Responsabilità del revisore per mancato disinvestimento da parte del socio? Negata per mancata prova della reale possibilità disinvestimento e del nesso causale

Così Trib. Milano n. 132/2023, RG 18268/2020, rel. Alima Zana, relativamente a domanda di danno proposta da socio di Banca Popolare di Vicenza spa contro il revisore KPMG.

<<In limine, va in proposito rammentare che:
• nel caso di perdita di chance il nesso causale che deve essere dimostrato dall’attore è ipotetico,
giacché è di natura ipotetica il nesso che si predica tra l’assenza dell’illecito (che invece si è
verificato) e la esistenza della chance (che invece è venuta meno o non si è verificata);
• il giudice è tenuto quindi a formulare quella che viene definita una “prognosi postuma”,
ricostruendo la situazione ipotetica che si sarebbe verificata in assenza dell’illecito;
• il soggetto che si dichiara vittima dell’illecito deve quindi provare:
I.  l’esistenza reale di una chance;
II.  che la chance sia venuta meno per effetto diretto del comportamento illecito,
seppure utilizzando il criterio civilistico della c.d. probabilità prevalente>>

E’ mancata però la prova di entrambi i requisiti (sia I che II)

I): non c’è prova che, anche avesse saputo, sarebbe riuscito a disinvestire:

<< Ed in particolare, quanto al requisito sub I, va con considerato che:
✓ le azioni litigiose erano per loro natura illiquide.
Invero le stesse non erano strumenti finanziari quotati su mercati regolamentati.
Le azioni BPVI erano dunque connaturate da un intrinseco carattere di illiquidità (“le
azioni della Banca Popolare di Vicenza non erano quotate in borsa e come tali si
caratterizzavano, in linea generale, per una scarsa possibilità di smobilizzo entro un
lasso di tempo ragionevole a condizioni di prezzo significativo” cfr. Tribunale di Milano,
sent. 8390/2021, in un caso del tutto analogo, afferente sempre alla domanda risarcitoria
esercitata contro il revisore a causa del mancato disimpegno di azioni di Banca Popolare
di Vicenza nella stessa frazione temporale qui considerata);
✓ avvicinandosi al periodo critico qui oggetto indagine, il disinvestimento -che già in sé
presentava rischi- era poi divenuto assai difficile, fino a poter essere diventare quasi
“impossibile” già nel 2014, come precisato Banca in occasione dell’aumento di Capitale
2014 a cui l’attore risulta avere partecipato;3
✓ proprio in data 24.4.2015 -in occasione dell’approvazione del bilancio di esercizio al
31.12.2014, momento in cui l’attore colloca la propria decisione di non procedere al
disinvestimento, tenuto conto della relazione accompagnatoria positiva del revisore- la
Banca dava atto della sopraggiunta impossibilità di assorbire le domande di vendita delle
proprie azioni. E ciò atteso il totale blocco del cd. “mercato interno” gestito dallo stesso
istituto di credito negli anni precedenti per agevolare le richieste di vendita dei titoli,
mediante utilizzo del Fondo per acquisto di azioni proprie, essendo stata azzerata medio
tempore da parte della BCE la possibilità di utilizzare di tale Fondo.4
Dunque, non vi è prova del requisito sub I, ossia di una reale chance di un disimpegno del
pacchetto litigioso- neppure attraverso la Banca- in tempi contenuti ad un prezzo ragionevole >>

Quanto a II), manca la prova del nesso di causa:

<<Quanto al requisito sub II, va osservato che:
✓ operando un giudizio c.d. controfattuale, c.d. della prognosi postuma, la condotta
alternativa di KPMG – attraverso lo svolgimento, secondo l’attore, a regola d’arte delle
verifiche prodromiche all’attestazione del bilancio al 31.12.2014 e con conseguente
disvelamento del vero della consistenza effettiva del patrimonio della banca- non
avrebbe comunque attribuito a parte attrice ragionevoli chance di smobilitare a
condizioni proficue il proprio investimento;
✓ infatti, non potendo accedere l’attore in via privilegiata ed anticipata alle corrette
informazioni -che ritiene illecitamente essergli state celate- rispetto agli altri operatori,
l’unico effetto della condotta alternativa di KPMG sarebbe stato invero di anticipare nel
tempo gli eventi poi realmente accaduti ed in particolare il deprezzamento delle azioni
della banca a € 0,10 ciascuna. Con conseguente impossibilità per l’attore di collocare il
proprio pacchetto azionare a prezzo conveniente, superiore al valore poi attribuito.
Manca dunque anche la prova del requisito sub II, non essendovi alcun riscontro che la
condotta alternativa lecita di KPMG (non in tesi non si è verificata) avrebbe impedito
all’investitore di perdere il valore delle proprie azioni (evento invece verificatosi). In
altre parole, non vi è prova che la relazione positiva del revisore sul bilancio al
31.12.2014 abbia cagionato la perdita di chance di vendita del pacchetto azionario
litigioso a prezzo conveniente, grazie all’acquisizione privilegiata rispetto al resto degli investitori delle corrette informazioni.
Con conseguente carenza del nesso di causalità, non essendo la perdita subita dall’attrice causalmente connessa alle carenze informative denunciate, invece presumibilmente riconducibile all’oscillazione del valore delle azioni propria dei titoli non quotati in borsa di cui l’investitore ha assunto consapevolmente il rischio>>.