TAR Lazio conferma il provvedimetno dell’AGCM a carico di Volkswagen nel caso “dieselgate”

Il fatto è così esposto nel provvedimento 26.137 del 4 agosto 2016 dell’AGCM contro Volkswagen Group Italia S.p.A. e Volkswagen AG:

<<1. Il procedimento concerne il comportamento posto in essere dai professionisti, consistente nella  commercializzazione, a partire dall’anno 2009, sul mercato italiano di autoveicoli e veicoli commerciali, con motorizzazioni sia diesel che benzina, le cui emissioni inquinanti o concernenti l’ambiente non sarebbero conformi ai  valori dichiarati in sede d i omologazione, ovvero la cui omologazione è stata ottenuta attraverso l’utilizzo di un software nella centralina di controllo del motore (cosiddetto “ impianto di manipolazione ” o defeat device ), in grado di far sì che il comportamento del veicolo sia dive rso durante i test di banco per il controllo  delle emissioni rispetto al normale impiego su strada>>.

L’AGCM ritenne la pratica scorretta ai sensi degli artt. 20, comma 2, 21 comma 1, lettera b ), e 23, comma 1, lettera d ), del Codice del Consum.

L’art. 20 c. 2 così recita: <<Divieto delle pratiche commerciali scorrette – (…) ; 2. Una pratica commerciale e’ scorretta se e’ contraria alla diligenza professionale, ed e’ falsa o idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio che essa raggiunge o al quale e’ diretta o del membro medio di un gruppo  qualora la pratica commerciale sia diretta a un determinato gruppo di  consumatori.>>

L’art. 21 c. 1 lett. b) così recita:<<Azioni ingannevoliE’ considerata ingannevole una pratica commerciale che contiene informazioni non rispondenti al vero o, seppure di fatto corretta, in qualsiasi modo, anche nella sua presentazione complessiva, induce o e’ idonea ad indurre in errore il consumatore medio riguardo ad uno o piu’ dei seguenti elementi e, in ogni caso, lo induce o e’ idonea a indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso:
a) …; b) le caratteristiche principali del prodotto, quali la sua disponibilita’, i vantaggi, i rischi, l’esecuzione, la composizione, gli accessori, l’assistenza post-vendita al consumatore e il trattamento dei reclami, il metodo e la data di fabbricazione o della prestazione, la consegna, l’idoneita’ allo scopo, gli usi, la quantita’, la descrizione, l’origine geografica o commerciale o i risultati che si possono attendere dal suo uso, o i risultati e le caratteristiche fondamentali di prove e controlli effettuati sul prodotto;>>

L’art. 23 c. 1 lett. d) così recita: <<Pratiche commerciali considerate in ogni caso ingannevoli –  Sono considerate in ogni caso ingannevoli le seguenti pratiche commerciali:

a) ..; b) …; c) …; d) asserire, contrariamente al vero, che un professionista, le sue pratiche commerciali o un suo prodotto sono stati autorizzati, accettati o approvati, da un organismo pubblico o privato o che sono state rispettate le condizioni dell’autorizzazione, dell’accettazione o dell’approvazione ricevuta;>>

Pertanto ne vietò la diffusione o continuazione e irrogò in solido alle predette società  una sanzione amministrativa pecuniaria di 5.000.000 € (cinquemilioni di euro).

La società sanzionate ricorsero al TAR Lazio, il quale il quale però,  con provvedimento della sez. I datato 31 maggio 2019 (N. 06920/2019 REG.PROV.COLL. N. 12293/2016 REG.RIC.), reperibile nel database del sito www.giustizia-amministrativa.it,  ha confermato totalmente il provvedimento dell’AGCM, rigettando il ricorso.