L’obbligo di vaccinazione per i docentri non è contrario a Costituzione nè a normativa europea: così il Trivbunale di Venezia

Il Tribunale di Venezia, sez. lavoro, con sent. 443 del 05.07.2022, RG 1900/2021, C.M. c. Ministero Istruzione, Uff. Scolastico per il Veneto e Istituto comprensivo D.A. di Venezia, ha così deciso su un’ impugnazione della sospensione per omnessa vacciaznione.

La motivazione :

<< Sul punto va data continuità a consolidato univoco orientamento della
Sezione, di piena adesione alla condivisibile valutazione di conformità della
prescrizione vaccinale alla Costituzione e alla normativa comunitaria come
approfonditamente argomentata, con riguardo al personale sanitario, fin dalla
nota prima sentenza del Consiglio di Stato sentenza del 20.10.2021 n. 7045.
Vanno in particolare richiamate le seguenti considerazioni :
– che nella campagna vaccinale sono utilizzati prodotti non già
sperimentali e ad uso di emergenza, bensì regolarmente autorizzati dalla
Commissione, previa raccomandazione dell’EMA, attraverso la procedura di
autorizzazione condizionata, che costituisce strumento collaudato, non incide
sui profili di sicurezza del farmaco e nello specifico poggia su un quadro
solido e controllato tale da garantire un elevato livello di protezione dei
cittadini ( = a sei mesi efficacia preventiva del 96% quanto ai ricoveri e del
99% quanto ai decessi)
, tanto da costituire una misura essenziale della
strategia dell’Unione in materia di vaccini, e da realizzare, alla luce delle
risultanze statistiche, un bilanciamento rischi/benefici assolutamente
accettabile ( parr 25 – 30 sentenza);
– che la vaccinazione obbligatoria selettiva introdotta dall’art. 4 del d.l.
n. 44 del 2021 per il personale di interesse sanitario risponde a una chiara
finalità di tutela non solo, e anzitutto, di questo personale sui luoghi di lavoro
e, dunque, a beneficio della persona, ma a tutela degli stessi pazienti e degli
utenti della sanità, pubblica e privata, secondo il principio di solidarietà che
anima la Costituzione (par 31.1.)

– che nel bilanciamento tra il valore dell’ autodeterminazione
individuale e quello della tutela della salute pubblica, compiuto dal legislatore
con la previsione dell’obbligo vaccinale nei confronti del solo personale
sanitario, non vi è dunque legittimo spazio in questa fase per la c.d. esitazione
vaccinale (par 34);
– che le disposizioni della Carta fondamentale dei diritti dell’Unione
europea (arrt 3, 52), quand’ anche applicabili, non sono violate;
– quanto infine alla natura discriminatoria della previsione, che il
carattere selettivo della vaccinazione obbligatoria è giustificato non solo dal
principio di solidarietà verso i soggetti più fragili, cardine del sistema
costituzionale (art. 2 Cost.), ma immanente e consustanziale alla stessa
relazione di cura e di fiducia che si instaura tra paziente e personale sanitario,
relazione che postula la
sicurezza delle cure, impedendo che chi deve curare e
assistere divenga egli stesso veicolo di contagio e fonte di malattia. La tesi
della prevalenza del diritto di autodeterminazione, pur fondamentale, non
può andare a scapito dell’interesse pubblico alla vaccinazione obbligatoria
degli operatori sanitari, poiché la stessa dignità della persona esige la
protezione della salute di tutti quale interesse collettivo .
Tali argomentazioni sulla natura non discriminatoria della previsione non
sono scalfite dal considerando 36 pagina 7 Regolamento Europeo 953/21
trattandosi di disposizione riguardante lo specifico, diverso, ambito della
libera circolazione delle persone durante la pandemia.
L’ utilità del vaccino nella lotta alla pandemia è stata ribadita dal Consiglio di
Stato anche di recente, evidenziando che gli “
effetti positivi delle vaccinazioni
sul contrasto alla pandemia e alle sue devastanti conseguenze umane, sociali e
di deprivazione della solidarietà quale principio cardine della nostra
Costituzione
” (Cons. St. decreto n. 6401 del 2.12.2021 sub doc. 24 resist.,
seguito da sentenza n. 8454 del 20.12.2021, ordinanza 583/2022 del
04.02.2022 ed infine, ancora, con il decreto reso avverso ricorso ad una
precedente ordinanza di TAR di Venezia nella quale ha potuto esaminare,

