E’ difficile ottenere dagli ex amministratori il risarcimento dei danni per violazione del dovere di istituire assetti adeguati ex art. 2381 cc

Trib. Bologna sent. 1821/2021 del 30.07.2021, RG 11424/2017, rel. Romagnoli, affronta tra gli altri anche il tema inoggetto.ù

<<1. OMESSA PREDISPOSIZIONE DEGLI ASSETTI 2381/5° co. c.c. e SOVVERTIMENTO DEGLI EQUILIBRI TRA CDA e AMM DELEGATI – Quanto agli addebiti ex art. 2381 c.c. il FALLIMENTO attribuisce agli amministratori la dupliceviolazione dell’art 2381 c.c. commi 3 e 5, per avere il Cda da un lato con delibera 9.5.2007 delegato leproprie attribuzioni a tutti i propri componenti, con ciò deprivando il consiglio delle proprieattribuzioni di controllo sull’operato dei delegati (co. 3) e dall’altro per non avere curato l’assettoorganizzativo, amministrativo e contabile in modo adeguato alla natura e dimensioni dell’impresa (co. 5).

Sul punto è necessario sinteticamente delineare la fisionomia e il progetto imprenditoriale della società. La società è stata costituita nel 2001 tra 5 soci noti imprenditori edili (coop Ansaloni, CostruzioniSveco Buriani, Costruzioni Di Giansante, Impresa Montanari) già operanti sul territorio bolognesespecie nell’edilizia pubblica e convenzionata.

Viene costituita in srl con capitale iniziale di 80 mila euro e nel 2004 si trasforma in spa con capitale di500 mila euro (poi aumentato nel 2009 a 2,5 mio).  Emerge con chiarezza in atti che il progetto imprenditoriale è quello di cogliere le opportunità offertedalla nuova legislazione urbanistica LR 20/2000 che introduce i nuovi strumenti di programmazioneurbanistica (PSC, POC e RUE) al posto dei vecchi PRG, con il fine di procurare alle imprese socie ilavori di realizzazione dei nuovi interventi di sviluppo urbanistico del territorio.

Orbene, il dovere di predisporre assetti interni adeguati (che il FALLIMENTO sembra assumereviolato limitatamente all’assetto organizzativo e amministrativo) è chiaramente finalizzato alla tempestiva verifica dei sintomi di crisi dell’impresa e alla tempestiva adozione degli interventi dirimedio; non è, cioè, un obbligo astratto, né risponde a parametri predeterminati e nella fattispecie non è precisato in quale modo, e con quali accorgimenti gli assetti interni sarebbero stati più adeguati o lacrisi dell’impresa rilevata più tempestivamente.

Né è dato sostenere che gli amministratori avrebbero tout court omesso di predisporre assetti interni adeguati – “quantomeno quello organizzativo e amministrativo” – perché la società aveva una struttura semplice, senza distinzione di mansioni né di aree di competenza, né personale alle sue dipendenze.          Osserva il collegio che ciò si deve alla finalità primaria per cui è stata costituita, quella di cogliere le opportunità offerte dalla nuova legislazione urbanistica del territorio bolognese all’indomani dell’approvazione della LR 20/2000 e, verosimilmente, alla circostanza che la società non è mai giuntaa realizzare l’obiettivo della progettazione e realizzazione dei nuovi insediamenti urbanistici.

Ad ogni modo, osserva il collegio che la norma ove prevede che gli assetti debbano essere adeguati allanatura e alle dimensioni dell’impresa chiaramente rimanda ad una valutazione nel concreto ed alla necessaria individuazione di carenze che abbiano ragionevolmente posticipato l’emersione del dissesto;

in ogni caso, e conclusivamente, osserva il collegio che l’obbligo di predisporre assetti adeguati non può essere svincolato dalle conseguenze pregiudizievoli che direttamente la sua violazione possa avere determinato, cosicchè nella fattispecie la mancata allegazione di alcun danno (che il FALLIMENTO esplicita essere richiesto unicamente per le acquisizioni dei terreni, su cui infra) conduce a ritenere infondato l’addebito di responsabilità.

