Ilpossesso di stato non si applica all’adozione

Cass. sez. II, ord. 14/03/2024  n. 6.820, rel. Besso Marcheis:

<< 3. Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 237 c.c.: la Corte d’appello ha erroneamente ritenuto che l’articolo non possa essere applicato al caso in esame [di adozione, nds], in quanto strumento utilizzato al fine di provare lo stato di figlio nato nel matrimonio in mancanza dell’atto di nascita; nel caso di specie ci si trova di fronte a un’adozione avvenuta secondo una disciplina non più in vigore che legittimava l’adozione nei confronti di un solo coniuge, per cui il possesso di stato combinato con la nuova normativa farebbe sì che il ricorrente possa e debba essere considerato figlio adottivo di Di.Te.

Il motivo non può essere accolto. L’art. 237 c.c., rubricato “fatti costitutivi del possesso di stato”, è collocato nel capo dedicato alle prove della filiazione (l’aggettivo “legittima” è stato cancellato dal d.gs. n. 154/2013, con l’intento di unificare la disciplina delle prove della filiazione) e rappresenta, insieme all’art. 236 c.c., rubricato “atto di nascita e possesso di fatto” la norma più significativa in materia di possesso di stato. L’art. 236 dispone al primo comma che la filiazione si prova con l’atto di nascita iscritto nei registri dello stato civile e al secondo comma che, in mancanza di questo titolo, basta il possesso continuo dello stato di figlio, così come specificato al successivo art. 237, articolo che, a sua volta, ci dice che il possesso di stato risulta da una serie di fatti – dei quali il secondo comma indica gli indispensabili – “che nel loro complesso valgano a dimostrare le relazioni di filiazione e di parentela fra una persona e la famiglia a cui essa pretende di appartenere”.

I fatti costitutivi del possesso di stato bastano, in mancanza dell’atto di nascita, a provare la filiazione. Nel caso in esame – e a prescindere da come vada interpretata la parola mancanza, ossia come semplice vizio o assenza, originaria o sopravvenuta, dell’atto – non ci troviamo di fronte a un atto di nascita mancante o invalido, ma a un atto di adozione valido. A fronte di tale valido atto di adozione si vorrebbe fare scaturire da una serie di fatti (che Di.Te. abbia trattato il ricorrente come figlio e che come tale egli sia stato considerato dalla famiglia e nei rapporti sociali) lo status di figlio, riconoscendo quindi al possesso una funzione non solo probatoria, ma costitutiva dello status medesimo. Come si è detto, gli artt. 236 e 237 c.c. sono collocati nel capo destinato a disciplinare le prove della filiazione, così che il loro ambito è dal legislatore circoscritto alla sfera probatoria e d’altro canto il dibattito dottrinario sul possesso di stato ha sottolineato le differenze rispetto all’istituto del possesso sulle cose, c.d. in senso tecnico, di cui agli artt. 1140 segg. c.c., appunto evidenziando come in materia familiare il possesso non costituisca la fonte dello status, ma si limiti a svolgere un ruolo strumentale nel quadro della funzione di accertamento dello status medesimo>>.

PMA, coppia omoaffettiva femminile e impugnazione dell’atto di nascita nella sola forma della rettificazione

Cass.  Sez. I, Ord. 20 febbraio 2024, n. 4.448, rel. Tricomi:

Sulla rettificazione (ex art. 454 cc, oggi art. 95 ss dpr 396/2000):

<<2.4. Come questa Corte ha più volte affermato, la rettificazione degli atti di stato civile non può ritenersi limitata alla sola correzione degli errori materiali che siano commessi nella formazione degli atti di stato civile, poiché, come è dato desumere anche dall’art. 454 c.c. (poi abrogato dal D.P.R. n. 396 del 2000, art. 110, comma 3) che applica il procedimento di rettificazione a casi che restano al di fuori dell’ambito della mera correzione degli errori materiali, l’espressione “rettificazione richiesta dall’interesse pubblico” (R.D. n. 1238 del 1939, ex art. 163, poi abrogato dal medesimo D.P.R.) non può essere intesa in senso stretto, né può essere limitata alla sola rettificazione di singoli atti, ma deve essere riferita in senso ampio alla tenuta dei registri dello stato civile nel loro complesso e può ricomprendere la cancellazione di un atto compilato o trascritto per errore, la formazione di un atto omesso, ed anche la cancellazione di un atto irregolarmente iscritto o trascritto (Cass. n. 16567/2021; Cass. n. 1204/1984).

