Utili (anche se non sorprendenti) chiarimenti per i sindaci per evitare il concorso -omissivo- in bancarotta con gli amministratori

Cass. pen, V, n. 156 del 05.01.2021 (ud. 24.11.2020), rel. Scordamaglia,  fornisce qualche chiarimento ai sindaci per evitare il concorso omissivo in bancarotta con gli amministratori.

Questa la fattispoecie concreta: <<limitatamente alla condotta di distrazione avente ad oggetto il conferimento, in data 4 dicembre 2009, di tre complessi immobiliari di proprietà della fallita (quelli ubicati in (OMISSIS)) alla GPI Srl, a fronte del riconoscimento in favore della cedente di una partecipazione nel capitale sociale della cessionaria pari al 68,25 %, per un valore di circa 13 milioni di Euro a fronte di un valore dei beni ceduti non inferiore a 20 milioni di Euro, partecipazione che, in data 21 gennaio 2010, veniva ceduta alla MILLENNIUM Capital Partecipation SA, società capogruppo della “holding” G., a fronte della compensazione con crediti inesistenti vantati nei confronti della “(OMISSIS)”. Operazione complessiva, questa, che aveva luogo allorchè i tre imputati rivestivano simultaneamente il ruolo di revisori contabili della “(OMISSIS)” ed erano anche componenti del collegio sindacale di altre società del gruppo ” G.”, segnatamente la BMC e la MILLENNIUM Italia Spa>>, § 1.

Appello MIlano aveva osservato, rigettando l’impugnazione dei sindaci: <<gli imputati, per via di tale risalente osservatorio privilegiato, non potevano non accorgersi del programma illecito, ordito da G.G. e da G.I.F., domini del gruppo, per depauperare il patrimonio della “(OMISSIS)”, essendo stata l’operazione negoziale, che aveva portato a tale risultato, contrassegnata da indici di sospetto di tale conclamata evidenza da non lasciare loro alcuna discrezionalità nell’adempimento dell’obbligo di predisporre una pronta ed efficace reazione. Il conferimento (in data 4 dicembre 2009) del patrimonio immobiliare della “(OMISSIS)” in favore della GPI aveva avuto luogo, infatti, previa svalutazione del valore dello stesso nell’ordine del 31 % in assenza di giustificazioni e nonostante che il collegio sindacale avesse certificato (in data 1 dicembre 2009) una perdita di esercizio pari a circa 2 milioni di Euro; inoltre, nel verbale di assemblea del 29 novembre 2009, nel quale l’operazione era stata messa a punto, non solo non si faceva cenno alla finalità di quotazione in borsa della GPI, indicata come causa concreta del negozio, ma era anche espressamente previsto che entro poco tempo (40 giorni) il pacchetto azionario della GPI, detenuto dalla “(OMISSIS)”, sarebbe stato ceduto alla capogruppo lussemburghese MILLENNIUM Capital Partecipation SA, di modo che “(OMISSIS)” Srl. non avrebbe potuto neppure conseguire il vantaggio di “un’accresciuta capacità di reddito dell’impresa nei confronti del sistema bancario”, indicato come scopo sottostante dell’operazione.>>, § 1.1.

