Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza: modifiche al codice civile (art. 377 → art. 2257, art . 2380 bis, art. 2409 novies e art. 2475 c.c.)

L’articolo 377 “Assetti organizzativi societari” del Codice della crisi (ora pubblicato nel suppl. ord. n. 6/L  della G. U. n. 38 del 14.02.2019) introduce nei vari tipi societari la regola introdotta per l’impresa in generale dall’articolo 2086 co. 2, inserendo un richiamo nelle rispettive sedi.

Nell’art. 2086, come già visto in precedente post, è stato inserito un duplice dovere: i) di istituire un adeguato assetto organizzativo/amministrativo/contabile, anche in funzione della tempestiva rilevazione della crisi di impresa e della perdita di continuità aziendale; ii) di attivarsi senza indugio per adottare e attuare gli strumenti ad hoc previsti dalla legge.

Oltre a fare ciò, l’articolo 377 estende a società di persone e a  s.r.l. la regola, per cui la gestione spetta esclusivamente agli amministratori, i quali compiono le operazioni necessarie per attuare l’oggetto sociale, già prevista per le s.p.a. (art. 2380 bis co. 1-art. 2409 novies co.1). Era però difficile dubitare di tale estendibilità già prima della novella.

Con la duplice precisazione che segue,  a proposito delle s.r.l. (art. 2475), legata al fatto che i poteri gestori in tale tipo sociale possono essere affidati (in tutto o solo in parte: la dottrina è divisa) ai soci in quanto tali :

i) il dovere di rispetto dell’art. 2086 graverà su chiunque godrà dei relativi poteri gestori: cioè anche sui soci, qualora fossero a loro affidati;

ii) la regola seguente (spettanza della gestione ai soli amministratori e loro dovere di fare il necessario per attuare l’oggetto sociale) può essere interpetata in duplice modo, in relazione all’uso del termine “amministratori”: 1° o si riferisce solo al caso di gestione attribuita non a soci ma ad amministratori (soci o terzi è irrilevante): ma bisognerebbe allora -per coerenza sistematica- capire come stanno le cose nell’opposto caso di gestione affidata ai soci in quanto tali; 2°  oppure il termine “amministratori” va inteso in senso ampio, non tecnico, e cioè come sinonimo di “titolari del potere gestorio” : il che non è però possibile, dato che la nuova disposizione distingue nettamente tra gestione ed amministratori. Per cui pare preferibile la prima interpetazione; e dunque ci si dovrà interrogare sulla possibilità di estendere la regola al caso di gestione affidata ai soci (in tutto o solo in parte: in tale ultimo caso, forse, con qualche difficoltà di coordinamento tra atti di competenza dei soci ed atti di competenze degli amministratori).

Infine, viene disposta l’applicabilità dell’intero art. 2381 anche alle s.r.l. (“in quanto compatibile”), aggiungendo un comma in coda all’art. 2475. Stante la complessità dell’art. 2381 (pur depurato della regola sugli assetti adeguati che vien inserita autonomamente nell’art. 2475 co.1), questa estensione andrà prudentemente vagliata

Le norme, il cui dettato è inciso dalla riforma, sono dunque: – l’art. 2257, per la società semplice e quindi -a cascata, in base ai noti rinvii- pure per la società in nome collettivo e quella in accomandita semplice; – l’art. 2380 bis co. 1, per la s.p.a. a sistema tradizionale (e a cascata per il c.d.a. del sistema monistico, stante il rinvio ad esso nell’art. 2409 noviesdecies); – art. 2409 novies, per il consiglio di gestione delle s.p.a. in sistema dualistico; – art. 2475, per le s.r.l.

La formulazione della novella insomma non è perspicua, come la dottrina ha già rilevato (v.  R. Guidotti, La governance delle società nel Codice della Crisi di Impresa, 9 marzo 2019, www.ilcaso.it)