A tal fine, l’autorità giudiziaria dispone di una cognizione piena sull’accertamento della corrispondenza di quanto richiesto dal genitore in relazione alla completezza dell’atto di nascita del figlio con la realtà generativa e di discendenza genetica e biologica di quest’ultimo, potendo, a tale limitato fine, avvalersi di tutte le risorse istruttorie fornitele dalla parte (Cass. n. 13000/2019).

Inoltre, questa Corte, ha ulteriormente chiarito, proprio nell’ambito di un giudizio che, come il presente, non traeva origine dall’impugnazione da parte di un interessato del rifiuto opposto dall’Ufficiale di stato civile alla richiesta di trascrizione dell’atto di nascita, ma dalla domanda, proposta dal Pubblico Ministero, ai sensi del D.P.R. n. 396 del 2000, art. 95, comma 2, di “cancellazione” della iscrizione già effettuata, in quanto fondata sull’allegazione della contrarietà della iscrizione alla disciplina dettata da disposizioni nazionali, che tale domanda trae origine da una difformità tra la situazione di fatto, quale dovrebbe essere nella realtà secondo la predetta disciplina, e quella annotata nel registro degli atti di nascita, causata da un errore asseritamente compiuto in sede di iscrizione, e non dà pertanto luogo ad una controversia di stato, ma proprio ad una delle controversie previste dal D.P.R. n. 396, art. 95 (cfr. Cass. n.7413/2022; Cass. n. 23319/2021; Cass. n. 21094/2009)

Applicando tali principi alla presente fattispecie, pertanto, deve ritenersi che l’unico strumento utilizzabile, ai fini della contestazione della legittimità della annotazione sull’atto di nascita operata dall’Ufficiale di stato civile, dev’essere individuato nel procedimento di rettificazione, la cui funzione, collegata a quella pubblicitaria propria dei registri dello stato civile ed alla natura dichiarativa propria delle annotazioni in essi contenute, aventi l’efficacia probatoria privilegiata prevista dall’art. 451 c.c., ma non costitutive dello status cui i fatti da esse risultanti si riferiscono, esclude peraltro l’idoneità della decisione ad acquistare efficacia di giudicato in ordine alla sussistenza del rapporto giuridico di filiazione (Cass. n.7413/2022)>>.

Sulla (confermata) impossibilità di iscrivere anche il cd genitore intenzikn ale:

<<2.5. Peraltro, nella specie, oggetto dell’iscrizione contestata dal Pubblico Ministero è la dichiarazione di riconoscimento effettuata dalla madre intenzionale.

La decisione della Corte di appello è conforme alla giurisprudenza di legittimità che ha affermato in più occasioni che “In caso di concepimento all’estero mediante l’impiego di tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo, voluto da coppia omoaffettiva femminile, la domanda volta ad ottenere la formazione di un atto di nascita recante quale genitore del bambino, nato in Italia, anche il c.d. genitore intenzionale, non può trovare accoglimento, poiché il legislatore ha inteso limitare l’accesso a tali tecniche alle situazioni di infertilità patologica, fra le quali non rientra quella della coppia dello stesso genere; non può inoltre ritenersi che l’indicazione della doppia genitorialità sia necessaria a garantire al minore la migliore tutela possibile, atteso che, in tali casi, l’adozione in casi particolari si presta a realizzare appieno il preminente interesse del minore alla creazione di legami parentali con la famiglia del genitore adottivo, senza che siano esclusi quelli con la famiglia del genitore biologico, alla luce di quanto stabilito dalla sentenza della Corte cost. n. 79 del 2022.” (Cass. n.22179/2022; conf. Cass. nn. 3769/2024, 511/2024, 7668/2020, 6383/2022, 7413/2022)>>.