Sulla natura condominiale del cortile/cavedio

Sempre precisi e chiari gli insegnamenti del relatore Scarpa in materia condominiale (Cass. sez. II, ord. 14/06/2024 n. 16.619):

<<7.1. Per consolidata interpretazione giurisprudenziale, viene intesa come cortile, ai fini dell’inclusione nelle parti comuni dell’edificio elencate dall’art. 1117 c.c., qualsiasi area scoperta compresa tra i corpi di fabbrica di un edificio o di più edifici, che serva a dare luce e aria agli ambienti circostanti, o che abbia anche la sola funzione di consentirne l’accesso (Cass. n. 24189 del 2021; n. 3739 del 2018; n. 17993 del 2010).

La presunzione legale di comunione, stabilita dall’art. 1117 c.c., si reputa peraltro operante anche nel caso di cortile strutturalmente e funzionalmente destinato al servizio di più edifici limitrofi ed autonomi, tra loro non collegati da unitarietà condominiale (così, ad esempio, Cass. n. 14559 del 2004; n. 1619 del 1972).

7.2. Come visto, la Corte d’appello di Roma ha escluso il diritto di condominio sulla area di accesso contraddistinta dalla particella (Omissis), affermandone la proprietà esclusiva in capo a Sa.Th., in base a quanto verificato nell’atto del 25 marzo 1994 di divisione del compendio ereditario di Bo.Ma. e nel regolamento di condominio avente pari data.

In tal modo, la Corte d’appello di Roma ha fatto una falsa applicazione della astratta fattispecie normativa dell’art. 1117 c.c.

7.3. Innanzitutto, l’individuazione delle parti comuni di un condominio edificio, come appunto i cortili, risultanti dall’art. 1117 c.c., non opera con riguardo a cose che, per le loro caratteristiche strutturali, risultino destinate oggettivamente al servizio esclusivo di una o più unità immobiliari (cfr. Cass. Sez. Un. n. 7449 del 1993). È quindi decisivo accertare, mediante apposito apprezzamento di fatto, se l’obiettiva destinazione primaria del cortile a dare aria, luce ed accesso sia volta al servizio esclusivo di una singola unità immobiliare compresa nel complesso del Condominio di Viale (Omissis), o se invece sia volta all’uso comune di più unità immobiliari.

La prima verifica che i giudici del merito avrebbero perciò dovuto compiere, per dire applicabile, o meno, la disciplina del condominio degli edifici, di cui agli artt. 1117 c.c. e ss., concerneva la relazione di accessorietà necessaria che, al momento della formazione del condominio, legava l’area di accesso contraddistinta dalla particella (Omissis) sub 11 all’uso comune o ad una determinata porzione di proprietà singola. Peraltro, pur mancando un così stretto nesso strutturale, materiale e funzionale, la condominialità di un complesso immobiliare, che comprenda porzioni eterogenee per struttura e destinazione, può essere frutto della autonomia privata.

7.4. Ove poi debba applicarsi l’art. 1117 c.c., bisogna considerare che tale norma non si limita a formulare una mera presunzione di comune appartenenza a tutti i condomini, vincibile con qualsiasi prova contraria, potendo essere superata soltanto dalle opposte risultanze di quel determinato titolo che ha dato luogo alla formazione del condominio per effetto del frazionamento dell’edificio in più proprietà individuali. La situazione di condominio, regolata dagli artt. 1117 e seguenti del Codice civile, si attua, infatti, sin dal momento in cui si opera il frazionamento della proprietà di un edificio, a seguito del trasferimento della prima unità immobiliare suscettibile di separata utilizzazione dall’originario unico proprietario ad altro soggetto.

7.5. La Corte d’appello di Roma doveva perciò dirimere la lite non facendo affidamento sul titolo di acquisto di Sa.Th. (avente causa di Sa.Ma.), ovvero sull’atto del 25 marzo 1994, ma individuando l’atto di frazionamento dell’iniziale unica proprietà, da cui si generò la situazione di condominio edilizio, con correlata operatività della presunzione ex art. 1117 c.c. di comunione “pro indiviso” di tutte quelle parti del complesso che, per ubicazione e struttura, fossero – in tale momento costitutivo del condominio – destinate all’uso comune o a soddisfare esigenze generali e fondamentali del condominio, e non invece oggettivamente al servizio esclusivo di una o più unità immobiliari. Sarebbe quindi occorso verificare se nel titolo originario sussistesse una chiara ed univoca volontà di riservare esclusivamente ad una unità immobiliare la proprietà della particella (Omissis). Altrimenti, una volta sorta la comproprietà delle parti comuni dell’edificio indicate nell’art. 1117 c.c., per effetto della trascrizione dei singoli atti di acquisto di proprietà esclusiva – i quali comprendono pro quota, senza bisogno di specifica indicazione, le parti comuni – la situazione condominiale è opponibile ai terzi.

7.6. Quando un condomino pretenda l’appartenenza esclusiva di uno dei beni indicati nell’art. 1117 c.c., poiché la prova della proprietà esclusiva dimostra, al contempo, la comproprietà dei beni che detta norma contempla, onde vincere tale ultima presunzione è onere dello stesso condomino rivendicante dare la prova della sua asserita proprietà esclusiva, senza che a tal fine sia rilevante il titolo di acquisto proprio o del suo dante causa, ove non si tratti dell’atto costitutivo del condominio, ma di alienazione compiuta dall’iniziale unico proprietario che non si era riservato l’esclusiva titolarità del bene (Cass. n. 31995, n. 20145 e n. 1849 del 2022; n. 3852 del 2020; n. 4119 del 1974). In sostanza, per affermare la proprietà esclusiva in capo a Sa.Th. non basta accertare che la stessa proprietà gli fosse stata trasferita da Sa.Th., o che l’area in questione era stata oggetto della divisione del compendio ereditario di Bo.Ma. del 25 marzo 1994, in quanto è altrettanto noto che, ai fini della prova della proprietà attribuita ad un condividente, non è sufficiente l’atto di divisione, occorrendo piuttosto dimostrare il titolo di acquisto della comunione.

7.7. Tanto meno risulta dirimente per la soluzione della questione dedotta in lite il regolamento approvato il 25 marzo 1994, non costituendo il regolamento di condominio un titolo di proprietà, ove non si tratti di regolamento allegato come parte integrante al primo atto d’acquisto trascritto, ovvero di regolamento espressione di autonomia negoziale, approvato o accettato col consenso individuale dei singoli condomini e volto perciò a costituire, modificare o trasferire i diritti attribuiti ai singoli condomini dagli atti di acquisto o dalle convenzioni (Cass. n. 21440 del 2022; n. 8012 del 2012; n. 5125 del 1993)>>.

la formazione del condominio è automatica con la prima vendita parziale

Cass. sez. II, ord. 27/11/2023  n. 32.857, rel. Scarpa:

<<Nel caso di frazionamento della proprietà di un immobile che dia luogo alla formazione di un condominio, la parte acquirente di una parte di esso, salvo che il titolo non disponga diversamente, entra a far parte del condominio ipso jure et facto relativamente alle parti comuni ex art. 1117 c.c. esistenti al momento dell’alienazione e per addizione, man mano che si realizzano, di quelle ulteriori parti necessarie o destinate, per caratteristiche strutturali e funzionali, all’uso comune, nonché di quelle che i contraenti, nell’esercizio dell’autonomia privata, dispongano comunque espressamente di assoggettare al regime di condominialità>>.

(massima ufficiale)