Quanto alla violazione dell’art. 2381 c.c. là dove demanda al consiglio di amministrazione il controllo sull’operato degli amministratori delegati (3° co.) – che nella fattispecie sarebbe stato eluso con il conferimento a tutti gli amministratori, presidente compreso, disgiuntamente tra loro, di ampie deleghedi ordinaria e straordinaria amministrazione (doc. 11 FALL.) – basti osservare che la norma non impone la composizione “mista” del consiglio, composto da amministratori delegati e da amministratori privi di deleghe e che il CdA, come organo collegiale, non perde la sua autonomia né isuoi poteri di impulso e controllo sull’attività dei suoi delegati per il fatto di essere compostounicamente da AD;    nella fattispecie, inoltre, emerge dai verbali del CdA (prodotti dal FALLIMENTO)che gli amministratori delegati riferivano analiticamente in collegio sull’attività espletata e in particolare che le operazioni inerenti i terreni acquisiti o da acquisire erano approvate all’unanimità deicomponenti, ciò che dimostra che l’attività di controllo del CdA come organo collegiale veniva regolarmente espletata.

In ultima analisi, osserva il collegio che non sono censurati singoli atti compiuti dagli amministratori in virtù delle deleghe operative che non siano stati oggetto di verifica da parte del CdA e soprattutto che,ancora una volta, non viene allegato alcun danno derivante dalla pretesa violazione, sicchè l’addebitoancora una volta si apprezza infondato>>.

Piccolo appunto.   Prima di ragionar sul danno, bisogna individuare l’inadempimento. E trattandosi di assetti asseritamente inadeguati (o mancanti del tutto) , il giudice avrebbe allora dovuto affrontare il tema della esistenza o meno di negligenza organizzativa (a prescidere dal danno, lo ripeto): cosa che non ha fatto, essendo rimasto assai sulle generiche.

Riduzione del capitale per perdite, scioglimento della società e quantificazione del danno nell’azione di responsabilità contro gli amministratori

Due insegnamenti da Cass. sez. 1 n. 4347 del 10.02.2022, rel. Vannucci:

1°  la caduta in scioglimetno ex 2448 n. 4 (oggi rt. 2484 n.4) , in relazione all’rt. 2447 presuipopibne sia la perdita oltre il terzo che l’abbassamento sotto al minimo:

<<L’interpretazione dell’art. 2448 c.c., comma 1, n. 4), non può dunque prescindere dall’intero contenuto del precedente art. 2447, sì che:

fino a quando la perdita di esercizio si contiene entro i limiti del terzo della misura di capitale scelta dai soci al momento in cui tale evento si verifica, anche se tale misura è quella (minima) imposta dalla legge per il modello societario adottato, non vi è obbligo per gli amministratori di convocare senza indugio l’assemblea per l’adozione di una delle decisioni indicate dall’art. 2447 c.c., e tale inerzia, ovvero una decisione assembleare diversa da quelle prescritte da tale articolo, non comporta conseguenze negative di sorta quanto alla vita della società;

e’ solo la perdita di esercizio superiore al terzo del capitale e incidente sul suo ammontare minimo che determina, per volontà della legge (il citato art. 2448 c.c.), lo scioglimento della società.>>

E poi sul concetto giuridico di “perdita”: <<La sentenza impugnata afferma in primo luogo che la perdita di capitale sociale rilevante ai fini dell’applicazione degli artt. 2446 e 2447 c.c. (aventi la funzione di assicurare il rispetto del principio della corrispondenza fra capitale nominale e capitale reale) è solo quella che si determina detraendo da essa la riserva legale, le riserve statutarie, i fondi appostati al passivo, gli utili degli esercizi precedenti e quelli c.d. “di periodo”; così conformandosi alla costante interpretazione, data dalla giurisprudenza di legittimità (citata dalla stessa sentenza impugnata), del concetto di perdita rilevante per il compimento di una delle operazioni prescritte da tali disposizioni del codice civile (in questo senso, cfr: Cass. n. 12347 del 1999; Cass. n. 5740 del 2004, in tema di computabilità dei c.d. “utili di periodo” ai fini della determinazione della perdita; Cass. n. 23269 del 2005; Cass. n. 8221 del 2007). In conseguenza di tale interpretazione, in questa sede da ribadire,>>

