Cass. sez. II, 27/09/2025 n. 26.289, rel. Cavallino, offre un ripasso utile sul tema in oggetto:
<<Non è in discussione che l’azione di simulazione relativa proposta dall’erede in ordine ad atto di disposizione patrimoniale del de cuius stipulato con un terzo, che si assuma lesivo della quota di legittima e abbia i requisiti di validità dell’atto dissimulato, deve ritenersi proposta esclusivamente in funzione dell’azione di riduzione prevista dall’art. 564 cod. civ., con la conseguenza che l’ammissibilità dell’azione è condizionata alla preventiva accettazione dell’eredità con beneficio di inventario (Cass. Sez. 2 23-2-2011 n. 4400 Rv. 616717-01, Cass. Sez. 2 27-6-2003 n. 10262 Rv. 564659-01, Cass. Sez. 2 18-4-2003 n. 6315 Rv. 562327-01).[pure questo passaggio è interessante]
Inoltre, trattandosi nella fattispecie di successione legittima, la preterizione del legittimario che esclude il ricorrere della condizione della preventiva accettazione beneficiata non può essere intesa in senso tecnico. Infatti, in senso tecnico, la preterizione del legittimario ricorre esclusivamente in presenza di un testamento con il quale il de cuius abbia disposto dell’intera eredità a favore di altri, trascurando il legittimario che, in questo caso, non è chiamato all’eredità e diviene erede solo a seguito del vittorioso esperimento dell’azione di riduzione, essendogli preclusa la possibilità di accettare l’eredità (Cass. Sez. 2 17-8-2022 n. 24836 Rv. 665563-01, Cass. Sez. 2 7-2-2020 n. 2914 Rv. 657093-01); è evidente che, in tal caso, non si pone alcuna questione in ordine all’esistenza di un relictum che imponga o meno l’accettazione dell’eredità con beneficio di inventario al fine dell’esercizio dell’azione di riduzione nei confronti di donatari e legatari, proprio perché il soggetto che intende esercitare l’azione di riduzione non è chiamato all’eredità.
Una tale ipotesi, per definizione, non ricorre nel caso di assenza di testamento, in quanto il legittimario che intende agire in riduzione è chiamato ex lege alla successione; però la giurisprudenza considera pretermesso il legittimario anche nel caso in cui il de cuius abbia distribuito in vita tutto il suo patrimonio mediante disposizione a titolo particolare inter vivos; in questo caso, sebbene si apra la successione legittima e quindi il legittimario non possa ritenersi diseredato in senso formale, è acquisito che l’azione di riduzione contro i legatari e i donatari non coeredi non sia soggetta all’onere dell’accettazione dell’eredità con beneficio di inventario (Cass. Sez. 2 23-12-2011 n. 28632 Rv. 620793-01, Cass. Sez. 2 7-10-2005 n. 19527 Rv. 583417-01, per tutte). Come precisato da Cass. 24836/2022, in motivazione a pag. 9, l’equiparazione del legittimario chiamato ex lege alla successione al legittimario diseredato è strettamente limitata all’art. 564 cod. civ., e cioè comporta l’esonero dalla formalità dell’accettazione con beneficio di inventario al fine dell’esperimento dell’azione di riduzione nei confronti dei soggetti non coeredi.
Stante l’ulteriore principio, pure posto da Cass. 24836/2022, secondo il quale il legittimario chiamato ex lege alla successione diviene erede nel momento in cui esercita l’azione di riduzione in quanto l’esercizio dell’azione comporta accettazione tacita dell’eredità, e stante il dato di comune esperienza secondo il quale un relictum, costituito almeno da effetti personali di modico valore appartenuti al de cuius è presente in qualsiasi successione, ci si deve chiedere quale sia la lettura dell’art. 564 cod. civ. che non si risolva nella negazione del principio secondo il quale l’accettazione dell’eredità con beneficio di inventario non è condizione di proponibilità dell’azione di riduzione nei confronti di terzi donatari e legatari per il legittimario totalmente pretermesso.