La difesa dei sindaci, per cui non avrebbero potuto percepure nulla circa le frodi in atto, viene così respinta: <<ai sensi dell’art. 2403 c.c. e ss., i poteri-doveri dei sindaci delle società di capitali non si esauriscono nella mera verifica contabile della documentazione messa a disposizione dagli amministratori, ma, pur non investendo in forma diretta le scelte imprenditoriali, si estendono al contenuto della gestione sociale (Sez. 5, n. 12186 del 18/02/2019, Tritto, non massimata; Sez. 5, n. 18985 del 14/01/2016, A T, Rv. 267009; Sez. 5, n. 14045 del 22/03/2016, De Cuppis, Rv. 266646; Sez. 5, n. 17393 del 13/12/2006 – dep. 08/05/2007, Martone, Rv. 236630), comprendendo, in effetti, il riscontro tra la realtà effettiva e la sua rappresentazione contabile (Sez. 5, n. 14045 del 22/03/2016, De Cuppis, Rv. 266646; Sez. 5, n. 8327 del 22/04/1998, Bagnasco, Rv. 211368). Ciò, ulteriormente, comporta che la loro responsabilità penale è stata correttamente ravvisata a titolo di concorso omissivo secondo il disposto di cui all’art. 40 c.p., comma 2, cioè sotto il profilo della violazione del dovere giuridico di controllo che, inerisce alla loro funzione, sub specie dell’equivalenza giuridica, sul piano della causalità, tra il non impedire un evento che si ha l’obbligo di impedire ed il cagionarlo. Controllo che, invero, non era circoscritto all’operato degli amministratori, ma si doveva estendere a tutta l’attività sociale, con funzione di tutela non solo dell’interesse dei soci, ma anche di quello, concorrente, dei creditori sociali, e non poteva non ricomprendere anche l’obbligo di segnalare tempestivamente tutte le situazioni suscettibili di mettere a repentaglio la prosecuzione dell’attività di impresa e l’assicurazione della garanzia dei creditori (Sez. 1 civ., n. 2772 del 24/03/1999, Rv. 524490)>>, § 1.3 (si legge 13 nella banca dati ma dovrebbe essere 1.3).

Circa le blande iniziative (mere richieste di chiarimenti agli amministratori) assunte a fronte di campaneli di allarme gravi, la SC osserva: <<ai propri compiti il Collegio sindacale avrebbe dovuto adempiere non solo con il potere di denuncia al Tribunale di cui all’art. 2409 c.c., u.c., (previsto in ipotesi di fondato sospetto di gravi irregolarità compiute dagli amministratori nella gestione della società suscettibili di arrecare danno alla società stessa), ma anche, e prim’ancora, con l’attivazione degli altri poteri d’intervento all’uopo previsti dalla legge: segnatamente, con il compimento di “atti di ispezione e controllo”, oltre che con la richiesta di informazioni agli amministratori, (art. 2403-bis c.c.) e con la convocazione dell’assemblea societaria (art. 2406 c.c.) (Sez. 5, n. 44107 del 11/05/2018, M, Rv. 274014).>>, § 2.

Infatti ricordano i giudici <<per la configurabilità della responsabilità dei sindaci ex art. 2407 c.c., comma 2, “per i fatti o le omissioni degli amministratori, quando il danno non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato in conformità degli obblighi della loro carica”, non è richiesta l’individuazione di specifici comportamenti che si pongano espressamente in contrasto con tali doveri, ma è sufficiente che essi non abbiano rilevato una macroscopica violazione o, comunque, non abbiano in alcun modo reagito di fronte ad atti di dubbia legittimità e regolarità, così da non assolvere l’incarico con diligenza, correttezza e buona fede, eventualmente anche segnalando all’assemblea le irregolarità di gestione riscontrate o denunciando i fatti al Tribunale per consentirgli di provvedere ai sensi dell’art. 2409 c.c. (Sez. 1 civ., n. 16314 del 03/07/2017, Rv. 644767; Sez. 1 civ., n. 13517 del 13/06/2014, Rv. 631305), in quanto può ragionevolmente presumersi che il ricorso a siffatti rimedi, o anche solo la minaccia di farlo per l’ipotesi di mancato ravvedimento operoso degli amministratori, avrebbe potuto essere idoneo ad evitare (o, quanto meno, a ridurre) le conseguenze dannose della condotta gestoria.>>, § 2.

Si può però osservare che l’art. 2409 non era applicabile alle SRL all’epoca dei fatti, essendolo solo ora dopo il d. lgs. 14 del 2019, art. 379/2 (quindi tornandosi al regime ante 2003)