2° sulla determinazione del danno cagionato dall’amministratore (principio di diritto per il rinvio):

Nell’azione di responsabilità promossa dal curatore di fallimento ai sensi della L. Fall., art. 146, comma 2, contro l’ex amministratore di una società, poi fallita, che abbia violato il divieto di compiere nuove operazioni sociali dopo l’avvenuta riduzione, per perdite, del capitale sociale al disotto del minimo legale (art. 2449 c.c., nel testo anteriore all’entrata in vigore del D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, ratione temporis applicabile al caso di specie), il giudice, ove, nella quantificazione del danno risarcibile, si avvalga, ricorrendone le condizioni, del criterio equitativo della differenza tra il passivo accertato e l’attivo liquidato in sede fallimentare, temperato dalla espunzione da tale differenza del passivo formatosi successivamente al verificarsi dello scioglimento della società, deve indicare le ragioni per le quali, da un lato, l’insolvenza sarebbe stata conseguenza delle condotte gestionali dell’amministratore e, dall’altro, l’accertamento del nesso di causalità materiale tra queste ultime e il danno allegato sarebbe stato precluso dall’insufficienza delle scritture contabili sociali; e ciò sempre che il ricorso a tale criterio equitativo sia, in ragione delle circostanze del caso concreto, logicamente plausibile e, comunque, l’attore abbia allegato un inadempimento dell’amministratore almeno astrattamente idoneo a porsi come causa del danno lamentato, indicando le ragioni che gli hanno impedito l’accertamento degli specifici effetti dannosi concretamente riconducibili alla condotta dell’amministratore medesimo“.

Sull’analiticità della messa in mora nelle azioni di responsabilità contro gli amministratori

In Appello Milano 2.458/2021 del 28.07.2021, RG 3736/2019, si legge questo circa l’oggetto, al fine di interrompere la prescrizione:

< Non risulta, invece, condivisibile la censura dell’appellante che considera tale comunicazione inidonea perché non indicherebbe i singoli episodi e non distinguerebbe le posizioni dei diversi amministratori e sindaci, posto che la costituzione in mora idonea ad interrompere la prescrizione non richiede tale specificità, essendo sufficiente “oltre alla chiara indicazione del soggetto obbligato (elemento soggettivo), l’esplicitazione di una pretesa e l’intimazione o la richiesta scritta di adempimento, idonea a manifestare l’inequivocabile volontà del titolare del credito di fare valere il proprio diritto…” (Cass. 15140/21 >>

Le messe in mora del legale della procedura vengono descritte così dal giudice di appello:

<< La lettura di tale documento, che contiene una chiara diffida a corrispondere alla Procedura un importo pari al deficit fallimentare, consente, quindi, di verificare la motivazione contenuta sul punto nella sentenza appellata, che si reputa del tutto condivisibile. 

Il primo giudice ha infatti rilevato che nelle missive inviate dalla Procedura “si contestano l’uso contra legem della intera struttura societaria Mythos Arché al fine di ottenere illegittimi risparmi di imposta, la sistematica violazione della normativa fiscale, la gran parte delle operazioni che costituiscono la struttura dei fatti posti a fondamento della domanda giudiziale, si individuano i danni nei crediti erariali insinuati derivanti dall’illegittimità dell’azione gestoria degli amministratori e dalle carenze nell’azione di controllo e si chiede di voler versare alla procedura importi pari al deficit concorsuale, si preannuncia l’esercizio di azioni di responsabilità”. 

Tali rilievi rendono corretta la seguente conclusione cui perviene il primo giudice, secondo cui “Il contenuto completo e articolato di entrambe le raccomandate consente si ritenerle idonee ad interrompere il termine di prescrizione ex art 2943 co 4 c.c. perché con esse la proceduta di lca ha manifestato alle controparti qui convenute la sua volontà, non equivoca, intesa alla realizzazione del diritto risarcitorio in relazione ai fatti illeciti fiscali”>>

Alla luce di tale descrizione, probabilmente è esatto che le messe in mora erano valide per la produzione dei loro effetti di legge.

