Sul patto di non concorrenza ex art. 2125 c.c.: non basta un corrispettivo qualunque

Cass. sez. lav. 01 marzo 2021 n. 5540, rel. Amendola, interviene sul tema in oggetto.

Si trattava di patto relativo a contratto di lavoro nel settore bancario (come spesso accade).

Ai §§ 2.1 e segg. la SC riepiloga i precedenti in materia (utile promemoria). Da questi  emerge l’opinione che ravvisa un legame concettuale tra l’art. 2125 e l’art .2596: andrebbe però vagliata con cura, dato che la seconda disposizione si riferisce probabilmente al rapporto tra imprenditori concorrenti (attuali o potenziai) in senso tecnico, ciò che invece non si può (o non necessariamente) si può dire del dipendente rispetto al datore di lavoro.

Poi ricorda che il patto di non concorrenza è patto autonomo dal contratto in cui è inserito: <<questa Corte ha ripetutamente affermato che il patto di non concorrenza, anche se è stipulato contestualmente al contratto di lavoro subordinato, rimane autonomo da questo, sotto il profilo prettamente causale, per cui il corrispettivo con esso stabilito, essendo diverso e distinto dalla retribuzione, deve possedere soltanto i requisiti previsti in generale per l’oggetto della prestazione dall’art. 1346 c.c. (in termini Cass. n. 16489 del 2009, che richiama Cass. n. 1846 del 1975 e n. 3507 del 1991) e, quindi, deve essere “determinato o determinabile”>>, § 2.3.

Si tratta di impostazione densa di conseguenze.

Inoltre (è il secondo punto importante) per la SC è implicito nel corrispettivo, chiesto dall’art. 2125, un requisito di <adeguatezza>: <<“l’espressa previsione di nullità va riferita alla pattuizione non solo di compensi simbolici, ma anche di compensi manifestamente iniqui o sproporzionati in rapporto al sacrificio richiesto al lavoratore, alla riduzione delle sue possibilità di guadagno, indipendentemente dall’utilità che il comportamento richiestogli rappresenta per il datore di lavoro, come dal suo ipotetico valore di mercato”>>, § 2.4, richiamando Cass. 10062 del 1994.

Al successivo§ 2.4 la SC ricorda il diritto vivente che autorizza il giudice a controllare l’equilbirio tra le prestazioni: tema difficile ed attuale.

Al § 2.5 infine l’applicaizone al caso de quo . La censura principale alla sentenza d’appello consste nel non aver tenuto chiaramente distinto il profilo della determinatezza/determinabiità del corrispettivo da quello della sua congruità.