Sfruttamento della notorietà altrui (dopo la cessazione del rapporto contrattuale): un esempio “da manuale” (sul caso Canalis)

Il Tribunale di Milano nello scorso giugno ha deciso sulla lite promossa da Elisabetta Canalis e dal concessionario per lo sfruttamento dei suoi diritti d’immagine (tale Lidia Corp.[-oration?], società di diritto statunitense) nei confronti della società, produttrice di biancheria intima, con cui aveva stipulato un contratto di sfruttamento della propria immagine e del proprio nome (Trib. MI , sez. specializzata in materia di impresa A, 06.06.2018 , sentenza n. 6355/2018, RG 25844/2018).

La durata del rapporto era stata fissata in tredici mesi (1 marzo 2013 – 31 marzo 2014).

Secondo la sig.ra Canalis, attrice in causa, la controparte aveva continuato a sfruttare la sua notorietà anche dopo la cessazione del rapporto,  caricandone  (o mantenendo) alcune fotografie e video sul sito aziendale .

Il Tribunale ha accolto le domande della sig.ra Canalis .

Propongo alcuni passaggi interessanti del provvedimento. Il Tribunale:

  1. ha utilizzato come prova (compreso il profilo temporale, naturalmente, decisivo in causa) alcune pagine del sito della convenuta, estratte dal servizio wayback machine di archive.org (§ 1);
  2. ha inserito in sentenza (era ora che qualche giudice iniziasse a farlo) immagini tratte del sito della convenuta, ritenute pertinenti e probanti;
  3. circa la natura dell’illecito, ha affermato la violazione (p. 8):
    1. dell’art. 2043 cod. civ.;
    2. dell’art. 10 cod. civ.;
    3. degli artt. 96 e 97 l. autore;
    4. degli artt. 6, 7 e 9 cod. civ.  e dell’art. 8 co. 3 d. lgs. 30/2005 cod. propr. ind. (circa lo pseudonimo “ELI”);
  4. ha fatto assistere l’inibitoria da una penale di € 5.000,00 per ogni giorno di ritardo per rimozioni e cessazione e da una di € 50,00 per ogni prodotto immesso in comercio in violazione (p.9);
  5. sul danno patrimoniale, ha ritenuto che <<il risarcimento vada commisurato non solo all’importo che il titolare del diritto e il licenziatario avevano concordato in normali condizioni di mercato, bensì nell’importo che avrebbero concordato ad illecito già accertato, quando quindi il titolare del diritto – nello scenario ipotetico funzionale alla liquidazione equitativa – concederebbe lo sfruttamento a fronte di un diritto ormai violato: contesto in cui il prezzo è ragionevole ritenere sarebbe stato maggiore rispetto a quello determinato nelle ordinarie condizioni di mercato, perché necessario, appunto, funzionale a fra si che il titolare rilasciasse ex post il proprio consenso allo sfruttamento del diritto>> e accertato che lo sfruttamento illecito è durato per circa un anno , il Tribunale ha applicato il criterio del c.d. giusto prezzo del consenso, concretizzandolo in un importo di poco superiore a quello pattuito nel contratto (€ 120.000,00), oltre ad interessi legali e rivalutazione monetaria dalla data [di inizio] dell’evento lesivo (p. 10);
  6. ha liquidato il danno non patrimoniale in € 30.000,00 : un quarto di quello patrimoniale. 

 Sarebbe interessante approfondire in linea teorica il rapporto reciproco (cioè la cumulabilità processuale) tra le azioni basate su ciascuna delle norme citate al punto 3 (soprattutto di quelle da 1 a 3 del punto 3)

diritto esclusivo sulla propria voce

Nessuno può utilizzare (commercialmente?) la voce di un altro soggetto al di là di quanto da questi consentito.

Sulla base di questo assunto , la donna, che ha prestato la voce a SIRI (l’assistente intelligente di Apple) per la lingua ebraica, ha citato in giudizio Apple, sostenendo che la sua voce è stata utilizzata in modi non consentiti. In particolare ella aveva acconsentito solo ad utilizzi per “legitimate purposes”, mentre Apple l’avrebbe utilizzata << for saying racist, violent and sexual things >> .

Se la voce è tale da far riconoscere la persona (ha cioè efficacia identificante), l’eventuale violazione della pattuizione permetterà alla persona di far valere anche il diritto (assoluto) della personalità, oltre al contratto (da vedere come coordinare le due pretese). Se invece non è tale da determinarne la riconoscibilità, potrà essere azionato solo il contratto.

La richiesta di compensazione ammmonta a $ 66.000,00.

La notizia è leggibile qui