Vizi della merce venduta e rimedi possibili (eccezione di inadempimento e risarcimento del danno ex art .1494 cc)

Una partita di grano viziato venduto ad un oleificio ha generato ola lite poi dcisa da Cass. n. 14.986 del 28.5.2021, rel. Scarpa.

Sul lodo irrituale: <<l‘arbitrato irrituale costituisce uno strumento di risoluzione contrattuale delle contestazioni insorte o che possono insorgere tra le parti in ordine a determinati rapporti giuridici, imperniato sull’affidamento a terzi del compito di ricercare una composizione amichevole, conciliante o transattiva. Poiché le parti si impegnano a considerare la decisione degli arbitri come espressione della loro volontà, il lodo irrituale ha natura negoziale ed è impugnabile ai sensi dell’art. 808 ter c.p.c. Allorché, come nel presente giudizio, viene in discussione quale fosse l’oggetto della controversia deferita agli arbitri, il vizio denunciato si traduce in una questione d’interpretazione della volontà dei mandanti e si risolve, analogamente a quanto accade in ogni altra ipotesi di interpretazione della volontà negoziale, in un apprezzamento di fatto, riservato al giudice di merito e insindacabile in sede di legittimità, se condotto nel rispetto dei criteri di ermeneutica contrattuale e correttamente motivato (cfr. Cass. Sez. 1, 24/03/2014, n. 6830)>>

Sulla eccezione di inadempimento: <<Deve allora considerarsi come l’eccezione di inadempimento funziona quale fatto impeditivo della altrui pretesa di pagamento avanzata, nell’ambito dei contratti a prestazioni corrispettive, in costanza di inadempimento dello stesso creditore. La parte evocata in giudizio per il pagamento di una prestazione rientrante in un contratto sinallagmatico può, pertanto, non solo formulare le domande ad essa consentite dall’ordinamento in relazione al particolare negozio stipulato, ma anche limitarsi ad eccepire – nel legittimo esercizio del potere di autotutela che l’art. 1460 c.c. espressamente attribuisce al fine di paralizzare la pretesa avversaria chiedendone il rigetto – l’inadempimento o l’imperfetto adempimento dell’obbligazione assunta da controparte, in qualunque delle configurazioni che questo può assumere, in esse compreso, quindi, il fatto che il bene consegnato in esecuzione del contratto risulti affetto da vizi o mancante di qualità essenziali (Cass. Sez. 2, 22/11/2016, n. 23759; Cass. Sez. 2, 04/11/2009, n. 23345; Cass. Sez. 2, 01/07/2002, n. 9517) >>

Il compratore può, del resto, sollevare l’eccezione di inadempimento, ai sensi dell’art. 1460 c.c., <<non solo quando venga completamente a mancare la prestazione della controparte, ma anche nel caso in cui dall’inesatto adempimento del venditore derivi una inidoneità della cosa venduta all’uso cui è destinata, purché il rifiuto di pagamento del prezzo risulti giustificato dall’oggettiva proporzione dei rispettivi inadempimenti, riguardato con riferimento al complessivo equilibrio sinallagmatico del contratto e all’obbligo di comportarsi secondo buona fede>>.

Syull’azine di danno ex art. 1494: <<l’azione di risarcimento dei danni proposta dall’acquirente, ai sensi dell’art. 1494 c.c., sul presupposto dell’inadempimento dovuto alla colpa del venditore, consistente nell’omissione della diligenza necessaria a scongiurare l’eventuale presenza di vizi nella cosa, ben può estendersi a tutti i danni subiti dall’acquirente, non solo quindi a quelli relativi alle spese necessarie per l’eliminazione dei vizi accertati, ma anche a quelli inerenti alla mancata o parziale utilizzazione della cosa o al lucro cessante per la mancata rivendita del bene. Da ciò consegue, fra l’altro, che tale azione si rende ammissibile in alternativa ovvero cumulativamente con le azioni di adempimento in via specifica del contratto, di riduzione del prezzo o di risoluzione del contratto medesimo (Cass. Sez. 2, 29/11/2013, n. 26852; Cass. Sez. 2, 07/03/2007, n. 5202; Cass. Sez. 2, 07/06/2000, n. 7718). Il risarcimento per l’inadempimento del venditore correlato ai vizi della cosa esige certamente un rapporto causale immediato e diretto fra tale inadempimento e danno. Questa limitazione – imposta dall’art. 1223 c.c. – è fondata sulla necessità di limitare l’estensione temporale e spaziale degli effetti degli eventi illeciti ed è orientata, perciò, ad escludere dalla connessione giuridicamente rilevante ogni conseguenza dell’inadempimento che non sia propriamente diretta ed immediata, ovvero che comunque rientri nella serie delle conseguenze normali del fatto, in base ad un giudizio di probabile verificazione rapportato all’apprezzamento dell’uomo di ordinaria diligenza. È tuttavia compito del giudice di merito accertare la materiale esistenza del rapporto che abbia i suddetti caratteri normativamente richiesti, così come verificare che il compratore non abbia colpevolmente concorso nel cagionare il danno ed, anzi, abbia mantenuto una condotta diretta a limitare le conseguenze negative dell’inadempimento del venditore: tale valutazione del giudice del merito, risolvendosi in un apprezzamento di fatto, è insindacabile in sede di legittimità se non nei limiti di cui all’art. 360 comma 1, n. 5, c.p.c.>>