I contitolari del bene promesso in vendita devono tutti partecipare al successivo rogito del definitivo

Affermazione esatta ma quasi ovvia di Cass. 29 agosto 2023 n. 25396, rel. Poletti, su ricorso contro una giuridicamente incredibile corte di appello romana: la quale , nonstante avesse stimato come un unicum il bene oggetto del preliminare, ne aveva fatto discendere la solidarietà (anzichè la collettività stante la indivisibilità) circa il dovere dei contitolari di prestare il consenso al definitivo.

<<Reiterati precedenti di questa Corte hanno coordinato il
principio della indivisibilità del bene con quello della negozialità
dell’adempimento del contratto preliminare, sancendo che “La
promessa di vendita di un bene in comunione è, di norma,
considerata dalle parti attinente al bene medesimo come
un unicum inscindibile e non come somma delle singole quote
che fano capo ai singoli comproprietari, di guisa che questi ultimi
– salvo che l’unico documento predisposto per il detto negozio
venga redatto in modo tale da farne risultare la volontà di
scomposizione in più contratti preliminari in base ai quali ognuno
dei comproprietari si impegna esclusivamente a vendere la
propria quota al promissario acquirente, con esclusione di forme
di collegamento negoziale o di previsione di condizioni idonee a
rimuovere la reciproca insensibilità dei contratti stessi
all’inadempimento di uno di essi – costituiscono un’unica parte
complessa e le loro dichiarazioni di voler vendere si fondono in
un’unica volontà negoziale. Ne consegue che, quando una di tali
dichiarazioni manchi (o sia invalida), non si forma (o si forma
invalidamente) la volontà di una delle parti del contratto
preliminare, escludendosi, pertanto, in toto la possibilità del
promissario acquirente di ottenere la sentenza costitutiva di cui
all’art. 2932 cod. civ. nei confronti dei soli comproprietari
promittenti, sull’assunto di una mera inefficacia del contratto
stesso rispetto a quelli rimasti estranei” (Cass. S.U. n.
7481/1993; Cass. S.U. n. 239/1999.

E ancora: “in tema di promessa di vendita di un bene immobile
indiviso, appartenente a più comproprietari, allorché nell’unico
documento predisposto per il negozio non risulti la volontà dei
comproprietari di stipulare più contratti preliminari relativi
esclusivamente alle singole quote di cui ciascuno di essi è
titolare, le dichiarazioni dei promittenti venditori, che
costituiscono un’unica parte complessa, danno luogo a un’unica
volontà negoziale, sicché sono parti necessarie del giudizio ex
art. 2932 cod. civ. tutti coloro che, concorrendo a formare la
volontà negoziale della parte promittente,si sono obbligati a
prestare il consenso necessario per il trasferimento del bene
considerato come un unicum inscindibile e nei cui confronti deve
spiegare effetto la sentenza costitutiva” (Cass. n. 6162/2006; e
cfr. Cass. n. 1866/2015 per l’affermazione che nel caso di
preliminare di vendita di un bene oggetto di comproprietà
indivisa le singole manifestazioni di volontà provenienti da
ciascuno dei comproprietari sono prive di una specifica
autonomia e destinate a fondersi in un’unica manifestazione
negoziale)>>

Poi la SC aggiunge di suo:

<<Se è vero che l’obbligazione di trasferire la proprietà di un
immobile oggetto di comunione, considerato come unicum
inscindibile, con la pattuizione di un solo prezzo, dà luogo
all’indivisibilità dell’obbligazione, è altrettanto vero che da tale
affermazione non possono derivare le conseguenze che ne ha
tratto il giudice di seconde cure, ossia l’irrilevanza della
mancanza di partecipazione di un coerede all’atto, stante la
natura obbligatoria del preliminare e l’estensione al suo
adempimento, tramite l’esecuzione dell’obbligo a contrarre,
della disciplina delle obbligazioni solidali.

La prestazione di trasferire la proprietà di un bene in
comproprietà non è stata infatti considerata avente natura
solidale ma collettiva, “non potendo operare il principio stabilito
dall’articolo 1292 c.c., secondo cui ciascuno degli obbligati in solido
puo’ adempiere per l’intero e l’adempimento dell’uno libera gli altri,
atteso che i promittenti sono in grado di manifestare il consenso
relativo alla propria quota e non quello concernente le quote
spettanti agli altri” (Cass. n. 2613/2021).
Diversamente dai corollari desunti dal giudice di appello, la
domanda di adempimento deve essere rivolta nei confronti di tutti
i promittenti venditori (in aggiunta alle decisioni già citate cfr. Cass.
n. 1050/1999), determinando un litiscorsorzio necessario, che si
genera nei confronti di tutti gli eredi anche quando, promosso il
giudizio ex art. 2932 cod. civ. per l’esecuzione specifica
dell’obbligo a contrarre, sopravvenga il decesso di uno dei
promittenti venditori, trattandosi di cause inscindibili (Cass. n.
8225/2011).
Ad ulteriore comprova delle linea interpretativa che nel caso
de quo avrebbe dovuto adottare la Corte distrettuale si possono
ricordare le decisioni che hanno preso specificamente in
considerazione il caso – come quello in esame – di apertura della
successione dopo la stipulazione del preliminare: “Deceduto il
promittente-venditore e apertasi – secondo la disciplina degli artt
566 e 581 cod civ (nel testo anteriore alla legge 19 maggio 1975
n. 151) – la successione legittima nei confronti del medesimo in
favore dell’unica figlia e del coniuge, la domanda di esecuzione
specifica del preliminare, tendendo al conseguimento della piena
proprieta del bene oggetto del contratto, deve essere proposta,
affinche la relativa sentenza sia utiliter data, non solo nei
confronti della figlia del de cuius, di tale bene divenuta piena proprietaria per la meta e nuda proprietaria per l’altra, ma anche
nei confronti del coniuge superstite, divenutone usufruttuario
dell’altra metà” (Cass. n. 1320/1980; e v. Cass. n. 2969/1967).
I precedenti invocati nella sentenza impugnata, molto risalenti
nel tempo, non attengono allo specifico caso di specie o risultano
superati dagli indirizzi interpretativi di cui si è dato conto>>

(link dal Sole 24 Ore)