Pronuncia inglese sulla tutela d’autore del “personaggio”

Eleonora Rosati nel blog IPKat dà notizia della sentenza inglese della Intell. Prop. enterprise court del 8 giugno 2022 [2022] EWHC 1379 (IPEC) , Shazam v. Only Fools ltd e altri, che esamina la tutela d’autore del personaggio letterario creato dall’a. per una serie televisiva di successo.

I punti più interessanti per noi sono:

. proteggibilità dello script (equivale a “copione”, suppergiù) come dramatic work secondo il loro copyright act, § 66;

– proteggibilità del personaggio, §§ 76-113 (secondo il doppio test europeo proposto dalla corte di giustizia in Cofemel), protetto anche in  disciplina basata su tipicità come quella UK qual literary work, § 121/2.

La violazione che discende è evidente, § 127.

E’ rigettata sia l’eccezione di parodia , § 194 ss (v. l’esame preliminare sull’istituto, § 160 ss) che quella di pastiche , § 195 ss

Impressiona l’analiticità e la chiarezza di analisi fattuale per accertare la contraffazione: v. lo schedule of infringement  e l’elenco dei punti copiati fornito dal giudice, § 132. Si v. anche la tabella finale delle conclusioni del giudice, p. 67/8.

Il senso pratico e il fine di immediata utilizzabilità di ogni ragionamento, proprio della cultura inglese, ha ancora molto da insegnarci.

Da noi la tutela del personaggio letteraio è comunemente ammessa. Lo stesso per il copione/script, quantomeno in liena astratta (salva la compiutezza espressiva nel caso specifico).

Sulla tutela dello script è noto il precedente cautelare torinese del 2015 (Trib. TO RG 32855/2014, 31.05.2015, Pagani v. Leo Burnett Company, reperibile in rete, ad es. qui) , il cui passaggio rilevante -in astratto: v. poi la seguente applicazione cocncreta- è :

<< –   Per questa ragione un momento di fondamentale importanza nel processo creativo dello  spot  è  la  sua  progettazione.  E’  in  questa  fase  che  avviene  la  individuazione  degli obbiettivi della pubblicità e del modo in cui conseguirli: la comunicazione che si intende dare, i destinatari,   il   modo   in   cui   raggiungerli.   In   altri   termini:   ciò   che   caratterizza   in modo “decisivo” uno spot è il modo in cui esso sceglie di caratterizzare un certo prodotto, e il  modo  in  cui  intende  comunicare  un  certo  messaggio  (p.es.  creando  sorpresa,  divertimento, simpatia,   complicità,   …).   L’idea   dello   spot,   da   intendersi   come   sua progettazione,  costituisce   quindi   la   sintesi,   destinata   a   essere   sviluppata   nella   fase   di   realizzazione del filmato. Anche quest’ultima fase è connotata (o almeno può esserlo) da attività creativa,
focalizzata  sugli  strumenti  di  realizzazione  della  reclame,  sul  sapiente  utilizzo delle   tecnologie  al  servizio  del  progetto  racchiuso  nell’ideainiziale.
–   Le   parti   hanno   a   lungo   discusso   sul   se   lo   script   di   uno   spot   pubblicitario   costituisca una concreta   espressione   creativa,   tale   da   far   riconoscere   il   suo   autore   come     autore dello stesso  spot.  L.B.C.  ha  sottolineato  la  differenza  fra  lo  script  e  il  bozzetto  pubblicitario (noto  in  gergo  come  storyboard),  ed  ha  richiamato  giurisprudenza  che  accorda  la  tutela  autoriale al   bozzetto   (sottintendendo   che   sia   necessario   “almeno   un   bozzetto”   per   ravvisare un contributo   materiale   all’opera).   Va   peraltro   chiarito   che   la   giurisprudenza   citata dal   convenuto  (Cass.  3390/2003)  ha  riconosciuto  al  bozzetto  il  valore  di  opera  protetta  ai sensi dell’art. 1 l. 633/1941; ma ciò di cui qui si discute non è se lo script realizzato dal P. sia  autonomamente  tutelabile  come  opera;  si  discute  invece  se  il  contributo  dato  dal  P.  con lo  script  gli  dia  titolo  per  qualificarsi  autore  morale  dello spot.
–  Il problema non va posto in termini astratti, ma concreti: non si tratta di affermare in  termini  generali  se  la  realizzazione  di  uno  script  sia  un  contributo  decisivo  alla  creazione di  un   filmato   pubblicitario;   ma   di   verificare   se,   nel   caso   di   specie,   lo   script  
realizzato dal ricorrente, per i suoi contenuti, per la sua relazione con lo spot finale, per il modo in cui è Stato  divulgato  e  recepito  nell’azienda  (Leo  Burnett)  e  al  di  fuori  di  essa,  valga  a individuare  il  suo  autore  come  autore  dell’opera  finale  (e  protetta),  cioè  lo spot.>>

