Impugnazione della delibera di revoca da parte di amministratore di s.p.a.: il caso della utility AGSM AIM spa

Trib. Venezia decr. 1644/2023 del 03.07.2023, RG 1909/2023-1, rel. Tosi, sul tema con alcuni spunti interessanti:

– l’amministratore revocato è legittimato (ed ha interesse) ad impugnare la delibera dei soci che lo revoca: corretto, poichè il vizio dedotto sta a monte della perdita della carica.

– la giusta causa conta solo ai fini del risarcimento, non della efficacia della delibera: corretto e pacifico , essendo la revoca immediata ed incondizionata.

– l’abuso nel voto da parte di in socio . E’ la parte più interessante dato che qui è fatto valere da un non socio (l’ammministratore) contro la società-

<<L’abuso del voto è figura giuridica che si impernia sulla regola per cui anche il contratto di società, come ogni altro, va eseguito in buona fede; e riguarda il caso in cui il voto sia esercitato in modo contrario alla buona fede. Il tema non riguarda pertanto l’astratto interesse della società, ma i rapporti fra i soci, parti del contratto. In linea generale ogni socio persegue, nell’esercitare i suoi diritti sociali, propri interessi ed è libero di esercitare il proprio voto come meglio crede, nell’interesse proprio [entro quelli dedotti -espicit. o implicit.  nel contratto sociale!]. Si configura abuso di maggioranza (così si intende configurato dal ricorrente il comportamento di voto del socio Verona) solo quando l’esercizio del voto da parte della maggioranza avviene al solo scopo di ledere l’interesse della minoranza [meglio: quando è difforme dallo scopo di produrre profitto sostenibile]. Diversamente, la divergenza di voto fra soci è fisiologia della vita sociale: nel caso in esame, peraltro, al dissenso fra soci in occasione della revoca dell’avv. Casali e della consigliera Vanzo, è seguita concordia nella scelta dei successori suo e della consigliera Vanzo.

In ogni caso, rispetto al requisito fondante l’abuso (l’esercizio del voto a soli fini di lesione del socio di minoranza) nulla viene allegato dal ricorrente. Egli invece chiede che il giudice si addentri nella verifica di quale sia la migliore scelta, fra le varie possibili ai soci rispetto all’ordine del giorno assembleare, rispetto alla governance sociale; il giudice dovrebbe entrare a gamba tesa nelle scelta dei soci, valutando se il voto del Comune di Verona sia conforme all’interesse sociale e addirittura apprezzando la qualità dell’operato dei consiglieri rimasti e di quelli sostituitivi, come la parte ricorrente chiede di fare nel momento in cui intende verificare i contenuti del procedimento ex art. 2409 c.p.c. che essa allega sia stato incardinato avanti a questa Sezione contro il nuovo CdA. A questo proposito, non solo non spetta al giudice operare una valutazione di opportunità della scelta della compagine sociale in punto nomina amministratori nella prospettiva ex ante, l’unica eventualmente ipotizzabile, dal punto di vista logico [punto di cvista “giuridico”, non logico!. Può poi appplicarsi la business judgment rule anche nella delibera dei soci , come per le scelte gestorie: se irrazionale -cioè in malafede- , è illegittima], rispetto alla valutazione della liceità della delibera; ma tanto meno spetta una valutazione alla luce di fatti posteriori, peraltro essi stessi sub iudice [ovvio, nemmeno andava precisato: conta solo l’ ex ante].

In realtà, nella fattispecie dell’abuso , la verifica dell’interesse sociale costituisce più che altro uno strumento di controllo, nel senso che la difficoltà di ravvisare un apprezzabile interesse sociale può costituire elemento che sorregge la verifica dello scopo lesivo; e comunque si tratta di elemento sussidiario, non principale, della fattispecie. La verifica stessa dell’interesse sociale è materia assai delicata, e tanto più lo è nel caso concreto, dove, in una prospettiva diversa da quella dell’amministratore revocato, e pur sempre riferita all’interesse sociale, va considerato che a consiglieri “divisivi” sono stati sostituiti consiglieri votati conformemente dai due soci. Questo aspetto fattuale pare peraltro rilevante anche rispetto all’apprezzamento del periculum in mora, ex  art. 2378 comma 3 c.c.>>.

