Locazione dissimulata da comodato accertabile sia verso il locatore che il terzo acquirente

Cass. sez. III, ord. 04/12/2023 n. 33.727, rel. Sestini:

<<il ricorrente assume che, quando venga stipulato un contratto di comodato dissimulante un contratto di locazione, deve trovare applicazione la norma dell’art. 1599 c.c., comma 1 e il requisito della data certa del contratto di locazione (dissimulato) deve essere accertato e valutato in relazione al contratto simulato di comodato (scritto e registrato); sostiene altresì che, ai sensi dell’art. 1417 c.c., comma 3, è sempre ammissibile la prova per testi (e, quindi, anche quella presuntiva) quando si intenda far valere la illiceità del contratto dissimulato (nel caso di specie, perché in violazione del canone legale);

orbene, l’assunto che il contratto di comodato dissimulasse una locazione con canone difforme da quanto consentito dalla legislazione sui patti in deroga deve intendersi certamente come volto ad evidenziare un profilo di illiceità per contrasto con normativa imperativa della locazione dissimulata e, dunque, la prova testimoniale era ammissibile (al pari di quella presuntiva);

il rilievo di cui al punto 11 della motivazione, circa il non essersi dedotto in iure che il canone era eccedente il dovuto non è condivisibile, in quanto si riferisce ad una questione che è logicamente successiva alla prova del contratto locativo e della sua opponibilità agli acquirenti;

peraltro, fissando la legge una durata del contratto locativo e le modalità di rinnovazione, la deduzione della simulazione del contratto di comodato e della dissimulazione di un contratto locativo evidenzia comunque un profilo di illiceità del comodato quale contratto dissimulato, la cui prova sarebbe contraddittorio vincolare alla regola dettata per la forma stessa della stipula del contratto di locazione: la contraddizione è resa evidente dal fatto che pretendere la forma del contratto dissimulato per la stipula di quello simulato e sottrarre la prova di quest’ultimo alla regola normale dettata per la prova della simulazione servirebbe a “coprire” l’illiceità;

deve dunque ritenersi che, se il contratto effettivo è quello di locazione (benché “mascherato” come comodato), non c’e’ ragione per non applicare dell’art. 1599 c.c. il comma 1 e che, quando è dedotta l’illiceità del contratto dissimulato di locazione per violazione di norme imperative, deve essere consentito alla parte conduttrice di provare la simulazione (nei confronti sia della originaria parte locatrice, che degli aventi causa) con prove testimoniali e per presunzioni;

nello specifico, è la stessa Corte di Appello che, pur affermando (al punto 9) che le limitazioni alla prova testimoniale e a quella presuntiva non operano quando si tratti di far valere l’illiceità del contratto dissimulato e pur richiamando (al punto 10) Cass. n. 11017/2005 -che dichiara ammissibili dette prove quando siano dirette a far valere l’illiceità dell’accordo simulatorio-, afferma contraddittoriamente che la prova della simulazione avrebbe potuto essere fornita soltanto mediante controdichiarazione (sull’ammissibilità della p.t. e delle presunzioni, fra tante, anche Cass. n. 1288/2001, Cass. n. 11611/2010 e Cass. n. 9672/2020);>>

L’acquisto dell’immobile locato determina anche la cessione della locazione, ma non retroattivamente: quindi il credito per canoni arretrati rimane in capo al venditore

Questa la posizione di Cass. sez. I del 22.05.2023 n. 14.079, rel. Guizzi, invocando propri precedenti:

<<- che va dato ulteriore seguito al principio, già affermato da questa Corte, secondo cui, se “la regola emptio non tollit locatum dettata dall’art. 1599 c.c., con specifico riguardo al trasferimento a titolo particolare della cosa locata, comporta, in deroga alla normale relatività dei rapporti obbligatori, la cessione legale del contratto, con continuazione dell’originario rapporto e assunzione, da parte dell’acquirente, della stessa posizione del locatore”, essa “non implica tuttavia, certamente, il diritto dell’acquirente al pagamento dei canoni non corrisposti dall’affittuario prima del trasferimento del bene: titolare del relativo diritto, invero, era e resta il precedente proprietario, perché la successione a titolo particolare nel contratto di locazione, imposta dal legislatore, non ha effetto retroattivo”, ovvero, altrimenti detto, “perché la cessione legale del contratto di locazione non determina anche, salvo diverso accordo delle parti, la cessione dei crediti già maturati in capo all’originario contraente” (così da ultimo, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 14 agosto 2014, n. 17986, Rv. 632682-01);

– che, difatti, “l’acquirente dell’immobile locato, pur subentrando in tutti i diritti e gli obblighi correlati alla prosecuzione del rapporto di locazione, deve considerarsi terzo rispetto agli obblighi già perfezionatisi ed esauritisi a favore e a carico delle parti originarie fino al giorno del suo acquisto” (Cass. Sez. 3, sent. 13 maggio 2008, n. 11895, Rv. 603076-01), sicché “il rapporto di locazione viene a scindersi in due periodi distinti, rispetto a ciascuno dei quali l’unico contratto spiega i suoi effetti nei confronti di colui che in quel periodo ha la qualità di locatore” (Cass., Sez. 3, sent. 2 dicembre 2004, n. 22669, Rv. 578316-01)>>.

Posizione teoricamente significativa,  che andrebbe però motivata dato che parrebbe in contrasto con la disciplina generale dell’istituto (art-. 1406 cc)

Inoltre, e a monte, è da vedere se sia proprio esattto parlate di “cessione del contratto” a proposito della inopponibilità disposta dall’art. 1599 cc