ritenendola immune da vizi, la procedura seguita dalle Aziende dalla Regione
Veneto (C.d.S. del 23.12.2021 Reg. Provv. Cau. 06796/21);
Negli stessi termini, ex plurimis, ordinanze del TAR Veneto n. 00551 e 00552
del 22.10.2021 + n. 629 del 2.12.2021, Tar Friuli Venezia Giulia, 10.09.2021,
n. 261; Tar Puglia, 5.08.2021, n. 480, Tribunale di Verona (ordinanza del
24.5.2021, RG 446/2021, ordinanza del 16.6.2021, RG 626/2021), Tribunale
di Vicenza nell’ordinanza del 26.1.2022 (RG 1204/21), Tribunale di Bari,
ordinanza del 15.3.2022, Tribunale di Bergamo ordinanza del 21.1.2022,
Tribunale di Mantova, sentenza del 17.2.2022, n. 30, Tribunale di Milano,
sentenza del 16.3.2022 n. 684, Tribunale di Taranto dell’11.2.2022 n. 355,
Così infine anche questa Sezione, con orientamento univoco: ordinanza
8.11.2021 e ordinanza del 23.5.2022 in RG 377/2022 di questo stesso
giudicante, ordinanza del 10.12.2021 est Menegazzo, ordinanza collegiale del
26.01.2022, ordinanze 7.3.2022 in RG 263/2022 e 17.3.2022 in RG 296/2022
est Bortot .
I noti precedenti di segno opposto esprimono un orientamento minoritario,
non solo sul piano nazionale, ma in molti casi addirittura in sen allo stesso
Tribunale di appartenenza (così in particolare Tribunale di Padova, ordinanze
del 7-17.12.2021 e 28.4.2022).
Questo Giudice, nonostante le difformi pronunce in questione, continua a non
ritenere le questioni sollevate “non manifestamente infondate”.
Come argomentato dai giudici amministrativi nelle pronunce sopra
richiamate, i vaccini in questione non siano farmaci sperimentali e la loro
autorizzazione risponde alla disciplina stabilita dai Regolamenti europei n.
726/2004 e n. 507/2006.
L’autorizzazione proviene dalle autorità regolatorie europea (EMA) e
nazionale (AIFA) e la valutazione di natura tecnica di queste due autorità non
è soggetta ad un sindacato giurisdizionale sostitutivo, quando, come nel caso
di specie, vi sia stato l’apporto di altre amministrazioni con competenze
tecniche esclusive.

E d’ altro canto l’orientamento più volte espresso dalla Corte Costituzionale si
impernia sulla ricostruzione della natura bidimensionale del diritto alla salute
tutelato dall’art. 32 della Costituzione, che riconosce il diritto del singolo e lo
pone in relazione al coesistente diritto degli altri e della collettività.
La Corte Costituzionale ha sempre affermato l’esigenza di ricercare un punto
di bilanciamento e di contemperamento tra il diritto individuale
all’autodeterminazione in materia di trattamenti sanitari e l’esigenza di
salvaguardia della salute della collettività.
In particolare nella sentenza n. 218/2014 ( = illegittimità costituzionale, per
contrasto con l’art. 32 della Costituzione, dell’ art. 5 comma 3 l. 135/1990,
nella parte in cui non prevede accertamenti sanitari dell’assenza di
sieropositività all’infezione da HIV come condizione per l’espletamento di
attività che comportino rischi per la salute dei terzi) la Corte afferma che la
tutela costituzionale della salute non si esaurisce in situazioni attive di
pretesa, ma implica e comprende il dovere dell’individuo di non ledere né
porre a rischio con il proprio comportamento la salute altrui, in osservanza
del principio generale che vede il diritto di ciascuno trovare un limite nel
reciproco riconoscimento e nell’eguale protezione del coesistente diritto degli
altri, particolarmente in situazioni caratterizzate da malattie contagiose e
infettive.
Proprio la tutela della collettività legittima l’obbligatorietà di accertamenti
sanitari previsti dalla legge, specificamente diretti a chi svolga determinate
attività, come quella sanitaria, in cui sussista un serio rischio di contagio
>>.

