Costituzione in giudizio dei chiamati all’eredità e accettazione tacita dell’eredità

Cass. sez. III n. 20503 del 17 luglio 2023, rel. Condello (segnalazione e testo da Ondif)

<<Secondo il consolidato indirizzo di questa Corte, l’assunzione della qualità di erede non può desumersi dalla mera chiamata all’eredità, nè dalla denuncia di successione, che ha valore di atto di natura meramente fiscale (Cass., sez. 2, 11/05/2009, n. 10729; Cass., sez. 2, 28/02/2007, n. 4783), ma consegue solo all’accettazione dell’eredità, espressa o tacita, che rappresenta elemento costitutivo del diritto azionato nei confronti del soggetto evocato in giudizio quale successore del de cuius (Cass., sez. 2, 6/05/2002, n. 6479; Cass., sez. 3, 10/03/1992, n. 2849).
Affinchè un atto del chiamato all’eredità possa configurare accettazione tacita, è necessario che esso presupponga necessariamente la sua volontà di accettare e che si tratti di atto che egli non avrebbe il diritto di fare se non nella qualità di erede (Cass., sez. 2, 01/03/2021, n. 5569).
In proposito, questa Corte (Cass., sez. 2, 20/3/1976, n. 1021) ha chiarito che non solo gli atti dispositivi, ma anche gli atti di gestione possono dar luogo all’accettazione tacita dell’eredità, secondo l’accertamento compiuto caso per caso dal giudice di merito, in considerazione della peculiarità di ogni singola fattispecie e tenendo conto di molteplici fattori, tra cui quelli della natura ed importanza nonchè della finalità degli atti di gestione compiuti dal chiamato. In ogni caso, occorre però che si tratti di atti incompatibili con la volontà di rinunziare e non altrimenti giustificabili se non con la veste di erede, mentre sono privi di rilevanza tutti quegli atti che non denotano in maniera univoca un’effettiva assunzione della qualità di erede, occorrendo accertare se il chiamato si sia mantenuto o meno nei limiti della conservazione e dell’ordinaria amministrazione del patrimonio ereditario, potendosi in linea generale affermare che tutti gli atti previsti dall’art. 460 c.c. (disciplinante i poteri del chiamato prima dell’accettazione, e cioè: compimento di azioni possessorie a tutela dei beni ereditari; compimento di atti conservativi, di vigilanza e di amministrazione temporanea) non provochino la mutazione dello status da chiamato a erede.
Sulla base di tali premesse, questa Corte ha ritenuto che il fatto dei chiamati all’eredità che abbiano ricevuto ed accettato la notifica di una citazione o di un ricorso per debiti del de cuius, così come il fatto che essi si siano costituiti eccependo la propria carenza di legittimazione, non possono configurarsi come accettazione tacita dell’eredità, trattandosi di atti pienamente compatibili con la volontà di non accettare l’eredità (così Cass., sez. 3, 03/08/2000, n. 10197).[ovvio]
Quando però i chiamati si costituiscano in giudizio dichiarando la propria qualità di eredi dell’originario debitore, senza in alcun modo contestare l’effettiva assunzione di tale qualità ed il conseguente difetto di titolarità passiva della pretesa, essi compiono un’attività non altrimenti giustificabile se non con la veste di erede, che esorbita dalla mera attività processuale conservativa del patrimonio ereditario, in quanto dichiarata non al fine di paralizzare la pretesa, ma di illustrare la qualità soggettiva nella quale essi intendono paralizzarla.[giusto]
Non può obiettarsi che la memoria di costituzione costituisce un atto del difensore e che, se non sottoscritta dalla parte personalmente non può assumere valore di confessione giudiziale (Cass. n. 26686 del 2005), in quanto nel caso non di confessione si tratta, ma di declinazione degli elementi da cui deriva la titolarità passiva del rapporto controverso (v. in proposito Cass., sez. U, n. 2951 del 2016), che il difensore esplicita in virtù del mandato ricevuto ed in relazione ai quali nel caso è stata presa posizione in modo specifico sin dalla memoria di costituzione di primo grado. [errato: è sempre atto dispositivo compiuto non dalla parte ma da un terzo, irrilevante che sia il difensore]. L’assunzione in giudizio della qualità di erede costituisce quindi accettazione tacita dell’eredità, che non può essere rimessa in discussione per effetto di un atto successivamente intervenuto e dipendente da una libera scelta dei medesimi interessati, qual è la rinuncia all’eredità.
Come evidenziato anche da Cass. n. 21287 del 14 ottobre 2011 (nel ritenere che la riassunzione del processo dopo il decesso della parte sia validamente effettuata nei confronti di coloro che risultano chiamati all’eredità, se questi non contestino tempestivamente la loro qualità di eredi), l’interpretazione che pone a carico dei chiamati un onere di specificare tempestivamente nel processo la loro posizione in relazione al compendio ereditario è necessitata dall’applicazione dei principi di sollecita definizione del processo e di tutela del diritto di difesa, di cui all’art. 111 Cost., ammettendosi in caso contrario la possibilità di protrarre una situazione di incertezza, addirittura sino al decennio, per il quale dovrebbe essere paralizzata l’iniziativa processuale del creditore del de cuius, o il relativo accertamento giudiziale>>