Responsabiità degli amministratori non esecutivi e di quelli indipendenti

Cass. sez. II, sent. 05/06/2024  n.15.685, rel. Scarpa, in tema di opposizione a sanzioni Consob:

<<In primo luogo, a tutti i componenti del consiglio di amministrazione è attribuibile la predisposizione dei prospetti, approvati nelle riunioni del 29/9/2014 e del 31/12/2014. È pur vero che, all’esito delle stesse, fu delegato al presidente del consiglio di amministrazione e al direttore generale il compito di completare il documento in oggetto e/o di modificarlo e/o di integrarlo secondo necessità e/o opportunità. È anche vero, tuttavia, che, con il conferimento della delega, gli altri consiglieri non avrebbero potuto ritenersi esautorati da ogni doveroso intervento, restando a loro carico, quanto meno, il compito di vigilare e di informarsi sull’operato degli organi e funzionari delegati, al fine di assicurarsi che fosse dagli stessi portato a termine il compito affidato in maniera puntuale e corretta (in tal senso, cfr. Cass. Sez. 2, n. 2737/2013; Sez. 1, n. 17799/2014; Sez. 2, n. 18683/2014; Sez. 2 n. 5606/2019)>>.

Poi:

<< Quanto poi all’elemento soggettivo, la Corte d’appello ha fatto legittimo ricorso alla presunzione iuris tantum in ragione delle cariche societarie rivestite dai ricorrenti, le cui singole posizioni sono state analizzate nelle pagine 28 e segg. della sentenza impugnata, ed in assenza di dimostrazione della estraneità dei medesimi ai fatti o all’impossibilità di evitarli tramite un diligente espletamento dei compiti connessi alle rispettive cariche.

Invero, doveri di particolare pregnanza sorgono in capo al consiglio di amministrazione di una società bancaria, doveri che riguardano l’intero organo collegiale e, dunque, anche i consiglieri non esecutivi, i quali sono tenuti ad agire in modo informato e, in ragione dei loro requisiti di professionalità, ad ostacolare l’evento dannoso, sicché rispondono del mancato utile attivarsi (fra le tante, Cass. n. 24851, n. 24081 e n. 16323 del 2019).

Le attività oggetto di causa avrebbero dovuto indurre gli amministratori, pure non esecutivi, rimasti inerti, ad esigere un supplemento di informazioni o ad attivarsi in altro modo. Il dovere di agire informati dei consiglieri non esecutivi delle società bancarie, sancito dagli artt. 2381, commi 3 e 6, e 2392 c.c., non va, del resto, rimesso, nella sua concreta operatività, alle segnalazioni provenienti dai rapporti degli amministratori delegati, giacché anche i primi devono possedere ed esprimere costante e adeguata conoscenza del business e, essendo compartecipi delle decisioni di strategia gestionale assunte dall’intero consiglio, hanno l’obbligo di contribuire ad assicurare un governo efficace dei rischi di tutte le aree della banca e di attivarsi in modo da poter efficacemente esercitare una funzione di monitoraggio sulle scelte compiute dagli organi esecutivi, non solo in vista della valutazione delle relazioni degli amministratori delegati, ma anche ai fini dell’esercizio dei poteri, spettanti al consiglio di amministrazione, di direttiva o avocazione concernenti operazioni rientranti nella delega. Questa interpretazione non vale ad accollare una responsabilità oggettiva agli amministratori non esecutivi, essendo gli stessi perseguibili ove ricorrano comunque sia la condotta d’inerzia, sia il fatto pregiudizievole antidoveroso, sia il nesso causale tra i medesimi, sia, appunto, la colpa, consistente nel non aver rilevato colposamente i segnali dell’altrui illecita gestione, pur percepibili con la diligenza della carica (anche indipendentemente dalle informazioni doverose ex art. 2381 c.c.), [ok, solo che non dice quali siano stati i segnali percepibili ulteriori rispetto alle informazioni ex 2381 cc] e nel non essersi utilmente attivati al fine di evitare l’evento. Sotto il profilo probatorio, ciò comporta che spetta al soggetto, il quale afferma la responsabilità, allegare e provare, a fronte dell’inerzia dei consiglieri non delegati, l’esistenza di segnali d’allarme (anche impliciti nelle anomale condotte gestorie) che avrebbero dovuto indurli ad esigere un supplemento di informazioni o ad attivarsi in altro modo (con la richiesta di convocazione del consiglio di amministrazione rivolta al presidente, il sollecito alla revoca della deliberazione illegittima od all’avocazione dei poteri, l’invio di richieste per iscritto all’organo delegato di desistere dall’attività dannosa, l’impugnazione delle deliberazione, la segnalazione al p.m. o all’autorità di vigilanza, e così via); assolto tale onere, è, per contro, onere degli amministratori provare di avere tenuto la condotta attiva dovuta o la causa esterna, che abbia reso non percepibili quei segnali o impossibile qualsiasi condotta attiva mirante a scongiurare il danno.

Non costituisce dato di per sé decisivo nemmeno la circostanza, posta a fondamento di alcune censure, attinente alla qualità di “consiglieri indipendenti” rivestita in seno all’organo amministrativo. Anche, infatti, gli amministratori indipendenti sono comunque “amministratori”, dotati di tutte le prerogative e gravati dei doveri tipici di questo ufficio, muniti di una competenza generale sul governo della società, parimenti incaricati di funzioni di management, di direzione e anche di controllo interno, sicché la loro “indipendenza” non li rende per ciò solo estranei alle dinamiche gestionali. Anzi, gli amministratori indipendenti cumulano le tipiche attribuzioni gestorie stricto sensu alle precipue competenze di monitoraggio dell’attività degli esecutivi, al punto che il loro ruolo attivo essenziale attiene proprio alla verifica dell’operato degli altri amministratori e dei manager, per evitare che vengano commessi abusi da parte di chi esercita il potere all’interno della società ed assicurare che la medesima società persegua nello svolgimento della propria attività i principi di trasparenza e correttezza. Resta quindi confermata pure per gli “amministratori indipendenti” l’interpretazione giurisprudenziale in forza della quale “a fronte di una vicenda di assoluta rilevanza per la gestione della società” – quale un’offerta al pubblico finalizzata ad un aumento di capitale – sussiste “in capo all’intera compagine amministrativa il dovere di attivarsi, e perciò la connessa rilevanza della loro condotta omissiva nella causazione dell’illecito” (Cass. n. 18846 del 2018)>>.