Per aversi patto successorio (istitutivo) non basta una generica promessa di imprecisate future utilità economiche

Questo in sostanza l’insegnamento di Cass. n. 5.555 del 21.02.2022, rel. Cosentino.

Non ci sono analisi approfondite ma questo passaggio:

Ferma l’interpretazione negoziale operata dalla corte d’appello – che costituisce giudizio di fatto rientrante nei compiti istituzionali del giudice di merito – l’errore di diritto in cui la stessa è incorsa risiede nell’aver falsamente applicato l’articolo 458 c.c., sussumendo nella fattispecie astratta del patto successorio dichiarazioni meramente verbali prive di qualunque specificazione in ordine alla individuazione dei cespiti a cui le stesse si riferivano.     In tal modo la corte ligure ha mostrato di ignorare l’insegnamento di questa Suprema Corte alla cui stregua «è da escludere l’esistenza di un patto successorio quando tra le parti non sia intervenuta alcuna convenzione, e la persona nella cui eredità si spera abbia solo manifestato verbalmente, all’interessato o a terzi, l’intenzione di disporre dei suoi beni in un determinato modo, atteso che tale mera promessa verbale non crea alcun vincolo giuridico e non è quindi idonea a limitare la piena libertà del testatore che è oggetto di tutela legislativa» (Cass. 5870/2000, in motivazione); si veda altresì Cass. 2680/1969: «la promessa di istituire erede il prestatore d’opera in corrispettivo della sua attività – ove non risulti attuata mediante convenzione avente i requisiti di sostanza e di forma di un patto successorio (art. 458 cod. civ.), ma sia limitata ad una mera intenzione manifestata dal datore di lavoro – non costituisce menomazione della libertà testamentaria e non rientra, quindi, nel divieto di cui al citato art. 458.        In siffatta ipotesi la indicata promessa non produce la nullità del rapporto di lavoro per illiceità dell’oggetto o della causa, ai sensi dell’art.1418 cod.civ., ma è semplicemente rivelatrice della onerosità, nella intenzione delle parti, del rapporto stesso, per cui il prestatore d’opera ha diritto – indipendentemente dalla promessa medesima – alla retribuzione che gli compete,
secondo la natura e l’entità della prestazione» “.