AN e QUANTUM dell’assegno divorzile

Il punto sulla disciplina dell’assegno divorzile è fatto da Cass. sez. I del 5 maggio 2023 n. 11832, rel. R.R.R. russo:

” 3.1.- Secondo la giurisprudenza di questa Corte (Cass., s.u. n. 18287 dell’11/07/2018), infatti, il riconoscimento dell’assegno di divorzio, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge istante e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equi-ordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi
per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell’assegno. Il giudice deve quantificare l’assegno rapportandolo non al pregresso tenore di vita familiare, ma in misura adeguata innanzitutto a garantire, in funzione assistenziale, l’indipendenza o  autosufficienza economica dell’ex coniuge, intesa in una accezione non circoscritta alla pura sopravvivenza ma ancorata ad un criterio di normalità, avuto riguardo alla concreta situazione del coniuge richiedente nel contesto in cui egli vive (Cass., 07/12/2021, n.38928; Cass., 08/09/2021, n.24250). Di contro, la differenza reddituale, coessenziale alla ricostruzione del tenore di vita matrimoniale, è oramai irrilevante ai fini della determinazione dell’assegno perché l’entità del reddito dell’altro ex coniuge non
giustifica, di per sé, la corresponsione di un assegno in proporzione delle sue sostanze (Cass. 09/08/2019, n. 21234).
La regola di giudizio, ispirata al canone dell’auto-responsabilità, in affermazione della funzione oltre che assistenziale anche perequativa e compensativa dell’assegno, vuole che il giudice del merito, investito della domanda di corresponsione di assegno divorzile, accerti l’impossibilità dell’ex coniuge richiedente di vivere autonomamente e dignitosamente e la necessità di compensarlo per il particolare contributo, che dimostri di avere dato, alla formazione del patrimonio comune o dell’altro coniuge durante la vita matrimoniale, nella registrata sussistenza di uno squilibrio patrimoniale tra gli ex coniugi che trovi ragione nella intrapresa vita matrimoniale, per scelte fatte e ruoli condivisi (Cass. 09/08/2019 n. 21234; Cass. 28/02/2020, n. 5603; Cass. n. 5603 del 28/02/2020).

3.2.- Poiché la funzione assistenziale dell’assegno resta imprescindibile, in ragione dei principi solidaristici di derivazione costituzionale che informano i modelli relazionali familiari e potrebbe anche essere considerata prevalente sulle altre (in arg. Cass. n. 21926 del 30/08/2019; Cass. n. 5055 del 24/02/2021) la Corte di merito avrebbe dovuto verificare in primo luogo se le risorse di cui dispone la siano effettivamente sufficienti a consentirle una vita dignitosa in autonomia – cosa ben diversa dal mantenimento del tenore di vita matrimoniale- e segnatamente se i suoi mezzi fossero sufficienti alla soddisfazione (anche) delle primarie esigenze abitative, e se ella fosse nella oggettiva impossibilità di procurarseli, e non già semplicemente valorizzare la circostanza che dovrà sostenere una  spesa dalla quale prima era esente. Questa finalità dell’assegno di divorzio non è stata indagata, limitandosi a mettere in relazione il venir meno della assegnazione della casa coniugale con il dovere di corrispondere alla ex moglie una somma sufficiente a coprire i costi di un canone di locazione, senza valutare che l’assegnazione della casa coniugale ha la finalità di assicurare l’habitat domestico dei figli minorenni o privi di autonomia economica e non già a beneficiare economicamente l’ex coniuge, pur se si tratta un’utilità suscettibile di apprezzamento economico (Cass. sez. I , 21/09/2022, n.27599; Cass., Sez. I, 12/10/2018, n. 25604; Cass., Sez. VI, 7/02/2018, n. 3015). Questa utilità – e cioè il risparmio di spesa per l’abitazione personale- è una conseguenza in punto di
fatto dell’assegnazione della casa familiare, ma non può fondare alcun automatismo tra la revoca dell’assegnazione e il riconoscimento di un contributo economico in favore di colui che perde questo diritto personale di godimento (Cass. 24/06/2022, n.20452).

Ciò non significa che l’evento sia irrilevante, quanto piuttosto che se ne deve valutare in concreto l’effettiva incidenza sulle complessive condizioni economiche delle parti, ma non già per la mera sperequazione -sopravvenuta- delle risorse, bensì pur sempre in relazione alla funzione assistenziale e perequativocompensativa dell’assegno, nei termini e limiti sopra precisati.
Diversamente ragionando si riconoscerebbe un assegno divorzile anche al soggetto dotato di mezzi adeguati per il sol fatto che la revoca dell’assegnazione ne comporta un impoverimento, senza valutare se abbia risorse sufficienti a provvedere da sé e ricollegando la sopravvenuta sperequazione delle condizioni economiche non già ai sacrifici sostenuti nell’interesse della famiglia, ma alla circostanza -peraltro fisiologica- che ad un determinato momento cessano gli
obblighi di mantenimento e cura nei confronti dei figli”