Non trascrivibile l’atto di nascita estero da procreazone medicalmente assistita voluta da coppia omoaffettiva femminile

Cass. sez. I, ord. 2 agosto 2023, n. 23.527, Rel. Tricomi (testo preso da Ondif):

<<2.3.- In particolare, va confermato il principio secondo il quale “In caso di concepimento all’estero mediante l’impiego di tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo, voluto da coppia omoaffettiva femminile, la domanda volta ad ottenere la formazione di un atto di nascita recante quale genitore del bambino, nato in Italia, anche il c.d. genitore intenzionale, non può trovare accoglimento, poiché il legislatore ha inteso limitare l’accesso a tali tecniche alle situazioni di infertilità patologica, fra le quali non rientra quella della coppia dello stesso genere; non può inoltre ritenersi che l’indicazione della doppia genitorialità sia necessaria a garantire al minore la migliore tutela possibile, atteso che, in tali casi, l’adozione in casi particolari si presta a realizzare appieno il preminente interesse del minore alla creazione di legami parentali con la famiglia del genitore adottivo, senza che siano esclusi quelli con la famiglia del genitore biologico, alla luce di quanto stabilito dalla sentenza della Corte Cost. n. 79 del 2022.” (Cass. n. 22179/2022; conf. prec. Cass. nn. 7668 /2020, n. 6383/2022, n. 7413/2022).
Invero, come affermato dalle Sezioni Unite, in relazione ai casi di minori nati all’estero da maternità surrogata, con principio che è applicabile anche alla fattispecie in cui il minore sia nato in Italia mediante il ricorso a tecniche di p.m.a., eseguite all’estero perché non consentite nel territorio nazionale a richiesta di una coppia omoaffettiva, il minore ha un diritto fondamentale al riconoscimento, anche giuridico, del legame sorto in forza del rapporto affettivo instaurato e vissuto con il genitore d’intenzione e “tale esigenza è garantita attraverso l’istituto dell’adozione in casi particolari, ai sensi dell’art. 44, comma 1, lett. d) della l. n. 184 del 1983 che, allo stato dell’evoluzione dell’ordinamento, rappresenta lo strumento che consente, da un lato, di conseguire lo “status” di figlio e, dall’altro, di riconoscere giuridicamente il legame di fatto con il “partner” del genitore genetico che ne ha condiviso il disegno procreativo concorrendo alla cura del bambino sin dal momento della nascita.” (Cass. Sez. U. n. 38162 del 30/12/2022; V. anche Cass. Sez. U. n. 12193/2019)>>.