L’amministratore di diritto (prestanome) non risponde automaticamente dei reati commessi dall’amministratore di fatto

Utili precisazioni di Cass. sez. penale seconda n° 43.969 del 19.10.2022 depos. il 18.11.2022, rel. Pardo.

<< Tali considerazioni, riferite ad ipotesi di reati tributari per i quali incombe sull’amministratore
di diritto l’onere della regolare tenuta delle scritture e del pagamento delle imposte, devono
essere ribadite anche in relazione alla posizione dell’amministratore di diritto a fronte di condotte
di riciclaggio ed autoriciclaggio compiute dai gestori di fatto delle società; deve infatti essere
evidenziato che il concorso punibile del titolare della posizione di responsabilità nelle singole
condotte illecite poste in essere dai gestori di fatto non può derivare esclusivamente
dall’assunzione della carica. Invero, le condotte di sostituzione dei proventi illeciti punite dagli
artt. 648 bis e 648 terl cod.pen. costituiscono un quid pluris rispetto alle semplici attività di
evasione fiscale richiedendo la prova che attraverso le attività di quella specifica società siano
state effettuate operazioni mirate a sostituire il profitto illecito dei reati fiscali commessi ad
esempio mediante l’emissione od utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti. Ne deriva,
pertanto, che la responsabilità a titolo di concorso sotto il profilo soggettivo può essere affermata
soltanto in presenza di indici rivelatori del concorso morale e cioè della consapevolezza da parte
dell’amministratore di diritto che la società verrà utilizzata anche per il compimento di azioni di
quel particolare tipo, non bastando una generica consapevolezza della destinazione della
struttura ad attività di elusione fiscale.
E nel caso in esame tale dimostrazione sembra mancare poiché a fronte delle specifiche
osservazioni del provvedimento impugnato, il ricorso si dilunga in una analisi dei precedenti
giurisprudenziali in tema di responsabilità dell’amministratore di diritto per condotte poste in
essere dai gestori di fatto senza però in alcun modo illuminare circa i rapporti concreti sussistenti
al momento della consumazione dei fatti, rimontanti peraltro al 2017-2018, tra De Giorgio ed i
gestori di fatto, i Giordano, tali da potere attribuire all’indagato una responsabilità anche a titolo
di dolo generico od eventuale non essendosi in alcun modo verificato come si fosse addivenuti
all’individuazione dell’amministratore di diritto, quali fossero i rapporti con i Giordano, quali le
ragioni della cessazione della carica>>

E subito dopo: <<Ma un tale obbligo giuridico che permetta l’applicazione generalizzata della clausola di cui
all’art. 40 cpv cod.pen. anche a tutti gli altri reati consumati all’interno delle compagini sociali
ovvero mediante le stesse non sussiste a carico dell’amministratore di diritto; se questi cioè è certamente tenuto alla regolare tenuta delle scritture contabili, al regolare pagamento delle
imposte ed alla regolare destinazione dei beni aziendali alle attività sociali, non sussiste invece
né potrebbe altrimenti prevedersi se non in violazione del principio di tassatività della norma
penale, una previsione che impone all’amministratore delle persone giuridìche dì vigilare sulla
regolare osservanza di qualsiasi norma penale da parte dei soggetti comunque coinvolti nelle
attività sociali.             Così che l’estensione dei principi dettati dall’art. 40 cpv cod.pen.
all’amministratore di diritto non è possibile proprio per assenza di un obbligo giuridico ricavabile
da uno specifico riferimento normativo in tal senso.
Ne consegue, pertanto, che la responsabilità dell’amministratore di diritto per le condotte poste
in essere dai gestori di fatto può essere affermata solo in applicazione dei criteri generali sul dolo
nel concorso di persone ex art. 110 cod.pen.>>.