Successive utili precisaizoni:

<< La sentenza n. 5/2018 ribadisce i confini che delimitano la costituzionalità
dell’obbligo vaccinale imposto dalla legge, affermandone la compatibilità con
l’art. 32 della Costituzione alle seguenti condizioni: a) se il trattamento è
diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è
assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri; b) se si
prevede che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che è
obbligato, salvo che per quelle sole conseguenze che appaiano normali e,
pertanto, tollerabili; c) se, nell’ipotesi di danno ulteriore, sia prevista

comunque la corresponsione di un’equa indennità a favore del danneggiato, e
ciò a prescindere dalla parallela tutela risarcitoria (principio questo espresso
anche dalle sentenze della Corte Costituzionale n. 258/1994 e 307/1990).
In questa sentenza la Corte ha anche sottolineato come la scelta discrezionale
del legislatore di adottare un sistema di raccomandazione o di obbligo del
vaccino debba fondarsi sulle condizioni sanitarie ed epidemiologiche
accertate dall’autorità preposta (cfr. sentenza n. 268/2017) e delle
acquisizioni, sempre in evoluzione, della ricerca medica (cfr. sentenza n.
282/2002)” .
Riguardo alla scelta legislativa di adottare la misura dell’obbligo vaccinale, si
tratta di una valutazione discrezionale che non può essere censurata in
questa sede e che si fonda su valutazioni degli organi pubblici competenti alla
base della dichiarazione di emergenza sanitaria disposta ai sensi dell’art. 7
comma 1 lettera c) D. Lgs. 1/2008, prorogata con d.l. 105/2021 al 31.12.2021
mentre, con il d.l. 1/2022, è stata disposta l’estensione dell’obbligo vaccinale
fino al 15.6.2022, poi prorogata, per determinate categorie di lavoratori,
perdurando l’esigenza di tutela della salute della collettività, in via transitoria
oltre la formale cessazione dello stato di emergenza, in un complessivo
quadro di graduale superamento delle misure di prevenzione, fino al
31.12.2022.
Va inoltre considerato che la Commissione UE, che, con la direttiva n.
2020/739/UE del 3 giugno 2020, ha modificato l’allegato III della direttiva
2000/54/CE – già modificato dalla direttiva della Commissione
2019/1833/UE del 24 ottobre 2019 – con l’inserimento del virus SARS -CoV –
2 nel gruppo 3 dell’elenco degli agenti biologici, che possono causare malattie
infettive nell’uomo, fondando ulteriormente la scelta del legislatore nel senso
dell’obbligatorietà del vaccino come misura di prevenzione individuale e
collettiva.
D’altronde sotto questo profilo va sottolineato come la vaccinazione oggi a
disposizione non elimina la possibilità di contrarre il virus e di diffonderlo,
ma dalle evidenze scientifiche a disposizione è innegabile che la riduca: è

stato infatti riscontrato con la diffusione dei vaccini un calo sia nei contagi sia
nello sviluppo della malattia grave (ad attività riaperte) ed un’obbiettiva
maggiore necessità di cure in terapia intensiva nei soggetti contagiati non
vaccinati.
Ciò non esclude il carattere di misura di prevenzione del vaccino: del resto
nessun vaccino elimina mai al 100% né la possibilità di contrarre il virus, né
la possibilità di sviluppare la malattia e perciò tale condizione non può
ragionevolmente ergersi quale presupposto per la legittimità dell’obbligo
vaccinale.
Quanto all’incidenza della sospensione del rapporto di lavoro e della
retribuzione, si giustifica per il contemperamento nell’interesse della
collettività alla tutela della salute, nei termini che sono stati precedentemente
messi in evidenza, e nella temporaneità della sospensione .
Le considerazioni che precedono portano a ritenere manifestamente
infondata la questione di legittimità costituzionale prospettata dalla
ricorrente così come la prospettata incompatibilità con le norme
dell’ordinamento sovranazionale e internazionale
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