Ben si può condannare il Comune ai danni per non aver fatto quianto possibile per eliminare il disturbo da riumnori niotturni proocati dalal clientela dei bar

Giustamente Cass. sez. III del 23 maggio 2023 n. 14.209, rel. Vicenti, cassa l’appello Brescia che aveva negato il danno perchè allegante vioalazioni del Comune esorbitanti i suoi poteri .

E’ ora che la giurisprudenza interventa in modo deciso sul grave problema della rimorosità prodotta dai clienti dei locali che tengono aperto fino a tardi alla sera. In attesa che intervenga il legislatore (improbabile)

<<3.2. – Ciò premesso, è errata la premessa da cui muove la Corte territoriale, poiché la tutela del privato che lamenti la lesione, anzitutto, del diritto alla salute (costituzionalmente garantito e incomprimibile nel suo nucleo essenziale (Cost., art. 32)), ma anche del diritto alla vita familiare (convenzionalmente garantito (art. 8 CEDU: cfr., tra le altre, Cass. n. 2611/2017; Cass. n. 19434/2019; Cass. n. 21649/2021)) e della stessa proprietà (che rimane diritto soggettivo pieno sino a quando non venga inciso da un provvedimento che ne determini l’affievolimento (Cass. n. 1636/1999)), cagionata dalle immissioni (nella specie, acustiche) intollerabili, ex art. 844 c.c., provenienti da area pubblica (nella specie, da una strada della quale la Pubblica Amministrazione è proprietaria), trova fondamento, anche nei confronti della P.A., anzitutto nelle stesse predette norme a presidio dei beni oggetto dei menzionati diritti soggettivi.

La P.A. stessa, infatti, è tenuta ad osservare le regole tecniche o i canoni di diligenza e prudenza nella gestione dei propri beni e, quindi, il principio del neminem laedere, con ciò potendo essere condannata sia al risarcimento del danno (artt. 2043 e 2059 c.c.) patito dal privato in conseguenza delle immissioni nocive che abbiano comportato la lesione di quei diritti, sia la condanna ad un facere, al fine di riportare le immissioni al di sotto della soglia di tollerabilità, non investendo una tale domanda, di per sé, scelte ed atti autoritativi, ma, per l’appunto, un’attività soggetta al principio del neminem laedere (tra le più recenti: Cass., S.U., n. 21993/2020; Cass., S.U., n. 25578/2020; Cass., S.U., n. 23436/2022; Cass., S.U., n. 27175/2022; Cass., S.U., n. 5668/2023).

Ne consegue la titolarità dal lato passivo del convenuto Comune di (Omissis) a fronte delle domande, risarcitoria e inibitoria, proposte dagli attori a fronte del dedotto vulnus che le immissioni intollerabili, provenienti dalla strada comunale in cui si trova la loro abitazione, sono idonee a cagionare ai diritti dai medesimi vantati.

3.3. – Posta tale diversa premessa, e’, altresì, errata la decisione della Corte territoriale di ritenere, di per sé, infondate le domande attoree in quanto esorbitanti dai limiti interni della giurisdizione del giudice ordinario.

Anzitutto, la domanda di risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, subiti dagli attori in conseguenza delle immissioni acustiche intollerabili, non postula alcun intervento del giudice ordinario di conformazione del potere pubblico e, dunque, non spiega alcuna incidenza rispetto al perimetro dei limiti interni della relativa giurisdizione, ma richiede soltanto la verifica della violazione da parte della P.A. del principio del neminem laedere e, dunque, della sussistenza o meno della responsabilità ai sensi dell’art. 2043 c.c., per aver mancato di osservare le regole tecniche o i canoni di diligenza e prudenza nella gestione dei propri beni quale condotta, connotata da c.d. colpa generica, determinativa di danno ingiusto per il privato.

Anche la domanda volta a far cessare le immissioni intollerabili, come detto, non implica, di per sé, una attribuzione al giudice ordinario di poteri esorbitanti rispetto a quelli previsti dall’ordinamento e, dunque, ad esso inibiti dal principio desumibile dalla L. 20 marzo 1865 n. 2248 All. E., art. 4, comma 2, siccome incidenti sul potere discrezionale riservato alla Pubblica Amministrazione nell’espletamento dei suoi compiti istituzionali.

La circostanza che il primo giudice avesse predeterminato il facere del Comune convenuto imponendo ad esso taluni comportamenti implicanti l’adozione di provvedimenti discrezionali ed autoritativi – come l’effettuazione di un servizio pubblico di vigilanza, organizzandone anche le modalità operative – non impediva, però, ogni diversa delibazione del giudice di secondo grado, coerente con la portata della domanda formulata dagli attori, che fosse volta ad imporre alla P.A. (non già le modalità di esercizio del potere discrezionale ad essa spettante, ma) di procedere agli interventi idonei ed esigibili per riportare le immissioni acustiche entro la soglia di tollerabilità, ossia quegli interventi orientati al ripristino della legalità a tutela dei diritti soggettivi violati>>.

Responsabilità di Uber per l’aggressione ad un suo autista?

Dice di no la corte distr. di West Dist. Washington 27 sett. 2022, Civil Action 2:21-cv-202-BJR, Drammeh v. Uber Techs .

L’autista era stato aggredito e ucciso da due utenti che avevano anche creato (allo scopo, parrebbe) un falso account Uber .

Il punto è l’esistenza o meno di un duty of care di Uber vs. gli autisti.

In genrere nel common law non ci sono doveri di protezione di terzi, tranne che ricorrano due circostanze:

– vi sia tra loro special relationship; o

– che vi sia misfeasance “in the limited circumstances [where] the actor’s own affirmative act creates a recognizable high degree of risk of harm.”. Deve però esswerci azione difettrosa, non omissione che non vbasta.

E’ il punto meno sicuro ma la Corte rigetta:

<<Plaintiffs may be correct that certain omissions can amount to misfeasance if they create a risk of harm that would otherwise not exist. The Washington Supreme Court has stated in dicta that “[a] driver affirmatively create[s] a new risk to a pedestrian by failing to stop his or her car [at a crosswalk].” Robb, 176 Wash.2d at 437. However, none of the omissions identified by Plaintiffs created the risk that resulted in Ceesay’s death. Plaintiffs’ own statistics show that carjacking is a broad societal problem. See Pl. Opp’n, Dkt. 123 at 20. There is no evidence or allegation that anything Defendants did actively encouraged carjackings or “create[d] a special or particular temptation or opportunity for crime.” Hutchins, 116 Wash.2d at 232-33; see also Jane Doe 1 v. Uber Techs., Inc., 79 Cal.App. 5th 410, 425 (finding Uber did not engage in misfeasance and contrasting a case in which a “plaintiff was injured by third parties doing exactly what defendant’s conduct encouraged them to do” (emphasis added)). Even if it were conclusively shown at trial that the risk of carjackings would have been reduced if Defendants had implemented the measures demanded by Plaintiffs, it still would not follow that Defendants created the risk. Washington courts have rejected the idea that “the failure to take [preventative measures] against crime is not in and of itself a special temptation to crime.” Sourakli v. Kyriakos, Inc. 144 Wash.App. 501 (2008). >>

Nemeno ricore la foreseeability dell’evento.

La domanda è respinta.

Non  si menziona (strano che non sia stato invocato) il safe harbour ex § 230 CDA,

(notizia e link alla sentenza dal blog del prof. Eric Goldman)