E’ invece assai dubbia l’esattezza del principio declamato dalla cit. Cass.

La messa in mora infatti, nonostante il silenzio in proposito dell’art. 1219 cc,  deve indicare con esattezza il diritto a cui si riferisce: il quale -se risarcitorio-  è individuato dall’inadempimento , dal danno e dal nesso causale tra i due.    Non si può dunque evitare di precisare l’inadempimento stesso.

Responsabilità organizzativa per gli ammninistratori di società: utile sentenza statunitense (il caso Boeing)

Istruttiva sentenza statunitense nel caso Boeing circa i deficit organizzativi della Boeing , che non permisero agli amministratori di cogliere  i difetti del velivolo  <A 737 MAX>, causa di due disastri aerei nel 2018 e nel 2019.

Si tratta della corte del Delaware 07.09.2021, C.A. No. 20190907MTZ , IN RE THE BOEING COMPANY DERIVATIVE LITIGATION. giudice Zurn.

Negligenze rilevate, p. 74 ss:

  • The Board had no committee charged with direct responsibility to monitor airplane safety
  • The Board did not monitor, discuss, or address airplane safety on a regular basis.
  • The Board had no regular process or protocols requiring management to apprise the Board of airplane safety; instead, the Board only received ad hoc management reports that conveyed only favorable or strategic information
  • Management saw red, or at least yellow, flags, but that information never reached the Board.
  • the pleadingstage record supports an explicit finding of scienter.

La corte ricorda (p. 73) le analoghe negligenze  rilevate dalla corte suprema del Delaware in  Marchand v. Barnhill nel 2019, allorchè un azienda alimentare mise in circolazione cibo affetto da batteri:

  • no board committee that addressed food safety existed;
  • no regular process or protocols that required management to keep the board apprised of food safety compliance practices, risks, or reports existed;
  • no schedule for the board to consider on a regular basis, such as quarterly or biannually, any key food safety risks existed;
  • during a key period leading up to the deaths of three customers, management received reports that contained what could be considered red, or at least yellow, flags, and the board minutes of the relevant period revealed no evidence that these were disclosed to the board;
  • the board was given certain favorable information about food safety by management, but was not given important reports that presented a much different picture; and
  • the board meetings are devoid of any suggestion that there was any regular discussion of food safety issues.

Inoltre, punto importante nel diritto USA, i due aspetti posti dalla basilare sentenz aCaremark del 1996 sulla resposanbilit organizzativa (nessun sistema di controllo; mancato controllo di coretto funzionameton del sistema essitent) , possono coesistgere: <<classic prong two claim acknowledges the board had a reporting system,
but alleges that system brought information to the board that the board then
ignored.320 In this case, Plaintiffs prong two claim overlaps and coexists with their prong one claim; Plaintiffs assert the Board ignored red flags at the same time they utterly failed to establish a reporting system
>>, p. 93

I guai alla Boeing non sono però terminati lì: evidentemente c’è ancora una carenza strutturale organizzativa . All’inizio del 2024 da un Boeing 737 Max in volo  si è staccato uno sportellone laterale, gettando i passeggeri nel panico.-

Requisiti della delibera dei soci che promuove l’azione contro gli amministratori (art. 2393 cc)

Se ne occupa Cass. 23.07.2021 n. 21.245, rel. Caradonna.

Premesso che <costituisce una condizione dell’azione, la cui sussistenza va verificata d’ufficio dal giudice e che, come tale, è sufficiente che sussista al momento della pronuncia della sentenza che definisce il giudizio (Cass., 26 agosto 2004, n. 16999; Cass., 11 novembre 1996, n. 9849)>, entra nel merito del caso.

