C’è giurisdizione italiana sull’azione di danno contro ENI e soci per emissioni climalteranti

Ineccepibile il ragionamento condotto da Cass. sez. un. (in sede di regolamento di giurisdizione) 21.07.2025 n. 20.381, rel. Mercolino, in Greenpeace-Recommon ETS e altri c. ENI-Ministero dell’economia-Cassa depositi e prestiti.

Sulla domanda svolta:

<<7. La natura processuale della questione, nella cui soluzione questa Corte è chiamata ad operare come giudice anche del fatto, consente di procedere all’esame diretto degli atti di causa, e segnatamente dell’atto di citazione, dal quale si evince che la domanda proposta dinanzi al Tribunale di Roma ha ad oggetto a) l’accertamento dell’inottemperanza dell’ENI, del Ministero e della Cassa DDPP al raggiungimento degli obiettivi climatici internazionalmente riconosciuti, volti a garantire il contenimento dell’incremento della temperatura entro 1,5 C, b) la conseguente dichiarazione della responsabilità solidale dei convenuti per tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali subìti e subendi dagli attori in conseguenza del cambiamento climatico, per violazione del combinato disposto degli artt. 2 e 8 della CEDU e degli artt. 2043, 2050 e 2051 cod. civ., c) la condanna dell’ENI a limitare il volume annuo aggregato di tutte le emissioni di CO2 in atmosfera, in misura tale che a fine 2030 lo stesso venga ridotto di almeno il 45% rispetto ai livelli del 2020, ovvero in altra misura che garantisca il rispetto degli scenari elaborati dalla comunità scientifica internazionale, con la fissazione di una somma di denaro da pagarsi in caso d’inottemperanza o ritardo nell’esecuzione del provvedimento, d) la condanna del Ministero e della Cassa DDPP, ai sensi dell’art. 2058 cod. civ. e dell’art. 614bis cod. proc. civ., ad adottare una policy operativa che definisca e monitori gli obiettivi climatici di cui l’ENI dovrebbe dotarsi, con la fissazione di una somma di denaro da pagarsi in caso d’inottemperanza o ritardo nell’esecuzione del provvedimento, e) in subordine, la condanna dei convenuti alla adozione di ogni iniziativa necessaria a garantire il rispetto degli scenari elaborati dalla comunità scientifica internazionale per contenere l’aumento della temperatura entro 1,5 C.

Lo specifico riferimento agli artt. 2043,2050,2051 e 2058 cod. civ. rende evidente che attraverso la domanda in esame gli attori hanno inteso far valere una responsabilità extracontrattuale dei convenuti per i danni cagionati dall’inottemperanza dell’ENI al dovere di adottare, nell’esercizio dell’attività industriale e commerciale svolta sia direttamente che attraverso le società da essa partecipate, le misure necessarie per ridurre il volume di emissioni di CO2 in atmosfera, in misura tale da consentire di raggiungere l’obiettivo fissato dagli accordi internazionali in tema di contrasto del cambiamento climatico, consistente nella limitazione dell’incremento della temperatura globale entro il limite dell’1,5 C rispetto ai livelli preindustriali. Il fondamento di tale responsabilità viene individuato nella violazione degli obblighi derivanti dai predetti accordi, e segnatamente dall’Accordo di Parigi del 12 dicembre 2015, ritenuto vincolante anche nei confronti dei privati, per effetto dell’ordine di esecuzione impartito con legge n. 104 del 2016, e nella conseguente lesione del diritto alla vita ed al rispetto della vita privata e familiare, previsto dagli artt. 2 e 8 della CEDU, ritenuti a loro volta produttivi di obblighi positivi e negativi a carico non solo degli Stati aderenti alla Convenzione, ma anche dei privati, nonché nella violazione degli art. 9, terzo comma, e 41, secondo e terzo comma, Cost., come modificati dalla legge costituzionale 11 febbraio 2022, n. 1, che, nel sancire il principio della tutela dell’ambiente, precisano che l’iniziativa economica privata non può svolgersi in modo da recare danno allo stesso o alla salute, prevedendo inoltre che la stessa debba essere indirizzata e coordinata a fini ambientali.>>

Si noti che:

i) ENI e Cassa Dep. Prest. sono citati in giudizio come soci di riferimento di Eni;

ii) il regolamento è stato chiesto dagli attori (ipotesi rara ma, dice la SC, ammissibile).

Differenza rispetto all’azione c.d. Giudizio Universale, decisa dal Tribunale di Roma nel 2024 , in cui  convenuto era lo Stao italiano e che venne rigettata per carenza assoluta di giurisdizione.