Quindi, si deve considerare che la ratio dell’art. 564 cod. civ., laddove prevede la previa accettazione dell’eredità con beneficio di inventario per agire in riduzione nei confronti dei soggetti non coeredi, è nella tutela dei legatari e donatari estranei, per i quali è necessaria la preventiva constatazione ufficiale dell’asse ereditario, che li pone in condizione di verificare l’effettività della lesione della riserva; ciò significa che non è configurabile alcuna esigenza di tutela nel caso in cui non sussista un asse ereditario da dividere, seppure un qualche relictum privo di rilievo economico esista nonostante il defunto abbia donato in vita tutte le sue sostanze. In effetti, la giurisprudenza di legittimità ha già esposto il concetto che un asse da dividere sussiste nel caso in cui vi sia un relictum sul quale insorga comunione ereditaria e perciò il relictum non sia di valore totalmente irrisorio: in materia di collazione, l’indirizzo è uniforme nel senso che la collazione presuppone l’esistenza di una comunione ereditaria e, cioè, di un asse da dividere, in quanto l’art.737 cod. civ. presuppone che l’istituto sia applicabile tra i coeredi che concorrono alla successione; invece, se l’asse si è esaurito con donazione e legati, così che viene a mancare un relictum da dividere, non vi è luogo neppure a collazione, salvo l’esito dell’eventuale azione di riduzione (Cass. Sez. 2 21-12-2021 n. 41132 Rv. 663792-01, Cass. Sez. 6-2 14-1-2021 n. 509 Rv. 660178-01, Cass. Sez. 2 14-6-2013 n. 15026 Rv. 626987-01, Cass. Sez. 2 25-11-1975 n. 3935 Rv. 378204-01, Cass. Sez. 2 5-3-1970 n. 543 Rv. 345608-01). Sulla base del medesimo concetto secondo il quale l’asse ereditario è formato da beni di un qualche valore commerciale, Cass. Sez. 2 25-10-2013 n. 24171 Rv. 628792-01 ha escluso la decadenza dal beneficio di inventario, prevista dall’art. 493 cod. civ. in caso di atti di disposizione di beni ereditari senza autorizzazione giudiziaria, nel caso di demolizione di vettura caduta in successione di nessun valore commerciale e nel caso di appropriazione del vestiario del de cuius di valore minimale.
Ne consegue che erroneamente nella fattispecie la Corte d’Appello ha escluso che Za.Ca. fosse erede legittimo totalmente pretermesso in ragione del saldo nel conto corrente intestato al de cuius pari a Euro 30,07, trattandosi di somma di entità talmente irrisoria da non integrare asse ereditario ai fini che interessano. Anziché affermare, come ha fatto, che l’appellante aveva tardivamente allegato in appello fatti nuovi volti a contrastare la tesi che il saldo del conto corrente appartenesse al de cuius – e prima di verificare se si rimanesse nell’ambito di una mera difesa – la Corte d’Appello avrebbe dovuto ritenere quel relictum di valore economico talmente irrisorio da essere inidoneo a escludere la pretermissione.
Invece, non era necessaria alcuna valutazione sul valore economico degli arredi dell’abitazione del de cuius, pure compresi nell’inventario, a fronte del dato che, con riguardo a quegli oggetti, è stata tempestivamente acquisita in causa la prova che si trattava di beni che non erano compresi nella successione di Za.Al.. Infatti, certamente il verbale di inventario redatto da notaio o da cancelliere ex artt. 769 e 775 cod. proc. civ., in quanto atto rogato dal pubblico ufficiale nell’esercizio delle funzioni, è assistito da pubblica fede e rappresenta, fino a prova contraria, fonte privilegiata di convincimento circa la ricostruzione e l’ammontare dell’asse ereditario al momento dell’apertura della successione, della cui reale consistenza il notaio incaricato è personalmente tenuto ad accertarsi (Cass. Sez. 2 5-4-2024 n. 9063 Rv. 670731-01, Cass. Sez. 2 16-3-2018 n. 6551 Rv. 647853-01). Però, nella fattispecie la sentenza impugnata non ha escluso l’esistenza della prova contraria rispetto alle risultanze dell’inventario, ma ha ritenuto che la prova acquisita non fosse utilizzabile per il fatto che soltanto tardivamente, negli scritti conclusionali del primo grado, l’attore aveva dedotto che i beni mobili inventariati appartenessero a SEPPIA Srl che li aveva acquistati da Za.Al., “portando, a tal fine l’attenzione sul contratto”; perciò ha dichiarato che era inammissibile l’allegazione e la prova di fatti nuovi. A ragione il ricorrente censura la pronuncia, in quanto la Corte d’Appello non ha considerato il dato pacifico, riferito al fatto che l’allegazione dell’attore era stata, fin dall’atto di citazione, di essere totalmente pretermesso in quanto il padre si era spogliato in vita di tutti i suoi beni; è altresì pacifico che a quell’allegazione l’attore aveva accompagnato la produzione degli atti di alienazione di una serie di immobili eseguiti dal padre a favore delle società, tra i quali l’atto avente a oggetto il trasferimento alla società della casa di abitazione comprensiva degli arredi. L’affermazione della Corte d’Appello secondo la quale dovesse essere oggetto di espressa e tempestiva attività assertiva anche il dato che i beni mobili inventariati erano compresi tra i beni venduti alla società è priva di fondamento; diversamente, si trattava di deduzione difensiva, che l’attore poteva svolgere in qualsiasi momento in quanto volta a valorizzare una prova documentale già acquisita nel processo, al fine di replicare all’eccezione di improponibilità dell’azione di riduzione sollevata dalla società e accolta dal giudice di primo grado. Infatti, né le eccezioni in senso lato né le mere difese rientrano nel divieto posto dall’art. 345 co. 2 cod. proc. civ., sempre che riguardino fatti emergenti dagli atti, dai documenti o dalle altre prove ritualmente acquisite al processo e anche se non siano state oggetto di espressa e tempestiva attività assertiva (Cass. Sez. 3 6-5-2020 n. 8525 Rv. 657810-01, per tutte).