Su originalità, libertà artistica e parodia nel diritto d’autore (un caso francese tra fotografia e scultura)

Il prezioso sito IPKat a firma Eleonora Rosati il 23.12.2019 dà notizia della sentenza francese Corte di appello di Parigi 17.12.2019, n° 152/201.

Il fotografo francese Jean Francois Bauret, morto nel 2014, realizzò nel 1970 una fotografia chiamata <<Enfants>>, mai venduta come stampa ma riprodotta in cartolina

Gli eredi si accorgono che l’artista statunitense Jeff Koons l’ha riprodotta con modeste varianti in una sua scultura, chiamata <<Naked>>.

Ecco le fotografie (presenti in  sentenza e in IPKat, prese da quest’ultimo).  A sinistra quella di Bauret e a destra quella riproducente la scultura di Koons:

La corte parigina respinge l’eccezione di Koons di mancanza di originalità e pure quella di eventuale riproduzione di elementi non originali. E’ del resto intuibile anche al profano che i bimbi nella fotografia non hanno una posizione spontanea,  come vorrebbe Koons, bensì guidata dal fotografo.

La Corte respinge l’eccezione di necessità per libertà artistica e di comunicazione (p. 19-21) : afferma che <<Il revient au juge de rechercher un juste équilibre entre les droits en présence, soit la liberté  d’expression artistique et le droit d’auteur, et d’expliquer, en cas de condamnation, en quoi la recherche de ce juste équilibre commandait cette condamnation.>>.

La Corte non si riferisce purtroppo -almeno in via esplicita (ma implicita si, probabilmente)- alle tre recenti sentenze della Corte di Giustizia 29 luglio 2019, A.G. Szpunar,  che l’hanno esaminata approfonditamente: i) Pelham-Hass c. Hutter-Schneider-Esleben, C-476/17, § 56-65 (§ 66 segg. sull’eccezione di citazione); ii) Funke Medien c. Repubblica Federale di Germania, C-469/17, terza e seconda questione (§§ 55 ss e, rispettivamene, 65 ss.); iii)  Spiegel Online c. Volker Beck, C-516/17, terza e seconda questione (§§ 40 ss e rispettivametne 50 ss., nonchè § 75 ss sull’eccezione di citazione). Le quali tutte -in breve- escludono l’invocabilità di un fair use o comunque di un diritto fondamentale non previsto nel catalogo dei rimedi propri del diritto armonizzato ad oggi vigente.

Respinge pure l’eccezione di parodia (p. 21-22) , secondo la quale <<l’oeuvre seconde, pour bénéficier de l’exception de parodie, doit présenter un caractère humoristique, éviter tout risque de confusion avec l’oeuvre première, et permettre l’identification de celle-ci. (…)  La parodie doit aussi présenter un caractère humoristique, faire oeuvre de raillerie ou provoquer le rire, condition que ne caractérise ni ne revendique Jeff KOONS et la société Jeff KOONS LLC, la différence entre les messages transmis par les deux oeuvres ne répondant pas à cette condition de l’exception de parodie.>>.

Insommma la parodia deve avere un carattere umoristico, prendere in giro o provocare risate, oltre che non creare confusione: requisiti ritenuti assenti nell’opera di Koons. Probabilmente il Collegio parigino aveva in mente la sentenza Deckmyn +1 c. Vandersteen ed altri, Corte di Giustizia, 03.09.2014, C‑201/13, secondo cui <<la parodia ha come caratteristiche essenziali, da un lato, quella di evocare un’opera esistente, pur presentando percettibili differenze rispetto a quest’ultima, e, dall’altro, quella di costituire un atto umoristico o canzonatorio>> (§ 33 ma anche § 20). Ma anche qui non ne ha fatto menzione espressa.