Corresponsabilità delle puiattaforme digitali per la strage di Orlando (Florida, USA) del 2016? No

Nella strage di Orlando USA del 2016 Omar Mateen uccise 49 persone e ne ferì 53 con un fucile semiautomatico, inneggiando all’ISIS.

Le vittime proposero domanda giudiziale contro Twitter Google e Facebook sia in base Anti-Terrorism Act, 18 U.S.C. §§ 2333(a) & (d)(2) (è respponsabile chi , by facilitating his access to radical jihadist and ISIS-sponsored content in the months and years leading up to the shooting) sia per legge statale, avendo cagionato  negligent infliction of emotional distress and wrongful death.

La cit. legge ATA imposes civil liability on “any person who aids and abets, by knowingly providing substantial assistance, or who conspires with the person who committed . . . an act of international terrorism,” provided that the “act of international terrorism” is “committed, planned, or authorized” by a designated “foreign terrorist organization.

Nega ogni responsabilità in capo alle piattaforme (confermando la sentenza di primo grado della Florida) la corte d’appello dell’11° circuito 27.09.2021, No. 20-11283 , Colon ed altri c. Twitter-Facebook-Google.

La prima domanda è respinta sia perchè non si trattò di terrorismo internazionale (pur se reclamato dal’lISIS), come richiede la cit legge, sia perchè non fu una foreign terroristic organization a commetterlo (ma un c.d. lupo solitario).

Ma soprattutto è rigettata la seconda domanda (negligenza nel causare danni e decdessi) : gli attori non hanno superato la prova della proximate causation circa il ruolo delle puiattaforme, sub IV.A, p. 21 ss

La corte parla si del nesso di causalità ma in astratto e in base ai precedenti, senza applicarlo al ruolo delle piattaforme nella commissione di delitti.

La corte stranamente non menziona il safe harbour ex 230 CDA che avrebbe potuto essere invocato (cosa che quasi certanente le piattafirme avranno fatto)

(notizia e link dal blog di Eric Goldman)

Sulla responsabilità dei sindaci di cooperativa s.r.l.

La Cassazione interviene sul tema con sentenza condivisibile (Cass. sez. I – 11/12/2020, n. 28357, rel. Terrusi), anche se priva di spunti di reale interesse

L’addebito consisteva nel non aver curato che la somma, pur incassata dal liquidatore nel conto corr. sociale, andasse poi effettivamente “a buon fine” e cioè restasse a disposizione per l’attività sociale. Infatti il fallimento successivo non aveva più reperita  detta somma (oltre 80 mln euro),  pur transitata (versata) sul conto bancario sociale.

La corte eroga i soliti e condivisibili insegnamenti sulla responsabilità dei sindaci:

  • <<I doveri di controllo imposti ai sindaci sono certamente contraddistinti da una particolare ampiezza, poichè si estendono a tutta l’attività sociale, in funzione della tutela e dell’interesse dei soci e di quello, concorrente, dei creditori sociali>>, sub IV
  • Questo accade, in particolare, <<quando i sindaci non abbiano rilevato una macroscopica violazione o non abbiano in alcun modo reagito di fronte ad atti di dubbia legittimità e regolarità (ex aliis Cass. n. 13517-14, Cass. n. 23233-13), poichè in tal caso il mantenimento di un comportamento inerte implica che non si sia vigilato adeguatamente sulla condotta degli amministratori (o dei liquidatori) pur nella esigibilità di un diligente sforzo per verificare la situazione anomala e porvi rimedio, col fine di prevenire eventuali danni (cfr. di recente Cass. n. 18770-19)>>, ivi
  • La condanna richiede la prova <<di tutti gli elementi costitutivi del giudizio di responsabilità. E quindi: (i) dell’inerzia del sindaco rispetto ai propri doveri di controllo; (ii) dell’evento da associare alla conseguenza pregiudizievole derivante dalla condotta dell’amministratore (o, come nella specie, del liquidatore); (iii) del nesso causale, da considerare esistente ove il regolare svolgimento dell’attività di controllo del sindaco avrebbe potuto impedire o limitare il danno>>, sub V.
  • Il nesso di causa , in particolare, <<va provato da chi agisce in responsabilità nello specifico senso che l’omessa vigilanza è causa del danno se, in base a un ragionamento controfattuale ipotetico, l’attivazione del controllo lo avrebbe ragionevolmente evitato (o limitato). Il sindaco non risponde, cioè, in modo automatico per ogni fatto dannoso che si sia determinato pendente societate, quasi avesse rispetto a questo una posizione generale di garanzia. Egli risponde ove sia possibile dire che, se si fosse attivato utilmente (come suo dovere) in base ai poteri di vigilanza che l’ordinamento gli conferisce e alla diligenza che l’ordinamento pretende, il danno sarebbe stato evitato>>, ivi

Nel caso , il sindaco , essendosi dimesso l’11 luglio mentre la somma era stata messa in banca a fine maggio e a fine giugno precedenti, non aveva avuto il tempoi di raccogliere camapanelli di allarme sul fatto che dalla banca poi non sia stata concretamente messa a disposizione dell’impresa sociale (ma di terzi sine titulo).

O meglio, non è stata data prova di tali negligenze. Infatti <<il difetto di consequenzialità è infatti evidente, in quanto è pacifico che la T. aveva cessato dalla carica dopo pochi giorni dalla riscossione delle somme (l’11-7-1995) e niente è indicato, in motivazione, onde potersi sostenere che, medio tempore, le somme, regolarmente versate in conto, fossero state distratte, o alternativamente che vi fossero stati pagamenti cui associare ipotetiche anomalie d’impiego suscettibili di essere rilevate dal sindaco ancora in carica.   Tutto questo mina dalle fondamenta il ragionamento della corte del merito, poichè, ai sensi dell’art. 2407, non consente di giustificare – se non in termini assolutamente apodittici – il concorso nell’illecito del liquidatore>>, sub VI.

Si notino i tempi processuali: – fatti del 1995; – notifica della citazione di primo grado del maggio 2003; – sentenza di appello del 2014; – sentenza di Cassazione del dicembre 2020.