La Cassazione sul “sale and lease back

Interviene la SC sul tipo di leasing in oggetto con ordinanza 22.02.2021 n. 4664 rel. Guizzi.

Questa la descrizione socio/economico/giuridica della figura contrattuale:

<<La tipicità sociale del contratto “de quo”, nonchè la meritevolezza – ex art. 1322 c.c., comma 2 – degli interessi perseguiti attraverso di esso costituiscono, del resto, dati ormai acquisiti anche nella giurisprudenza di questa Corte.

Ancora da ultimo, infatti, si è ribadito che il “sale and lease back” si configura “come un’operazione negoziale complessa, frequentemente applicata nella pratica degli affari poichè risponde all’esigenza degli operatori economici di ottenere, con immediatezza, liquidità, mediante l’alienazione di un bene strumentale, di norma funzionale ad un determinato assetto produttivo e, pertanto, non agevoimente collocabile sui mercato, conservandone l’uso con la facoltà di riacquistarne la proprietà al termine del rapporto” (da ultimo, Cass. Sez. 3, ord. 12 luglio 2018, n: 18327, non massimata). Si tratta, dunque, di “operazione caratterizzata da una pluralità di negozi collegati funzionalmente volti al perseguimento di uno specifico interesse pratico che ne costituisce appunto la relativa causa concreta, la quale assume specifica ed autonoma rilevanza rispetto a quella – parziale – dei singoli contratti, di questi ultimi connotando la reciproca interdipendenza (sì che le vicende dell’uno si ripercuotono sull’altro, condizionandone la validità e l’efficacia) nella pur persistente individualità propria di ciascun tipo negoziale, a tale stregua segnandone la distinzione con il negozio complesso o con il negozio misto” (così Cass. Sez. 3, sent. 6 luglio 2017, n. 16646, non massimata)>>, § 6.3.1.

Il principale problema è capire quando dissimuli un patto commissorio vietato ex art. 2744 cc

Ebbene, allo scopo è stato prefigurato dalla Sc <<una sorta di “stress test”, affermandosi che “gli elementi ordinariamente sintomatici della frode alla legge sono essenzialmente tre, così individuati:

1) la presenza di una situazione di credito e debito tra la società finanziaria (concedente) e l’impresa venditrice utilizzatrice, preesistente o contestuale alla vendita;

2) le difficoltà economiche dell’impresa venditrice, legittimanti il sospetto di un approfittamento della sua condizione di debolezza;

3) la sproporzione tra il valore del bene trasferito e il corrispettivo versato dall’acquirente, che confermi la validità di tale sospetto” (così, in motivazione, già Cass. Sez. 3, sent. n. 5438 del 2006, cit., nonchè Cass. Sez. 3, sent. 21 ottobre 2008, n. 25552, non massimata, ed ancora, tra le più recenti, Cass. Sez. 2, sent. n. 21402 del 2017, cit. e Cass. Sez. 3, ord. n. 18327 del 2018, cit.)>>, § 6.3.2

Per opinione prevalente <<è soltanto il “concorso” di tali elementi sintomatici che “vale a fondare ragionevolmente la presunzione che il lease back, contratto d’impresa per sè lecito, sia stato in concreto impiegato per eludere il divieto di patto commissorio e sia pertanto nullo perchè in frode alla legge” (nuovamente Cass. Sez. 3, sent. n. 5438 del 2006, cit., nonchè Cass. Sez. 3, sent. n. 25552 del 2008, cit., Cass. Sez. 3, sent. n. 16646 del 2017, cit., Cass. Sez. 2, sent. n. 21402 del 2017, cit. e Cass. Sez. 3, ord. n. 18327 del 2018, cit.; “contra”, invece, in motivazione, Cass. Sez. 1, ord. 28 maggio 2018, n. 13305, Rv. 649159-01).>>, § 6.3.3.

La SC in oggetto vi aderisce.

Difatti, <<proprio la “compresenza” di tutti gli indici sintomatici suddetti risponde alla necessità – evidenziata dalla medesima dottrina, già sopra richiamata, con valutazione che questo collegio ritiene di fare propria – di non circoscrivere eccessivamente l’impiego del “sale and lease back”, nonchè, più in generale, di non ostacolare l’emersione, sul piano delle relazioni commerciali, di “nuove forme di garanzia sussidiaria, volte a salvaguardare con maggiore efficienza le ragioni del creditore, nonchè a consentire un più rapido e sicuro soddisfacimento dei suoi interessi, indipendentemente dalla collaborazione del debitore”, dovendo, invero, riconoscersi come l’autonomia privata risulti essersi da tempo “indirizzata verso strumenti solutori alternativi all’espropriazione forzata”, e ciò nel tentativo di contemperare due diverse esigenze: “da un iato, la necessità di offrire un’idonea sicurezza al creditore, attribuendogli poteri di autosoddisfazione esecutiva; dall’altro, quello di rendere meno gravosa per il debitore o per il terzo garante a prestazione della garanzia”.>>

Infine il giudizio di fittizietà volto ad aggirare il divierto di patto commissorio è giudizio di fatto, insindacabile in sede di legittimità, § 6.3.4. Opinione di dubbia esattezza , trattandosi di giudizio circa l’elemento soggettivo della fattispecie, da formulare sulla base dei fatti storici.