Sulla costituzione in mora interruttiva della prescrizione (art. 1219 c. 1 cc): deve esserci chiara manifestazione della volontà di affermare il diritto

Così Cass,. sez. 1 del 19.10.2022 .n. 30.783, rel. Falabella, nella lite per risarcimento danni da abuso di posizione dominante, commesso da V. contro BT Italia.

La domanda di BT era stata accolta in primo grado ma rigettata in appello per prescrizione del diritto.

Questo il passaggio pertinente di Cass. 30.783/2022:

<< La sentenza, sul punto, sfugge a censura, facendo corretta
applicazione del principio, in essa richiamato ─ e a cui il Collegio intende
dar seguito ─, per cui, per produrre l’effetto interruttivo della
prescrizione, un atto deve contenere, oltre alla chiara indicazione del
soggetto obbligato, l’esplicitazione di una pretesa e l’intimazione o la
richiesta scritta di adempimento, che ― sebbene non richieda l’uso di
formule solenni né l’osservanza di particolari adempimenti ― sia idonea
a manifestare l’inequivocabile volontà del titolare del credito di far
valere il proprio diritto, nei confronti del soggetto indicato, con l’effetto
sostanziale di costituirlo in mora (Cass. 31 maggio 2021, n. 15140;
Cass. 7 settembre 2020, n. 18546; Cass. 14 giugno 2018, n. 15714;
Cass. 12 febbraio 2010, n. 3371; Cass. 30 novembre 2006, n. 25500;
Cass. 2 agosto 2001, n. 10608). Quest’ultimo requisito non è poi
ravvisabile in semplici sollecitazioni prive di carattere di intimazione e
di espressa richiesta di adempimento al debitore (Cass. 14 giugno
2018, n. 15714 cit.; Cass. 12 febbraio 2010, n. 3371 cit.; cfr. pure
Cass. 16 maggio 2014, n. 10789, secondo cui in tema di espropriazione
per pubblica utilità, ove l’Amministrazione espropriante pervenga
all’acquisizione dell’immobile privato mediante cessione volontaria, la
semplice affermazione del diritto alla riliquidazione dell’indennità di
occupazione, indirizzata al debitore unitamente alla richiesta di
informazioni sullo stato della procedura di liquidazione, costituisce una
mera sollecitazione e non integra gli estremi della richiesta o
intimazione di pagamento idonea ad interrompere la prescrizione).
L’istante fa questione della ricorrenza, in concreto, della inequivocabile
manifestazione della volontà ad ottenere il pagamento, per come
desumibile dalla detta comunicazione epistolare; e tuttavia, in linea di
principio, l’inesistenza di tale volontà ben poteva desumersi dalla
portata interlocutoria della comunicazione, che si era limitata ad
auspicare un incontro tra le parti: circostanza, questa, valorizzata dalla
Corte di merito sulla scorta di un accertamento di fatto che sfugge al
sindacato di legittimità; la successiva corrispondenza dell’asserita
creditrice non poteva, poi, di certo sovvertire il portato della
dichiarazione contenuta nella prima comunicazione, giudicata priva
della esplicitazione di una richiesta di pagamento
>>

La decisione pare esatta.

Da un lato la chiarezza di intento affermativo del diritto (individuarlo + manifestare volontà di agire per difenderlo) è l’essenza del concetto di costituzione in mora.

Dall’altro, la missiva disputata parrebbe un pò fiacca, quanto al secondo elemento.