Approfondimento sul tema in Cass., sez 3 del 10.10.2025 n. 27.178:
<<Le circostanze che la corte territoriale non avrebbe esaminato riguardano fatti successivi rispetto al momento in cui, anche secondo la giurisprudenza di questa Corte, della quale il giudice a quo ha fatto corretta applicazione, deve essere accertata la sussistenza dei requisiti richiesti dall’art. 2901 cod. civ.: “con specifico riguardo alla posizione del fideiussore (i cui atti dispositivi sono senz’altro assoggettabili, al pari di quelli del debitore principale, al rimedio de quo), l’acquisto della qualità di debitore nei confronti del creditore risale al momento della nascita stessa del credito e cioè al momento in cui viene prestata la fideiussione (e non anche a quello della scadenza dell’obbligazione del debitore principale), sicché è a tale momento che occorre far riferimento al fine di stabilire se l’atto pregiudizievole (come la costituzione di un fondo patrimoniale) sia anteriore o successivo al sorgere del credito, onde predicare, conseguentemente, la necessità o meno della prova del consilium fraudis (Cass. n. 591/99; Cass. n. 7484/2001)”.
Il che priva di pregio lo sforzo difensivo di parte ricorrente che è tutto incentrato a dimostrare la sopravvenienza di circostanze, rispetto al momento del sorgere del credito, che la Corte d’Appello avrebbe omesso di esaminare e che se esaminate l’avrebbero dovuta indurre ad escludere la sussistenza dei presupposti dell’accio pauliana. Deve infatti ribadirsi che non ricorre l’eventus damni se la riduzione del credito, anche in corso di causa, elimina la lesione della garanzia patrimoniale posta in essere mediante l’atto dispositivo, atteso che l’interesse ad agire deve sussistere sino al momento della decisione (Cass. 16/07/2025, n. 19650); il venir meno dell’interesse del creditore ad ottenere la declaratoria di inefficacia dell’atto postula il sopravvenire in corso di causa di un giudicato che accerti l’inesistenza del credito; giudicato che, ove sussistente, deve essere rilevato anche da questa Corte, la quale, indipendentemente dall’originaria fondatezza o meno della domanda, la rigetterà nel merito, ai sensi dell’art. 384,2 comma, cod. proc. civ., ove non siano necessari ulteriori accertamenti in fatto (Cass. 30/06/2020, n. 12975).>>
E poi:
<<Quanto alla non revocabilità dell’atto costitutivo del fondo patrimoniale deve ribadirsi che il fondo patrimoniale rappresenta effettivamente un sistema idoneo a garantire la soddisfazione dei bisogni della famiglia, ma non esclude la possibilità per i creditori di aggredire i beni in esso inclusi, poiché nella definizione del punto di equilibrio tra l’interesse della famiglia e quello dei creditori non si è totalmente obliterato il principio di cui all’art. 2740 cod. civ., ma si è introdotto uno speciale regime di responsabilità patrimoniale. Né il fondo patrimoniale crea uno schermo impermeabile ai rimedi che i creditori possono esperire avverso le attività dirette ad eludere o vanificare in toto la garanzia patrimoniale generica.
Più precisamente, il fondo patrimoniale costituito ex art. 167 cod. civ. impone un vincolo di destinazione su determinati beni, per far fronte ai bisogni della famiglia, con la conseguenza che ex art. 170 cod. civ. “la esecuzione sui beni del fondo e sui frutti di essi non può aver luogo per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia”.
Deve, pertanto, accertarsi in fatto se il debito si possa dire contratto per soddisfare i bisogni della famiglia (o se il titolare del credito non ne conosceva l’estraneità a tali bisogni), precisando, tuttavia, che, se è vero che tale finalità non si può dire sussistente per il solo fatto che il debito sia sorto nell’esercizio dell’impresa, è vero altresì che tale circostanza non è nemmeno idonea ad escludere, in via di principio, che il debito si possa dire contratto, appunto, per soddisfare bisogni familiari (v. Cass. 28/05/2020, n. 10166).
La rispondenza o meno dell’atto ai bisogni della famiglia richiede una verifica estesa al riscontro di compatibilità con le più ampie esigenze dirette al pieno mantenimento e all’armonico sviluppo familiare, cosicché l’estraneità non può considerarsi desumibile soltanto dalla tipologia di atto (ad es. la fideiussione prestata in favore di una società, come nella vicenda per cui è causa) in sé e per sé considerata (Cass. 25/10/2021, n. 29983).
