La Cassazione sulla riserva da (ri-)valutazione delle partecipazoni col metodo del patrimonio netto (art. 2426 n. 4/3 cc)

Nel caso di cambio di metodo di stima (da costo di acquisto a patrimonio  netto pro quota)  delle partecipazooni in società collegate o controllate, l’art. 2426 n. 4.3 impone di costituire una riserva non distribuibile.

Si pone allora il problema se questa possa essere usata a copertura perdite e anzi se costuisca componente reddituale per compensare perdite di esercizio e permettere la distribuzione di dividendi (così la censura di alcuni soci alla società).

L’interssante argomento (son pochissime le decisioni della SC in tema di valutazioni di bilancio) è esplorato da Cass. sez. I 12.05.2022 n. 15.087, rel. Nazzicone.

La SC si occupa della prima parte del problemA : <<Entrambi i ricorsi, pur articolando vari motivi, propongono la seguente questione: se ed a quali condizioni sia legittimo l’utilizzo a copertura delle perdite di esercizio – in tal modo rendendo lecita la ripartizione di utili ai soci, cui invece, ai sensi dell’art. 2433 c.c., comma 3, non potrebbe farsi luogo in presenza di perdite “fino a che il capitale non sia reintegrato o ridotto in misura corrispondente” – della riserva non distribuibile costituita, ai sensi dell’art. 2426 c.c., comma 1, n. 4, mediante la valutazione alla stregua del criterio del patrimonio netto, in luogo che in base al criterio del costo di acquisto prescritto dal n. 1 della medesima disposizione, delle partecipazioni in società controllate, la quale abbia fatto emergere una plusvalenza iscritta nella detta riserva.>>, § 4.

La scelta è discrezionale per il CdA: <<La valutazione secondo il metodo del patrimonio netto, invece, lascia emergere la c.d. sostanza economica del bene, come può essere più proficuo in talune evenienze, onde la riserva viene iscritta nel bilancio dall’organo amministrativo che opta per tale criterio. Ma torna la logica prudenziale, laddove la legge impone la costituzione di una “riserva non distribuibile” ai soci: in quanto potrebbe, allora, operarsi una distribuzione di utili solo sperati e, di fatto, la restituzione di patrimonio ai soci e la lesione dell’integrità del capitale sociale.

La regola è dunque dettata per evitare il rischio di indebite fuoriuscite di ricchezza dal patrimonio della società, ed, in particolare, la distribuzione di ricchezza tra i soci, impoverendo il patrimonio dell’ente e ponendo così a repentaglio le ragioni dei creditori, i quali invece hanno diritto ad essere soddisfatti con priorità rispetto ai soci (così Cass. 23 marzo 2004, n. 5740).

Al riguardo, questa Corte ha già avuto modo di rilevare l’esistenza di un potere discrezionale di rivalutazione da parte degli amministratori, ma sempre secondo i criteri di legge, statuendo che non è in sé illecita, in tema di azione di responsabilità contro gli amministratori, la mancata rivalutazione in bilancio delle partecipazioni in imprese controllate o collegate, pure consentita dall’art. 2426 c.c., comma 1, n. 4, perché si tratta di una scelta discrezionale rimessa all’organo gestorio, che ha la facoltà, e non l’obbligo, di valutare le menzionate immobilizzazioni finanziarie con il metodo del patrimonio netto, seguendo le modalità indicate dalla norma, invece di iscriverle al costo di acquisto (Cass. 28 maggio 2020, n. 10096).>> § 4.2.

L’imputazione delle riserve a copertura delle perdite : <<Ma se il capitale è tuttora elemento preservato dal legislatore, in vista delle funzioni che gli competono, allora va confermato il principio secondo cui esso può essere eliso dalle perdite solo dopo l’assorbimento delle riserve, intaccate però dalle perdite sulla base di un ordine successivo, il quale comporta l’imputazione delle medesime secondo una progressione rigida: dalla riserva meno vincolata e più disponibile alla riserva più vincolata e, quindi, meno disponibile. (….) Si tratta di principio posto a tutela di un interesse più generale, che trascende quello del singolo socio, essendo dettato, in particolare, a protezione dell’affidamento che i terzi abbiano fatto sulla consistenza del capitale sociale, che, perciò, non può essere intaccato prima che siano state esaurite le altre voci del patrimonio stesso.

Deve, dunque, confermarsi il principio, secondo cui le riserve appostate al passivo dello stato patrimoniale di una società di capitali possono essere imputate a riduzione delle perdite (salvo diversa specifica previsione normativa) solo in un ordine di progressiva minore disponibilità, da ultimo residuando, in tal caso secondo le maggioranze dell’assemblea straordinaria, l’operazione di riduzione del capitale sociale.>>

 – La riserva non distribuibile ex art. 2426 c.c., comma 1, n. 4.: << … Quella in esame è dunque, giocoforza, una riserva che deve essere intaccata – per il principio di imputazione delle riserve dalla meno vincolata alla più vincolata – solo dopo che altre riserve prive del vincolo di non distribuibilità siano state già erose dalle perdite.

Nell’ambito delle poste del patrimonio netto, pertanto, se si può aderire all’opinione secondo cui la riserva da plusvalenza del valore delle controllate è utilizzabile a copertura delle perdite, tuttavia proprio per evitare l’effetto indiretto di derogare di fatto al regime della indistribuibilità è necessario che, per la regola della graduazione delle voci iscritte al patrimonio netto, difettino in bilancio poste del netto più liberamente disponibili. Onde essa potrà essere utilizzata per ridurre o eliminare le perdite soltanto dopo ogni altra riserva distribuibile iscritta in bilancio, ma prima del capitale; in mancanza, si verificherebbe la “liberazione” della riserva dal suo status di maggiore tutela, prima che le altre riserve siano state utilizzate a tal fine, in dispregio della ratio della disposizione.  …. In sostanza, in tal caso le riserve derivanti dal metodo del patrimonio netto o da quello del fair value sono utilizzabili solo dopo le riserve disponibili e la riserva legale, in quanto riserve da utili realizzati, anteposte a quelle da utili non realizzati. Pertanto, il principio prudenziale ha consigliato di prevedere sì la facoltà di utilizzare, per la copertura delle perdite di esercizio, le riserve indisponibili derivanti da dette plusvalenze: ma pur sempre dopo l’imputazione a riduzione delle perdite di ogni altra riserva in bilancio, ivi compresa la riserva legale>>, § 4.6.

Si afferma (§ 2.1) che il principio contabile nazionale n. 21 dell’OCI (valutazione delle parteipazioni) è fonte normativa: non viene però chiarito tramite quale atto normativo.