Un interessante caso di utilizzo di banca dati altrui e quindi di applicazione del diritto sui generis sulla medesima

Il tribunale delle imprese di Roma (sez. Trib. Imprese 4-5/09/2019, RG 34006/2019;  ne dà notizia Maraffino sul Sole 24 ore di oggi 21.10.2019, p. 22, ove il testo in allegato) interviene con un interessante provvedimento cautelare in materia di diritto sui generis su banca dati (art. 102 bis-ter l. aut.)

La banca dati per cui era causa era quella relativa ad orari e prezzi ferroviari  di Trenitalia.

Era capitato che la società di diritto inglese Go Bright avesse proceduto a estrazione e reimpiego dei dati di questa bancadati di Trenitalia. Trenitalia se n’era lamentata e aveva ottenuto in via cautelare inaudita altera parte l’inibitoria di cessazione e la comminazione di penale per successive eventuali violazioni a carico di Go Bright  Instauratosi il contraddittorio, però il tribunale di Roma col provvedimetno de quo ha revocato quello anteriore  inaudita altera parte e rigettato la domanda cautelare di Trenitalia

il Tribunale ricorda che la disciplina sulle banche dati prevede che <<il costitutore di una banca di dati ha il diritto, per la durata e alle condizioni stabilite dal presente Capo, di vietare le operazioni di estrazione ovvero reimpiego della totalita’ o di una parte sostanziale della stessa.>> (art. 102 bis c. 2 l. aut.)

“Costitutore” e quindi titolare di tale diritto è colui che <<effettua investimenti rilevanti per la costituzione di una banca di dati o per la sua verifica o la sua presentazione, impegnando, a tal fine, mezzi finanziari, tempo o lavoro;>> (art. 102 bis c. 1 lett. a) lt.). Il Tribunale dà atto che sul punto non c’erano contestazioni e quindi tale qualifica viene riconosciuta a Trenitalia.

Ad integrazione del c. 3. cit., il seguente comma 9 dell’art. 102 bis prevede però che <<non sono consentiti l’estrazione o il reimpiego ripetuti e sistematici di parti non sostanziali del contenuto della banca di dati, qualora presuppongano operazioni contrarie alla normale gestione della banca di dati o arrechino un pregiudizio ingiustificato al costitutore della banca di dati.>>

La ragione di quest’ultima norma è abbastanza chiara.  E’ vero che l’estrazione o il reimpiego di una banca dati altrui è sempre ammesso, purchè limitato ad una parte non sostanziale: ma è facile eludere tale limite procedendo con accessi ripetuti nel tempo, ciascuno rispettante il limite della “non sostanzialità” della parte utilizzata.

E’ un po’ come la regola sul divieto di uso del contante che superi una certa soglia, la quale può essere elusa tramite il frazionamento ripetuto nel tempo  di prelievi che, individualmente considerati, rispettano la soglia stessa: è per questo che la legge ha provveduto ad inserire una norma relativa al caso di cumulo di prelievi in un certo periodo di tempo. Ha infatti disposto che <<Il trasferimento superiore al predetto limite, quale che ne sia la causa o il titolo, e’ vietato anche quando e’ effettuato con piu’ pagamenti, inferiori alla soglia, che appaiono artificiosamente frazionati>>, dovendosi intendere per <<operazione frazionata>>, l’<<operazione unitaria sotto il profilo del valore economico, di importo pari o superiore ai limiti stabiliti dal presente decreto, posta in essere attraverso piu’ operazioni, singolarmente inferiori ai predetti limiti, effettuate in momenti diversi ed in un circoscritto periodo di tempo fissato in sette giorni, ferma restando la sussistenza dell’operazione frazionata quando ricorrano elementi per ritenerla tale>> (art. 49 e rispett. art. 1 lett. v) del D. lgs. 231 21.11.2007; c’è una disarmonia lessicale però, dato che prima parla di operazioni e poi di trasferimenti e di pagamenti).

Ebbene anche nel nostro caso è ammesso l’utilizzo di porzioni di banca dati altrui in misura non sostanziale ma  con dei limiti, quando si ha ripeta frequentemente.