In sostanza, i creditori vengono distinti, in base alla natura dei bisogni dai quali originava il rapporto obbligatorio e della condizione soggettiva in cui si trovavano al momento dell’insorgenza dell’obbligo, in: i) creditori della famiglia, ai quali è riservata la garanzia generica sui beni attributi al fondo; ii) creditori che ignoravano l’estraneità dei debiti ai bisogni familiari che dall’art. 170 cod. civ., sono equiparati ai precedenti; iii) creditori che conoscevano tale estraneità, ai quali è preclusa l’esecuzione sui beni del fondo e sui relativi frutti.
Destinare beni ai bisogni della famiglia significa sottrarli all’azione esecutiva di una specifica categoria di creditori, ferma restando la possibilità per tutti i creditori di agire, se ne ricorrono i presupposti, in revocatoria ordinaria, posto che l’atto di costituzione del fondo patrimoniale, anche se compiuto da entrambi i coniugi, è un atto a titolo gratuito, soggetto ad azione revocatoria ai sensi dell’art. 2901 cod. civ., se sussiste la conoscenza del pregiudizio arrecato ai creditori (Cass. 07/03/2005, n. 4933; Cass. 07/07/2007, n. 15310; Cass. 07/10/2008, n. 24757; Cass. 10/02/2015, n. 2530).
Nella specie, l’istituto di credito non ha preteso di agire esecutivamente sui beni del fondo patrimoniale, ma ha lamentato che la costituzione del fondo patrimoniale recava pregiudizio alle sue ragioni e quindi ha chiesto e ottenuto che l’atto venisse dichiarato inefficace nei suoi confronti ai sensi dell’art. 2901 cod. civ.
L’azione pauliana è diretta a far dichiarare giudizialmente l’inefficacia, nei confronti del creditore procedente, degli atti di disposizione del patrimonio con cui il debitore arrechi pregiudizio alle sue ragioni, per consentire allo stesso di esercitare sui beni oggetto dell’atto azioni esecutive e cautelari. L’accoglimento della domanda proposta ex art. 2901 cod. civ. produce quindi l’effetto di rendere inopponibile, e solo nei confronti del creditore che ha agito in revocatoria, l’atto dispositivo del debitore, senza incidere sulla validità inter partes dell’atto stesso, né sulla sua opponibilità ai terzi rimasti estranei al giudizio revocatorio (Cass. 13/12/2023, n. 34872), ed assicura la fruttuosità e la speditezza dell’azione esecutiva diretta a far valere la garanzia patrimoniale generica.
Con l’accoglimento della domanda revocatoria la banca ha la possibilità di agire liberamente sui beni del fondo patrimoniale, pur se questo resta validamente costituito.
L’effetto tipico della costituzione del fondo, vale a dire la (parziale) sottrazione dei beni alla garanzia patrimoniale generica, non si produce nei confronti del creditore vittorioso nell’esperimento dell’azione pauliana e non è quindi necessario, in questo caso, verificare se il credito per cui si agisce deriva da obbligazione contratta nell’interesse della famiglia e se il creditore ne fosse consapevole o meno.
Correttamente pertanto la corte di merito ha ritenuto revocabile l’atto costitutivo del fondo patrimoniale, rilevando -in sintonia con l’indirizzo di questa Corte- che la costituzione del fondo patrimoniale è atto a titolo gratuito e che può essere dichiarato inefficace nei confronti dei creditori in quanto rende i beni conferiti aggredibili solo a determinate condizioni (art. 170 cod. civ.).
“Tale atto infatti e suscettibile… di rendere più incerta o difficile la soddisfazione del credito, giacché, considerate le richiamate limitazioni all’esecuzione poste dall’art. 170 cod. civ., riduce la garanzia generale dei creditori sul patrimonio dei costituenti” (Cass. 07/07/2007, n. 15310), onde escluderne l’ammissibilità i costituenti hanno l’onere di provare l’insussistenza del pericolo di danno costituito dalla eventuale infruttuosità di una futura azione esecutiva (Cass. 17/01/2007, n. 966)>>.