dell’ambiente familiare in favore dei figli, riveste valore economico tanto per l’assegnatario, che ne viene privato con la revoca, quanto per l’altro ex coniuge, che se ne avvantaggia attraverso il compimento di attività suscettibili di valutazione economica, che gli erano state precluse col provvedimento di assegnazione, potendo lo stesso andarvi ad abitare o concederla in locazione o impiegarla per la produzione di reddito (Cass., n. 7961-2024). Questi elementi già presenti in primo grado possono rilevare, nei sensi indicati, ai fini della determinazione del quantum dell’assegno divorzile, ma vanno considerati, ove ravvisata la necessità di contribuzione, avuto riguardo ad un’esigenza abitativa astrattamente considerata ed al quantum dell’assegno già complessivamente riconosciuto. Orbene, la valutazione di questo elemento non può variare, in assenza di ulteriori e specifiche ragioni, solo in funzione dell’effettivo costo concretamente sostenuto per soddisfare la specifica scelta abitativa che, di volta in volta, il titolare dell’assegno divorzile possa fare. La Corte non ha tenuto conto, inoltre, che la raggiunta autosufficienza economica dei figli si riverbera sia sul padre che sulla madre, facendo venir meno per entrambi (e non soltanto per l’ex coniuge che provvede al mantenimento indiretto) l’obbligo di mantenimento e quindi, determina per entrambi una maggiore disponibilità economica>>.

Revoca dell’assegnazione della casa familiare (art. 337 sexies cc)

Cass. sez. 1 del 2’0.11.2023 n. 32.151, rel. Tricomi:

<<Questa Corte ha già affermato che “la casa familiare deve essere assegnata tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli minorenni e dei figli maggiorenni non autosufficienti a permanere nell’ambiente domestico in cui sono cresciuti, per garantire il mantenimento delle loro consuetudini di vita e delle relazioni sociali che in tale ambiente si sono radicate” (Cass. n. 25604/2018), sul rilievo che la revoca dell’assegnazione della casa familiare è provvedimento che ha come esclusivo presupposto l’accertamento del venir meno dell’interesse dei figli alla conservazione dell’habitat domestico in conseguenza del raggiungimento della maggiore età e del conseguimento dell’autosufficienza economica o della cessazione del rapporto di convivenza con il genitore assegnatario (Cass. n. 20452/2022), principi dai quali non vi è ragione di discostarsi.

Incontestato, nel caso in esame, il raggiungimento dell’autosufficienza economica da parte del figlio, la decisione risulta immune da vizi e tale conclusione non è revocata in dubbio dal precedente di legittimità invocato dalla ricorrente che risulta erroneamente interpretato e, anzi, smentisce l’assunto giacché il principio affermato, secondo il quale “Sussiste l’ipotesi di convivenza rilevante agli effetti dell’assegnazione della casa familiare allorché il figlio maggiorenne non autosufficiente torni con frequenza settimanale presso la casa familiare.” (Cass. n. 23473/2020), concerne, per l’appunto, il figlio maggiorenne, ma non economicamente autosufficiente>>.

Niente di nuovo, atteso il tenore della disposizione.

L’assegnazione dell’immbile familiare al coniuge in sede divisoria non deve tener conto dell’esistente suo diritto di godimento per essere l’affidatario della prole

Interessante ma non semplice questione risolta dalle Sezioni Unite (Cass s.u. 09.06.2022 n. 18.641, rel. Carrato).

Questito : “se – in sede di divisione di un immobile in comproprietà di due coniugi legalmente separati già destinato a residenza familiare e, per tale ragione, assegnato, in sede di separazione, al coniuge affidatario della prole – occorra tenere conto della diminuzione del valore commerciale del cespite conseguente alla presenza sul medesimo del diritto di godimento del coniuge a cui è stata affidata la prole, pure nel caso in cui la divisione si realizzi mediante attribuzione a quest’ultimo della proprietà dell’intero immobile con conguaglio in favore del comproprietario e, quindi, determinandolo non in rapporto al valore venale dello stesso immobile, bensì in misura ridotta che tenga conto dell’incidenza della permanenza di tale vincolo, opponibile anche ai terzi“.

Per le s.u., non si deve tener conto del diritto di  godimento già in precedenza disposto per essere il congiuge affidatario della prole: <<Ad avviso di queste Sezioni unite deve essere condiviso l’indirizzo giurisprudenziale secondo il quale, nel caso in cui lo scioglimento della comunione immobiliare si attui mediante attribuzione dell’intero al coniuge affidatario della prole, il valore dell’immobile oggetto di divisione non può risentire del diritto di godimento già assegnato allo stesso a titolo di casa coniugale, poiché esso viene ad essere assorbito o a confondersi con la proprietà attribuitagli per intero, con la conseguenza che, ai fini della determinazione del conguaglio in favore dell’altro coniuge, bisognerà porre riferimento, in proporzione alla quota di cui era comproprietario, al valore venale dell’immobile attribuito in proprietà esclusiva all’altro coniuge, risultando, a tal fine, irrilevante la circostanza che nell’immobile stesso continuino a vivere i figli minori o non ancora autosufficienti rimasti affidati allo stesso coniuge divenutone proprietario esclusivo, in quanto il relativo aspetto continua a rientrare nell’ambito dei complessivi e reciproci obblighi di mantenimento della prole da regolamentare nella sede propria, con la eventuale modificazione in proposito dell’assegno di mantenimento.>>, § 9.

Tale assegnazione divisionale, poi , realizza l’estinzione automatica del diritto di godimento preesistente (con notazione delle SU sulla sua trascrivibilità con atto ricognitivo).

In definitiva, <<l’immobile attribuito in proprietà esclusiva al coniuge già assegnatario quale casa coniugale non può considerarsi decurtato di alcuna utilità, posto che la qualità di titolare del diritto dominicale e quella di titolare del diritto di godimento vengono a coincidere. Non si configura, in altri termini, alcun diritto altrui che limiti le facoltà di godimento del coniuge attributario dell’intero – e già assegnatario in quanto affidatario della prole – e sia, perciò, idoneo a comportare la diminuzione del valore di mercato del bene>>.

La soluzione ci pare corretta.