Il legislatore fiscale ha ritenuto di porre una soglia quantitativa e temporale; la legge sul Diritto d’autore ha invece stabilito il concetto di operazioni “ripetute e sistematiche” , accompagnandolo poi con un’ulteriore duplice condizione negativa: i) che non devono presupporre operazioni contrarie alla normale gestione della banca dati; e ii) che non arrechino un pregiudizio ingiustificato al costitutore. Queste ultime due ipotesi sono parzialmente coincidenti dato che l’operazione contraria alla normale gestione probabilmente sarà anche pregiudizievole, ma letteralmente una differenza c’è: per quella sub i) rileva solo la contrarietà alla normale gestione, essendo invece irrilevante la dannosità.

Il Tribunale ricorda poi che esiste un’altra norma, trascurata dal giudice cautelare di prime cure, costituita dal c. 3 dell’articolo 102 ter. Secondo questa, <<non sono soggette all’autorizzazione del costitutore della banca di dati messa per qualsiasi motivo a disposizione del pubblico le attivita’ di estrazione o reimpiego di parti non sostanziali, valutate in termini qualitativi e quantitativi, del contenuto della banca di dati per qualsivoglia fine effettuate dall’utente legittimo. Se l’utente legittimo e’ autorizzato ad effettuare l’estrazione o il reimpiego solo di una parte della banca di dati, il presente comma si applica unicamente a tale parte>>.

La complessiva disciplina dunque pare sintetizzabile così:

A)  se la banca dati non è stata messa a disposizione del pubblico, è ammesso il reimpiego/estrazione solamente se A1) non sostanziale, nonchè  A2) non ci siano utilizzi ripetuti e sistematici contrari alla normale gestione -oppure, in alternativa ad A2- ; A3) non ci siano utilizzi ripetuti e sistematici arrecanti pregiudizievole ingiustificata al titolare.

B) quando invece la banca dati è stata messa a disposizione del pubblico, i paletti sono quelli B1) del reimpiego/estrazione “non sostanziali” (valutate in termini qualitativi e quantitativi), B2) da parte dell’utente legittimo.  Altri limiti non ci sono ed anzi è esporessamente detto che è ammesso per qualsiasi fine effettuato dall’utente legittimo (c. 3 art. 102 ter)

Semmai c’è da chiedersi chi sia l'<<utente legittimo>>, dato che per ipotesi si tratta di banca dati messa a disposizione del pubblico e quindi per chiunque. Tale concetto allora andrà probabilmente inteso con riferimento ad eventuali limitazioni che il costitutore apponga all’utilizzo pubblico: sarebbe logico,  perché in tali casi è utente legittimo solo chi rispetta i limiti entro cui il costitutore ha messo a disposizione del pubblico la banca dati. Se supera quei limiti, l’utente non è più legittimo.

Tornando al caso sub iudice l’estrazione consistette nell’estrazione da parte di Go Bright con picchi fino a 800.000 accessi al giorno, che rappresentavano il 30% di tutti gli accessi sui siti Trentilaia e rallentamenti della funzionalità dei server. Il giudice romano ha ritenuto che tali dati, forniti da Trenitalia, <<non appaiono sufficientemente convincenti per poter dare una risposta alla questione precedentemente sottolineata, in quanto il numero, per la verità non impressionante (30% degli accessi sulla totalità degli accessi giornalieri di TRENITALIA peraltro suddivisi nelle ventiquattr’ore) dello scraping effettuato sulla piattaforma della società ricorrente potrebbe essere interpretato come una periodica e selettiva acquisizione di dati da parte del server di GoBright. Non vi è quindi evidenza di una manifesta e di inequivoca sottrazione della banca dati da parte della società resistente>>( p. 8).

Inoltre ha precisato che l’apertura della banca dati al pubblico <<comporta la possibilità per qualsiasi utente di estrarre legittimamente tali dati in misura non sostanziale e di utilizzarli nelle forme che ritiene più opportune, anche in forma commerciale.>> (p. 6),  precisando subito dopo così: <<in  sintesi, una volta che la banca dati sia stata resa pubblica nel suo complesso, sono consentite ad avviso di questo giudice tutte le attività di estrazione, riproduzione e rielaborazione dei dati contenuti nella banca da parte di tutti gli utenti legittimi, siano essi soggetti fisici o soggetti imprenditoriali a condizione che la riutilizzazione e reimpiego dei dati non avvenga in maniera massiccia origuardi “ la totalità della banca dati, una parte sostanziale della stessa” (art. 102 bis) ovvero “il reimpiego di parti sostanziali valutati in termini qualitativi e quantitativi (art. 102 ter LDA)”.>> (p. 6/7)

