Deposito ripetuto del medesimo marchio (per evitare la decadenza da non uso quinquennale) costiutisce deposito in malafede e dunque causa di nullità

Interessante presa di posizione del Tribunale UE 21.04.2021, T-663/19, Hasbro inc. c. EUIPO – Kreativni Događaji d.o.o., sul deposito di marchio in malafede ex art. 52.1.b reg. 207/2009, costituto da depositi ripetuti per evitare la decadenza per non uso.

la sentenza analizza a fondo questo tema e quello della decadenza per non uso; è interessante perchè, sollecitata da attenta difesa del ricorrente, li esamina in modo analitico . Si pone dunque come precednte da studiare per chi si occuperà dei temi medesimi.

Si trattava del marchio denominativo MONOPOLY

Premesse generali: <<54  La ratio legis del requisito secondo cui un marchio deve aver formato oggetto di un uso effettivo per poter essere protetto ai sensi del diritto dell’Unione è che l’iscrizione di un marchio dell’Unione europea nel registro dell’EUIPO non può essere assimilata a un deposito strategico e statico che conferisce a un titolare inattivo un monopolio legale di durata indeterminata. Al contrario, tale registro dovrebbe rispecchiare fedelmente le indicazioni che le imprese utilizzano effettivamente sul mercato per distinguere i loro prodotti e i loro servizi della vita economica [v., in tal senso, sentenza del 15 luglio 2015, Deutsche Rockwool Mineralwoll/UAMI – Recticel (λ), T‑215/13, non pubblicata, EU:T:2015:518, punto 20 e giurisprudenza ivi citata].

55      Come evidenziato dalla commissione di ricorso al punto 35 della decisione impugnata, dai principi che disciplinano il diritto dei marchi dell’Unione europea e dalla norma relativa alla prova dell’uso, illustrati ai precedenti punti da 49 a 53, deriva quindi che, se è vero che al titolare di un marchio viene conferito un diritto esclusivo, tale diritto, tuttavia, può essere tutelato solo se, alla scadenza del periodo di tolleranza di cinque anni, detto titolare è in grado di dimostrare l’uso effettivo del suo marchio. Un simile regime opera un bilanciamento tra i legittimi interessi del titolare del marchio, da un lato, e quelli dei suoi concorrenti, dall’altro.

56      Sotto un secondo profilo, occorre ricordare che dalla giurisprudenza citata al precedente punto 36 risulta che l’assenza di un fattore che la Corte o il Tribunale avevano considerato pertinente al fine di accertare la malafede di un richiedente il marchio, nel particolare contesto di una controversia o di una questione pregiudiziale allora ad essi sottoposte, non osta necessariamente a che la malafede di un altro richiedente il marchio sia accertata in circostanze diverse. Come ricordato al precedente punto 37, la nozione di malafede, ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, non può, infatti, essere circoscritta a una categoria limitata di circostanze specifiche.

57      Sotto un terzo profilo, se è vero che i depositi reiterati di un marchio non sono vietati, resta nondimeno il fatto che un simile deposito effettuato al fine di evitare le conseguenze del mancato uso di marchi anteriori può costituire un elemento rilevante, atto a dimostrare la malafede dell’autore di tale deposito (v., in tal senso, sentenza del 13 dicembre 2012, Pelikan, T‑136/11, non pubblicata, EU:T:2012:689, punto 27)>>.

Applicate al caso specifico:

<<70 Al riguardo, occorre evidenziare che nessuna disposizione della normativa relativa ai marchi dell’Unione europea vieta il deposito reiterato di una domanda di registrazione di marchio e che, pertanto, un simile deposito non può, di per sé, dimostrare la malafede del richiedente, senza che sia accompagnato da altri elementi pertinenti invocati dal richiedente la dichiarazione di nullità o dall’EUIPO. Tuttavia, è necessario constatare che, nel caso di specie, dalle considerazioni della commissione di ricorso risulta che la ricorrente ha ammesso, e persino sostenuto, che uno dei vantaggi che giustificavano il deposito del marchio contestato si basava sul fatto di non dover fornire la prova dell’uso effettivo di tale marchio. Orbene, un simile comportamento non può essere considerato legittimo, ma deve essere considerato contrario agli obiettivi del regolamento n. 207/2009, ai principi che disciplinano il diritto dei marchi dell’Unione europea e alla norma della prova dell’uso, come ricordati ai precedenti punti da 49 a 55.

71      Stanti le specifiche circostanze del caso di specie, infatti, il deposito reiterato effettuato dalla ricorrente mirava segnatamente, per sua stessa ammissione, a non dover provare l’uso del marchio contestato, prolungando di conseguenza, per i marchi anteriori, il periodo di tolleranza di cinque anni previsto dall’articolo 51, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009.

72      Si deve pertanto necessariamente rilevare che la strategia di deposito praticata dalla ricorrente, diretta ad eludere la norma relativa alla prova dell’uso, non solo non è conforme agli obiettivi perseguiti dal regolamento n. 207/2009, ma anche ricorda la figura dell’abuso di diritto, caratterizzata dal fatto che, in primo luogo, nonostante il rispetto formale delle condizioni previste dalla normativa dell’Unione, l’obiettivo perseguito da detta normativa non è raggiunto e che, in secondo luogo, sussiste una volontà di ottenere un vantaggio derivante dalla normativa stessa mediante la creazione artificiosa delle condizioni necessarie per il suo ottenimento (v., in tal senso, sentenza del 21 luglio 2005, Eichsfelder Schlachtbetrieb, C‑515/03, EU:C:2005:491, punto 39 e giurisprudenza ivi citata)>>.

per il T. poi è irrilevante che i) se ne sia o meno tratto vantaggio, § 79 ss , e ii) che si tratti di pratica commerciale diffusa, § 94 (comunque non provata in causa)