La delibera dei soci era del seguente tenore: <<dare mandato al legale di verificare se ci siano gli estremi per un’azione di responsabilità nei confronti di tutto il precedente Consiglio di Amministrazione, dei Consigli ancora precedenti, oltre che dei Collegi dei sindaci, che avevano operato dalla costituzione della Cooperativa ad oggi e, nel caso ci siano i presupposti di dare, fin da ora, formale mandato al legale di intraprendere tutte le azioni del caso».>>

Correttamente , dice la SC, il Tribunale ha affermato che <<l’assemblea dei soci non avesse espresso la consapevole volontà di adire l’autorità giudiziaria per promuovere l’azione sociale di responsabilità nei confronti degli amministratori e dei sindaci, proprio in considerazione del contesto complessivo della riunione del 28 ottobre 2011, che aveva visto come oggetto genericamente il grave dissesto finanziario creato dai precedente consiglio di amministrazione e che aveva deliberato di dare mandato al legale di verificare la sussistenza dei presupposti dell’azione di responsabilità «nei confronti di tutto il precedente Consiglio di amministrazione, dei Consigli ancora precedenti oltre che dei Collegi dei sindaci che avevano operato dalla costituzione della Cooperativa ad oggi» e di intraprendere, in presenza dei presupposti, «tutte le azioni del caso», nella mancata indicazione, per l’appunto, non solo degli addebiti mossi agli ex amministratori, ma anche dei soggetti contro i quali si sarebbe concretamente agito, elementi che avrebbero consacrato in modo formale e inderogabile l’espressione della volontà della società di cui, per quanto già detto, non sono ammessi equipollenti. E ciò anche in ragione della duplice considerazione spiegata dai giudici di merito che gli addebiti poi azionati nella causa in esame non coincidevano con quelli sui quali il Presidente della Cooperativa aveva specificamente relazionato all’assemblea del 28 novembre 2011 e che l’indicazione del totale dei debiti e del disavanzo negativo di euro 3.918.630,00 era stata genericamente rimproverata al precedente Consiglio di Amministrazione. 9 Corte di Cassazione – copia non ufficiale

2.7  Questa Corte, al riguardo, ha ritenuto valida l’autorizzazione di un’assemblea di una Cooperativa che aveva esteso l’autorizzazione all’azione di responsabilità «per tutte quelle negligenze ed addebiti che emergono nel corso del giudizio», ma dopo una prima autorizzazione riguardante l’azione di responsabilità per il danno derivante dai pagamenti effettuati in favore del Consorzio appaltatore al di fuori degli stati di avanzamento dei lavori, (Cass., 10 settembre 2007, n. 18939). E’ stato, pure, affermato conriguardo alla sottoposizione di istituto di credito ad amministrazione straordinaria, cresta -C–orte–h-a-afferrriatq che l’autorizzazione rilasciata dalla Banca d’Italia al commissario straordinario ai sensi dell’art. 72, quinto comma, del d.lgs. n. 356/1990, per l’esercizio dell’azione di responsabilità dei disciolti organi sociali, copre tutte le pretese ed istanze strumentalmente pertinenti al conseguimento dell’obiettivo del giudizio cui il provvedimento si riferisce, anche se di natura accessoria e consequenziale, non essendo necessario che contenga nel dettaglio tutte le iniziative processuali da intraprendere ma esclusivamente l’enunciazione degli elementi essenziali, oggettivi e soggettivi, dell’azione (Cass., 12 giugno 2007, n. 13765).

2.8 Sussiste, dunque, la denunciata carenza di autorizzazione all’esercizio dell’azione di responsabilità, essendo evidente che, la delibera societaria in esame, mancando, alla data del 28 ottobre 2011, della individuazione degli elementi costitutivi dell’azione di responsabilità, sia sotto il profilo oggettivo, che soggettivo, essendo stato dato mandato al legale di verificare se vi fossero gli estremi per «le azioni del caso» nei confronti di una pluralità di organi collegiali (consigli di amministrazione e collegi sindacali in carica fin dalla data di costituzione della società), non era idonea ad esprimere una volontà, compiutamente informata, dei soci.>>

Se la annotino gli operatori.