Due insegnamenti sul trust (uno scontato, l’altro no)

Cass. sez. 3 del 6 ottobre 2023 n. 28.146, rel. Gorgoni:

1° la revoca dell’atto istitutivo del trust travolge pure l’atto traslativo che vi dà esecuzione ;

2° l’atto istitutivo non è oneroso e/o dovuto ma libero e dunque gratuito:

1° : <<la Corte territoriale ha rigettato il terzo motivo di appello con cui i ricorrenti, all’epoca appellanti, avevano denunciato la decisione del Tribunale per avere ritenuto revocabili gli atti istitutivi dei trust, con una doppia ratio decidendi: a) in applicazione del principio espresso da questa Corte nelle pronunce nn. 10498/2019 e 19376/2017, a mente del quale “l’atto avente natura dispositiva è quello mediante il quale il quale il bene conferito viene intestato al “trustee”, ma tanto non comporta che la domanda revocatoria debba essere necessariamente rivolta avverso questo negozio e non possa, invece, essere utilmente proposta nei confronti dell’atto istitutivo del “trust”, in quanto l’inefficacia dell’atto istitutivo, conseguente al vittorioso esperimento di un’azione revocatoria, comporta pure l’inefficacia dell’atto istitutivo”; b) posto che, dal tenore degli atti costitutivi dei (Omissis) e (Omissis) era dato evincere che a un parte introduttiva, nella quale si faceva riferimento all’istituzione dei trust, seguiva una parte dispositiva con cui erano stati individuati i beni conferiti, le conclusioni dell’atto di citazione di primo grado, indicando la richiesta di revoca “degli atti istitutivi del trust”, non erano volte a delimitare l’oggetto della domanda, ma solo “ad individuare l’atto impugnato secondo la sua iniziale intitolazione, richiamandolo integralmente soprattutto quanto al contenuto della parte dispositiva, alla quale ha esteso certamente la domanda (…)”;
i ricorrenti hanno censurato solo la prima ratio decidendi, peraltro, con argomentazioni immeritevoli di accoglimento, considerando che:
– “quand’anche il giudice del merito avesse dichiarato inefficace l’atto di costituzione del trust nella sola parte in cui ha disposto il trasferimento dei beni immobili”, i ricorrenti “non ne avrebbero tratto alcun vantaggio giuridico, dal momento che i rispettivi creditori avrebbero comunque potuto aggredire in executivis gli immobili” nei confronti del trustee avente causa” (Cass. 27/06/2018, n. 16897);
– “la constatazione che nel caso in cui all’istituzione del trust abbia fatto poi seguito l’effettiva intestazione del bene conferito al trustee – secondo quanto accaduto nella fattispecie concretamente in esame – la domanda di revocatoria, che a oggetto assume l’atto istitutivo, appare comunque idonea a produrre l’esito di inefficacia (dell’atto dispositivo) a cui propriamente tende la predetta azione (ove la dichiarazione di inefficacia potesse essere emessa anche in assenza dell’effettiva esistenza di un atto dispositivo, per contro, si fuoriuscirebbe senz’altro dalla funzione di conservazione patrimoniale che risulta specificamente connotare, nel sistema del c.c., come ripreso anche nella sede della normativa fallimentare, lo strumento dell’azione revocatoria)”, in quanto “l’atto di trasferimento e intestazione del bene conferito al trustee non risulta essere atto isolato e autoreferente. Nella complessa dinamica di un’operazione di trust, lo stesso si pone, per contro, non solo come atto conseguente, ma prima ancora come atto dipendente dall’atto istitutivo.
E’ in quest’ultimo atto, cioè, che l’atto dispositivo recupera la sua ragion d’essere e causa (in ipotesi) giustificatrice. E’, del resto, corrente osservazione in letteratura che il trustee risulta titolare di un
“ufficio”, o di una “funzione”; e che, quindi, è proprietario non già nell’interesse proprio, bensì nell’interesse altrui: secondo i termini e i modi volta a volta appunto consegnatigli dell’atto istitutivo.
La peculiare proprietà del trustee non potrebbe perciò “sopravvivere” all’inesistenza, o al caducarsi, dell’atto che viene nel concreto a conformare tale diritto (…). L’inefficacia dell’atto istitutivo, come prodotta dall’esito vittorioso di un’azione revocatoria, reca con sè, dunque, pure l’inefficacia dell’atto dispositivo.
La domanda di revoca dell’atto istitutivo viene, in altri termini, a colpire il fenomeno del trust sin dalla sua radice” (Cass. 15/04/2019, n. 10498);
non è stata attinta da censure la ratio decidendi riassunta supra sub lett. b); perciò deve applicarsi la consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo cui l’impugnazione di una decisione basata su una motivazione strutturata in una pluralità di ordini di ragioni, convergenti o alternativi, autonomi l’uno dallo altro, e ciascuno, di per sè solo, idoneo a supportare il relativo dictum, per poter essere ravvisata meritevole di ingresso, deve risultare articolata in uno spettro di censure tale da investire, e da investire utilmente, tutti gli ordini di ragioni cennati, posto che la mancata critica di uno di questi o la relativa attitudine a resistere agli appunti mossigli comporterebbero che la decisione dovrebbe essere tenuta ferma sulla bade del profilo della sua ratio non, o mal, censurato e priverebbero il gravame dell’idoneità al raggiungimento del suo obiettivo funzionale, rappresentato dalla rimozione della pronuncia contestata (Cass. 19/05/2021, n. 13595);>> [affermazione interessante]

2°  : <<- le nozioni di atto di disposizione patrimoniale e di terzo, contenute nell’art. 2901 c.c., “vanno parametrate alle peculiarità di un istituto che attribuisce alla disposizione del patrimonio un contenuto differente dalla tradizionale visione della circolazione dei beni” (Cass. n. 13388 del 29/5/2018, n. 13388);
“l’istituzione di trust familiare non integra, di per sè, adempimento di un dovere giuridico, non essendo obbligatoria per legge, ma configura – ai fini della revocatoria ordinaria – un atto a titolo gratuito, non trovando contropartita in un’attribuzione in favore dei disponenti” (così Cass.
03/08/2017, n. 19376; nella specie, il trust era finalizzato a fare fronte alle esigenze di vita e di studio della prole);
– “il negozio istitutivo di un trust, per considerarsi a titolo oneroso, deve essere posto in adempimento di un obbligo e dietro pagamento di un corrispettivo. Tanto si verifica, ad es., nei c.d. trust di garanzia, che sono istituiti da un debitore in seguito ad un accordo con i propri creditori. Al contrario, se il trust viene posto in essere in virtù di una spontanea determinazione volitiva del disponente e in mancanza di un vantaggio patrimoniale, l’atto costitutivo del trust deve essere considerato a titolo gratuito” (Cass. 04/04/2019, n. 9320)>>; [esatto, ma scontato]