Richiesrta di restituzione di caparra confirmatoria vale accettazione tacita di eredità

Ondif segnala Cass. sez. II del 18 settembre  2023 n. 26.690 , rel. Bertuzzi:

<<In particolare, va sottolineato che correttamente il giudice a quo ha qualificato la richiesta dell’attore di restituzione della caparra come atto dispositivo e non meramente conservativo dei beni ereditari.

Diversamente da quanto dedotto dal ricorrente, la domanda di restituzione della caparra confirmatoria versata in sede di contratto non può essere equiparata ad una mera richiesta di pagamento di un credito o di somme di denaro dovute in favore del de cuius, nei cui confronti, se compiuta dal chiamato all’eredità, appare obiettivamente prevalere la funzione conservativa, non implicante accettazione tacita, essendo la richiesta di pagamento di un credito del de cuius una iniziativa diretta ad assicurare l’integrità del patrimonio ereditario (Cass. n. 8123 del 1987).

L’assimilazione, quanto all’applicazione della figura della accettazione tacita di eredità, tra le due fattispecie, richiesta di pagamento di un credito del de cuius e restituzione della caparra confirmatoria da questi versata in sede di contratto, trova ostacolo nella considerazione che quest’ultima domanda ha per presupposto, salvo diverso accordo delle parti che, nel caso concreto, non è nemmeno evocato, l’intervenuto scioglimento del vincolo contrattuale, non importa se in via consensuale o in altro modo. Essa pertanto ha natura di atto dispositivo dei diritti ereditari, dal momento che implica la volontà da parte del chiamato di risolvere il contratto preliminare pendente al momento della apertura della successione e quindi l’esercizio di un potere che non ha alcuna finalità conservativa del patrimonio del de cuius ma che presuppone, necessariamente, l’assunzione di una posizione contrattuale, in altre parole la successione del chiamato nella posizione della de cuius e quindi l’assunzione implicita della qualità di erede.

Ne discende che, poiché l’accettazione tacita può desumersi dall’esplicazione di un’attività personale del chiamato tale da presupporre la volontà di accettare l’eredità, essa ricorre nel caso in cui il chiamato ponga in essere iniziative che, comportando lo scioglimento dei rapporti contrattuali posti in essere dal de cuius, non rivestono i caratteri e le finalità degli atti conservativi e di gestione dei beni ereditari consentiti dall’art. 460 c.c., ma, travalicando il semplice mantenimento della stato di fatto e di diritto quale esistente al momento dell’apertura della successione, il chiamato non avrebbe diritto di compiere se non in forza dei propri diritti successori (Cass. n. 10060 del 2018; Cass. n. 13738 del 2005)>>.