Un elemento fattuale importante è che -secondo Go Bright- l’acquisizione dei dati non avveniva una volta per tutte e in via definitiva, bensì <<volta per volta sui propri server mediante il sistema dello “scraping” e che vi è un’acquisizione continuativa nel tempo e selettiva da parte del proprio applicativo dei dati utili al singolo utente che ne fa contestuale richiesta. In termini semplificati i server della società resistente acquisiscono i soli dati utili alla configurazione della richiesta del singolo utente.>> (p. 7).  In altre parole <<l’acquisizione parcellizzata e non massiva dei dati, considerate anche le prestazioni svolte dalla società, è piuttosto sintomatica di un uso contingente (ogniqualvolta l’utente ne faccia richiesta), circostanza questa che affievolisce significativamente il fumus cautelare evidenziato dal giudice della tutela interinale>> (p. 8)

La decisione esaminata non appare però particolarmente coerente, in quanto sembra mescolare i requisiti per fruire della banca dati altrui non resa pubblica con quelli necessari per fruire della banca dati altrui resa pubblica. Si tratta invece di due fattispecie normativamente distinte e quindi bisogna scegliere in base a quale  di esse si giudica la fattispecie concreta. Se la fattispecie astratta è quella dell’utilizzo di parti non sostanziali di banca dati non resa pubblica, allora ci si deve riferire all’articolo 102.  Se invece la fattispecie astratta è quella dell’utilizzo di banca dati resa pubblica, allora la norma di riferimento è solamente il comma 3 dell’articolo 102. I due gruppi di norme quindi non paiono potersi reciprocamente cumulare o in qualche modo integrare .

Se  sì esamina dunque il requisito del pregiudizio ex c. 9 art. 102 bis (banca dati non resa pubblica) , non si può poi anche ragionare sulla “non sostanzialità in termini qualitativi e quantitativi” di cui al c. dell’art. 102 ter (banca dati resa pubblica)

E interessante anche il riferimento finale alla recente direttiva (UE) 2019/1024 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, relativa all’apertura dei dati e al riutilizzo dell’informazione del settore pubblico, volta a facilitare l’utilizzo (commerciale e non) dei dati in possesso delle pubbliche amministraizoni.

Alla luce di tale novità , il  giudice ritiene che ciò porti ad un’interpretazione restrittiva del concetto di “parte sostanziale”, al punto da farla quasi coincidere col concetto di “totalità”, sì da facilitare reimpiego/estrazione dei dati propri presenti nelle banche dati. Dice infatti <<quando si parla quindi di estrazione, reimpiego ovvero rielaborazione di un quantitativo di dati provenienti da soggetto a cui la disciplina comunitaria impone la massima divulgazione dei dati in proprio possesso, il concetto di “parte sostanziale” del prelievo deve essere interpretato ed applicato in conformità alla volontà del legislatore comunitario in un’ottica di sostanziale sovrapposizione fra il concetto di “totalità” e quello di “parte sostanziale”. Quindi solo la prova stringente di una sottrazione di una banca dati complessiva può fondare il rilascio di un provvedimento interdittivo>> (p. 10)

Il punto è interessante anche se delicato da risolvere. Si potrebbe dire che la normativa sulla proprietà intellettuale vada interpretata a prescindere da questa direttiva, essendo norma speciale rispetto ad essa.

Tuttavia potrebbe far inclinare per la conclusione opposta (e quindi nel senso del Tribunale romano) il  fatto che la direttiva non si applica <<ai documenti su cui terzi detengono diritti di proprietà intellettuale;>> (art. 1 § 2 lett. c, dir.). Si badi che per <<documento>> si intende <<qualsiasi contenuto, a prescindere dal suo supporto>> (art. 2 n. 6 dir.; curioso uso sinonimico di documento e contenuto).

Con la conseguenza allora che, quando invece il diritto di IP spetti all’Ente stesso, la normativa di trasparenza e accessibilità va pienamente applicata.