<<A differenza delle predette ipotesi, la fattispecie in esame si configura come una comune azione risarcitoria, fondata sull’allegazione di un danno, consistente nella lesione del diritto alla vita ed al rispetto della vita privata e famigliare, la cui ingiustizia viene predicata in virtù del richiamo da un lato agli obblighi positivi e negativi derivanti dagli artt. 2 e 8 della CEDU, e dall’altro ai doveri d’intervento previsti dalle fonti internazionali in tema di contrasto del cambiamento climatico, obblighi e doveri dei quali viene affermata l’efficacia vincolante non solo a carico degli Stati che hanno aderito alla CEDU ed agli Accordi richiamati, ma anche a carico dei singoli soggetti pubblici e privati, segnatamente di quelli operanti direttamente o a mezzo di altri soggetti da loro partecipati nel settore della produzione, del trasporto e della commercializzazione di combustibili fossili, al quale la c.d. attribution science, cui si deve l’approfondimento di tali fenomeni, imputa il maggior contributo alle emissioni di CO2 nell’atmosfera, responsabili dell’incremento della temperatura globale. In tal senso dev’essere intesa anche l’invocazione degli artt. 2050 e 2051 cod. civ., ritenuti idonei a fondare una responsabilità oggettiva o presunta dei predetti soggetti, in ragione dell’intrinseca pericolosità dell’attività svolta, che impone a chi la esercita di adottare tutte le misure idonee evitare che la stessa arrechi danno a terzi, o comunque del dinamismo dannoso connesso alla natura dei materiali trattati, che implica un dovere di custodia e controllo a carico di chi ne abbia la disponibilità. Sulla base di tali allegazioni in fatto ed in diritto, viene poi chiesto l’accertamento della responsabilità solidale dell’ENI, in quanto esercente direttamente la predetta attività industriale e commerciale, e degli altri due convenuti, in quanto titolari di una posizione di controllo (inteso in senso privatistico) che consente loro d’intervenire indirettamente su tale attività, con la condanna degli stessi ad adottare le misure idonee a ridurre le emissioni entro i limiti previsti dalle fonti internazionali indicate.>>

Sul criterio di collegamento ex art. 4.1 e art. 7 n. 2 reg. 1215/2022:

<<8.1. Ai fini dell’applicazione dei predetti criteri di collegamento, occorre poi considerare che le emissioni climalteranti, pur avendo la loro origine nel luogo in cui si svolgono la produzione, il trasporto e la commercializzazione dei combustibili fossili, hanno una portata naturalmente diffusiva, estendendo i loro effetti all’intera atmosfera terreste, nell’ambito della quale si determina l’incremento della temperatura globale che produce il cambiamento climatico; la lesione del diritto alla vita ed alla vita privata e familiare allegata a sostegno della domanda si verifica invece nel luogo in cui gli attori risiedono, dove è destinata a determinarsi quella compromissione dell’aspettativa di vita, delle condizioni di salute e della qualità complessiva dell’esistenza, che costituisce l’effetto ultimo della sequenza causale innescata dal cambiamento climatico, ed in cui gli attori hanno individuato il danno individuale, concreto ed attuale da loro subìto. Sulla base di tali considerazioni, nel caso di specie, il luogo in cui si verifica l’evento generatore del danno dev’essere individuato in quello (o in tutti quelli, avuto riguardo alla pluralità di luoghi e di Stati in cui si svolge direttamente o indirettamente l’attività dell’ENI) in cui si producono le emissioni climalteranti, mentre il luogo in cui si concretizza il danno fatto valere dagli attori va identificato in quello in cui gli stessi risiedono: l’applicazione di quest’ultimo criterio consente quindi di affermare che la giurisdizione in ordine alla pretesa risarcitoria avanzata dagli attori spetta all’Autorità giudiziaria italiana, mentre l’utilizzazione del primo porterebbe ad individuare una pluralità di giudici competenti, identificabili in quelli di ciascuno dei Paesi (ivi compresa l’Italia) in cui si producono le emissioni di CO2. In proposito, va peraltro evidenziato che, nel ricostruire la sequenza causale generatrice del danno allegato, gli attori ne hanno individuato l’origine nella strategia industriale e commerciale dell’ENI, la cui elaborazione, spettante in definitiva agli organi di governo della società, che operano nel luogo in cui la stessa ha la sua sede legale ed operativa, consentono di collocare la condotta dannosa nel territorio nazionale, con la conseguenza che, anche sotto tale profilo, la competenza giurisdizionale dev’essere assegnata all’Autorità giudiziaria italiana.>>