Mantenimento del figlio ventinovenne con disturbi di personalità? No, dice la Cassazione

Cass.  Sez. I, Ord. 27/02/2024 n. 5.177, rel. Pazzi:

<<5.2 Va poi aggiunto che il figlio di genitori divorziati, nel caso in cui abbia ampiamente superato la maggiore età e non abbia reperito un’occupazione lavorativa stabile (o che, comunque, lo remuneri in misura tale da renderlo economicamente autosufficiente), non può soddisfare l’esigenza ad una vita dignitosa, alla cui realizzazione ogni giovane adulto deve aspirare, mediante l’attuazione dell’obbligo di mantenimento del genitore, bensì attraverso i diversi strumenti di ausilio, ormai di dimensione sociale, che sono finalizzati ad assicurare sostegno al reddito, ferma restando l’obbligazione alimentare da azionarsi nell’ambito familiare per supplire ad ogni più essenziale esigenza di vita dell’individuo bisognoso (Cass. 29264/2022).

Questo principio non soffre eccezioni ove il figlio ultramaggiorenne non autosufficiente risulti affetto da qualche patologia [nds: indicata dalla SC appena sopra: “disturbo di personalità di tipo borderline, descritto (a pag. 7 del provvedimento impugnato) come “disturbo dell’area affettiva cognitiva comportamentale”, le cui caratteristiche essenziali erano “una modalità pervasiva di instabilità delle relazioni interpersonali, dell’immagine di sé dell’umore ed una marcata impulsività”], ma non tale da integrare – come appena detto – la condizione di grave handicap che comporterebbe automaticamente l’obbligo di mantenimento. In una simile fattispecie, per soddisfare le essenziali esigenze di vita del figlio ultramaggiorenne non autosufficiente, occorrerà richiedere, ove ne sussistano i presupposti, un sussidio di ausilio sociale, oppure sarà possibile proporre l’azione per il riconoscimento degli alimenti (i quali rappresentano un minus rispetto all’assegno di mantenimento, con la conseguenza che nella richiesta di tale assegno può ritenersi compresa anche quella di alimenti; cfr. Cass. 23133/2023)>>.