Spunto finale:

<<In ogni caso, non è neppure allegato che il socio maggioritario Verona abbia votato a soli fini di lesione del socio minoritario Vicenza; e tanto basta in questa sede, non meritando addentrarsi nella verifica (che pure non appare peregrina) se all’amministratore spetti l’azione di annullamento per abuso, non essendo egli un socio>>.       Dubbio interessante posto dal giudice: ma la risposta è positiva sia qualora l’effetto si riverberi -non come mero fatto ma precisa conseguenza giuridica- sul rapporto tra società e amministratore sia per la legittimazione all’impugnazione delle delibere illegittime dei soci spettante all’amministratore.

Amministratore disattento scopre che la carica per statuto era gratuita (sul rapporto amministratore/società amministrata)

Istruttiva decisione da parte di Trib. Milano n. 256/2022 del 18.01.2022, Rg 50.852/2017, pres. e rel. Mambriani.

Più che la consueta affermazione di contrattualità del rapporto tra società e amministratore (era una srl) , interessa il collegamento tra statuto e contratto (delibera soci + accettazione).

<<Pertanto, al fine di individuare le modalità di regolamentazione del rapporto contrattuale con l’amministratore, occorre fare riferimento a quegli atti attraverso i quali, nell’ambito dell’organizzazione societaria, si manifesta la volontà dei soci con particolare riferimento al rapporto di amministrazione.
Sovviene, in primo luogo, lo statuto della società, cui l’amministratore, nell’accettare la nomina, aderisce.
Lo statuto – nel dettare le regole organizzatorie dell’ente – individua i diritti degli amministratori, le competenze e le facoltà attribuite all’assemblea riguardo a tale rapporto.
Astrattamente, ed in forza di quel che si è detto, sono prospettabili quattro alternative, potendo lo statuto: (i) attribuire agli amministratori un diritto al compenso, (ii) subordinare il diritto al compenso all’assunzione di apposita delibera dell’assemblea, (iii) escludere il diritto al compenso e stabilire, dunque, la gratuità dell’incarico (1) ovvero (iv) non prevedere nulla al riguardo>>ù

Lo statuto prevedeva la gratuità, tranne il rimbortso spese.

Il trib. non spiega però perchè ritenga di che lo statuto integri il contenuto del contratto ammnistarote – società: anche se è ovvio.

Diverso è per il ruolo di amm. delegato : qui ottiene ragione per il solo anno 2014. Per il quale gli viene aggiudicata , tenuto conto dell’andamento negativo, la somma di euro 5.000 in via equittivs.

Sulla natura contrattuale del rapporto di amministrazione nelle società di capitali

Cass. n. 14.592 del 09.05.2022, rel. Nazzicone,  offre qualche delucidazione sull’oggetto.

La natura contrattuale è incontestabile , nonostante qualche contraria originale dottrina passata.

<Non vi è dubbio che il rapporto di amministrazione, di natura contrattuale, si instauri mediante l’incontro dei consensi, avendo l’accettazione la funzione di perfezionare il relativo accordo. Invero, come questa Corte ha da tempo chiarito (Cass. 22 maggio 2001, n. 6928), l’accettazione della nomina ad amministratore di una società è necessaria, avendo i poteri degli amministratori fonte contrattuale.

L’accettazione della nomina non è oggetto di una specifica disciplina nell’art. 2364 c.c., né nell’art. 2383 c.c., laddove si occupano della nomina e della revoca degli amministratori; lo stesso è a dirsi con riguardo agli artt. 2475 e 2479 c.c., in tema di società a responsabilità limitata.>

La SC ricorda poi alcune disposizioni codicistiche, che parlano espressamente di <<accettazione>> da parte di amministratori (e di sindaci).

L’accettazione può essere anche tacita : <<Nel contempo, si è ivi anche sottolineato che l’accettazione, ed in genere il contratto di amministrazione societario, non richiede l’osservanza di specifiche formalità.

Da ciò consegue che l’accettazione può desumersi anche da atti positivi incompatibili con la volontà di rifiutare la nomina: l’accettazione della nomina può essere anche tacita, né dipende in sé dall’adempimento degli oneri pubblicitari, previsti dall’art. 2383 c.c., comma 4.>>

E spesso sarà tacita almeno delle società minori. O meglio, sarà espressa ma limitatamente alla firma dell’atto da depositare in registro imprese (che allora, a ben vedere,  sarà solo riproduzione a fini documentativi di un scambio di consensi già avvenuto ).

Quando invece riguarderà società  maggiori (quindi con una retribuzione importante e magari a lungo negoziata), proposta e accettazione saranno consacrate in un documento separato (da vedere chi lo avrà firmato per la società, dato che magari è stato stipulato all’oscuro del CEO in carica …).