Sul concetto di “finanziamento” dei soci ai sensi dell’art. 2467 cc

Cass. sez. I del 30/10/2023 n. 30.089, rel. Fidanzia:

<<Va preliminarmente osservato che questa Corte ha già avuto modo di affermare che il termine “finanziamento” non risulta assumere, “nel contesto del diritto vigente”, un “significato unico e costante;

soprattutto, non viene senz’altro a ridursi a formula equivalente a quella di “contratti di credito”” (cfr., in particolare, Cass. n. 14915/2019; Cass. n. 3017/2019; Cass., n. 2664/2019; Cass., n. 11878/2018), tanto che neppure la normativa dettata nel D.Lgs. n. 123 del 1998 (Testo Unico della Finanza) detta, o contiene, una definizione ad hoc del lemma “finanziamento” (vedi Cass. n. 2664/2019). Ne consegue, che, a maggior ragione, la nozione di “finanziamento dei soci a favore della società” di cui all’art. 2467 c.c. non comprende i soli contratti di credito, in quanto il comma 2 cit. norma prevede che rientrino in quella categoria i finanziamenti effettuati “in qualsiasi forma” e, quindi, ogni atto che comporti un’attribuzione patrimoniale accompagnata dall’obbligo della sua futura restituzione (vedi, ancora, Cass. n. 3017/2019; come anche Cass. n. 6104/2019, secondo cui è irrilevante la modalità di conferimento prescelta all’interno dell’ente).

Esaminando, in particolare, il caso esaminato dalla sopra citata Cass. n. 3017/2019, l’agevolazione finanziaria era consistita in un servizio di fornitura in esclusiva effettuato da un socio a favore della società e significativamente protrattosi nel tempo, senza che a fronte della sua continuativa esecuzione avesse fatto riscontro una qualche attività di pagamento da parte del soggetto societario che dei beni, via via così forniti, si era avvantaggiato.

Il caso di specie si differenzia da quello già esaminato (nei termini sopra illustrati) da questa Corte, atteso che la fornitura in esclusiva di merci da parte del socio (Azgard Nine ltd) – prima del mancato pagamento dei crediti di cui è stata richiesta l’ammissione al passivo – veniva usualmente sì pagata dalla società ((Omissis) s.r.l.), ma con la concessione alla medesima di sistematiche dilazioni di pagamento, abnormi rispetto a quelle mediamente praticate dagli altri fornitori e ai termini d’uso dei pagamenti del settore, che si aggiravano sui 1000 giorni (picco del (Omissis)), poi ridottesi negli anni successivi, ma mai sotto i 500 giorni (a fronte di termini di pagamento delle fatture che formalmente variavano da 90/100 giorni fino ad un massimo di 150 giorni).

Condivisibilmente, il giudice di merito ha ritenuto che anche la fornitura di merci, in esclusiva e di lungo corso, accompagnata da una sistematica ed abnorme dilazione di pagamento può integrare un finanziamento, rilevante ex art. 2467 c.c., in quanto non pagare sistematicamente un debito scaduto, o pagarlo comunque con un ritardo abnorme, palesemente difforme da ogni prassi commerciale, pur potendo continuare a beneficiare delle forniture del creditore, consente al debitore (nella fattispecie alla (Omissis) s.r.l.) di spostare la liquidità su altri pagamenti o investimenti, così potendo conservare un’operatività che, diversamente, la società non avrebbe.

In proposito, il Tribunale di Vicenza ha evidenziato, sulla scorta delle risultanze della CTU, che la (Omissis) s.r.l. aveva mantenuto la capacità di stare sul mercato proprio grazie alla prosecuzione delle forniture da parte della controllante, odierna ricorrente (nei cui confronti aveva un debito di ben 13,5 milioni di Euro a fronte di 17 del debito complessivo), associata alle dilazioni di pagamento alla stessa accordate, di cui la stessa non avrebbe potuto beneficiare se avesse dovuto rivolgersi ad altri operatori del mercato ad essa non collegati.

Coerentemente, ha osservato il giudice di merito che un operatore economico terzo e razionale, a fronte del sistematico mancato tempestivo pagamento delle forniture e della richiesta di continuazione delle medesime, avrebbe in ipotesi tollerato pagamenti ritardati (anche se non di 1000 giorni), senza però continuare a rifornire la debitrice o, viceversa, avrebbe continuato a rifornirla ma solo dietro pagamento di un consistente acconto e/o la stesura di un piano di rientro, o dietro costituzione di idonee garanzie, come sono soliti fare gli istituti di credito.

L’agevolazione sistematicamente concessa dalla ricorrente alla società poi fallita non era, pertanto, che il travestimento formale di quello che sarebbe dovuto essere un apporto di nuovo capitale di rischio da parte dei soci.

Il Collegio ritiene che l’articolato ragionamento del Tribunale di Vicenza abbia fatto corretta applicazione del principio già enunciato in sede di legittimità in ordine alla nozione di finanziamento, indiretto, anche cioè “in qualsiasi forma” effettuato; vi è stata infatti evidenza al finanziamento “anomalo” o “sostitutivo del capitale” nella misura in cui un creditore sul mercato del credito non lo avrebbe concesso, o non a quelle condizioni, a causa della situazione finanziaria della società (sul punto Cass. n. 12994/2019)>>.

Principio di diritto:

posto che rientra nella categoria dei finanziamenti effettuati “in qualsiasi forma”, a norma dell’art. 2467 c.c., ogni atto che comporti un’attribuzione patrimoniale accompagnata dall’obbligo della sua futura restituzione, la fornitura di merci, in esclusiva e di lungo corso, accompagnata da una sistematica dilazione di pagamento – abnorme rispetto a quelle mediamente praticate dagli altri fornitori e ai termini d’uso dei pagamenti del settore – può essere idonea ad integrare un finanziamento per il quale si applica al relativo credito di rimborso il regime civilistico della postergazione“.

La regola parrebbe esatta: resta solo da capire come dirimere l’incertezza sul se ricorra o meno tale situaizone nei singoli casi, in assenza di determinazioni quantitativo-temporali nella  legge