Gestione di fondo comune di investimento: profili sostanziali e di successione processuale

Lineare e chiaro insegnamento sull’oggetto in Cass.  sez. 2 del 15.02.2023, n. 4741 , rel. Caponi.

Si trattava di un caso di successione tra due società di gestione nella titolarità di un fondo di investimenti

Premessa sostanziale circa il rapporto tra società di gestione e fondo di investimento:

<< Senonché, tutto ciò – che pur incontra il favore ricostruttivo di sem-pre più frequenti voci dottrinali, le quali si sono spinte fino a parlare di una rappresentanza quasi organica o «periorganica» in capo alla so-cietà di gestione – non trova attualmente corrispondenza nel diritto po-sitivo italiano, per come esso è stato interpretato – sulla scorta di un’analisi accorta – dalla giurisprudenza di questa Corte, specialmente ad opera di Cass. 16605/2010, secondo la quale: «La soluzione che meglio sembra rispondere alle esigenze sottese alla costituzione dei fondi comuni d’investimento e che trova più solidi agganci nella relativa disciplina resta quella che ravvisa nel fondo un patrimonio separato. La separazione, unitamente alle specifiche disposizioni […], garantisce adeguatamente la posizione dei partecipanti, i quali sono i proprietari sostanziali dei beni di pertinenza del fondo, lasciando però la titolarità formale di tali beni in capo alla società di gestione che lo ha istituito […]» oppure «dalla società di gestione subentrata nella gestione» (così, art. 36, co. 1 d.lgs. 58/1998).
Osserva inoltre Cass. 16605/2010, cit.: «In siffatte situazioni non si dubita che il patrimonio separato (o destinato) sia pur sempre da ri-condurre alla titolarità del soggetto (persona fisica o giuridica che sia) dal quale esso promana, ancorché occorra tenerlo distinto dal resto del patrimonio di quel medesimo soggetto o da eventuali altri segmenti patrimoniali ugualmente sottoposti ad analogo regime di separazione. Ogni attività negoziale o processuale posta in essere nell’interesse del patrimonio separato non può, perciò, che essere espletata in nome del soggetto che di esso è titolare, pur se con l’obbligo di imputarne gli effetti a quello specifico ben distinto patrimonio».
Nel caso di specie sotteso a quella pronuncia, Cass. 16605/2010 ne aveva desunto che, in caso di acquisto di un immobile nell’interesse del fondo, il bene acquistato deve essere intestato alla società di gestione la quale ne ha la titolarità formale ed è legittimata ad agire in giudizio per far accertare i diritti di pertinenza del patrimonio separato in cui il fondo si sostanzia >>.

Poi la conseguenza processuale dell’applicaizne analogica della’rt. 111 c. 4 cpc.

Essa si basa sull’osservazione di dottrina che studiò gli acquisti a non domino e nel passo specifico l’origine storica del cit. art. 111 cpc.

Prob. il relatore si riferisce a Mengoni L., Gli acquisti <<a non domino>>, Giuffrè, 1975, 3 ed., p. 272 ss.

Ecco allora il principio di diritto, importante  assai a livello teorico (e pratico, per chi si occupa della materia):

«Se nel corso del processo, in cui è controverso un diritto attinente a un fondo comune di investimento, si trasferiscono da una società di gestione all’altra – ai sensi dell’art. 36, co. 1 d.lgs. 98/1998 – i rapporti di gestione relativi al fondo, il processo prosegue tra le parti originarie.

La società di gestione subentrata nella gestione può intervenire o essere chiamata nel processo e la società alienante può esserne estromessa.

In ogni caso, la sentenza pronunciata nei confronti delle parti originarie spiega i suoi effetti anche nei confronti della società di ge-stione subentrata».