1) Concorso tra attività pericolosa ex art. 2050 cc e condotta del danneggiato nonchè 2) grado di consapevolezza di questi della pericolosità del fumo attivo. Tobacco litigation all’italiana

Cass. sez. III, 23/05/2025 n. 13.844 rel. Gorgoni:

sul primo punto:;

<< 16) La corte territoriale, in sostanza, proprio in ragione della qualificazione come pericolosa dell’attività di produzione e commercio del tabacco non avrebbe dovuto limitarsi a ritenere la scelta del consumatore una causa prossima di rilievo, in quanto la condotta del danneggiato non solo va valutata diversamente a seconda della pericolosità dell’attività, ma anche perché la disciplina delle attività pericolose richiede una prova liberatoria specifica e particolarmente rigorosa, che non coincide propriamente con la prova del caso fortuito (comprendente il fatto colposo della vittima), essendo innegabile che nella pratica “la differenza con il limite del fortuito si attenui sensibilmente” (Cass. 13/5/2003, n. 7298).>>

Sul secondo punto, più interessante:

<<17) Anche l’argomentazione posta dalla corte di merito a fondamento della ravvisata consapevolezza della vittima dei danni cagionati dal fumo risulta invero non essere stata assunta all’esito di un accertamento specifico della effettiva consapevolezza da parte della vittima della cancerogenicità del fumo.

Accertamento viceversa indispensabile per ritenere quest’ultima in colpa, atteso che dalla medesima si sarebbe potuto esigere una diversa condotta (non fumare, fumare meno, non aspirare il fumo, adottare altre cautele), solo ove, informata del rischio specifico cui risultava esposta in ragione del consumo di sigarette, si fosse ciononostante ad esso consapevolmente e volontariamente indotta.

18) La tesi dei ricorrenti, fatta propria anche dal giudice di primo grado, era infatti che nel 1965, quando aveva iniziato a fumare, non avesse consapevolezza della correlazione tra il fumo di sigarette e il cancro, laddove il giudice di merito si è limitato ad affermare che la nocività del fumo era un fatto socialmente notorio negli anni settanta.

La questione controversa però non è se vi fosse una generica consapevolezza sociale e personale dell’odierna vittima in ordine alla nocività del fumo bensì se quest’ultima fosse specificamente stata informata e consapevole che il fumo è cancerogeno.     [è il passaggio decisivo]

19) Anche senza considerare che solo nel 1975 (con la L. n. 584/1975) è stato introdotto in Italia il divieto di fumare in determinati locali e sui mezzi di trasporto pubblico, e che tale divieto è stato esteso solo molto più tardi (dalla direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 14 dicembre 1995) a determinati locali della pubblica amministrazione o dei gestori di servizi pubblici; e che il divieto di pubblicizzare direttamente o indirettamente qualsiasi prodotto da fumo risale alla L. n. 52/1983, mentre il divieto di pubblicità televisiva -anche indiretta- delle sigarette è stato posto dal D.M. n. 425/1991, va sottolineato che la prima concreta misura di dissuasione diretta, frutto della certezza raggiunta dalla comunità scientifica che il fumo sia alla base di numerose forme di cancro e di un numero indefinito di altre gravi patologie, è stata introdotta dalla L. n. 428/1990, successivamente estesa e divenuta più rigorosa con il D.Lgs. n. 184/2003, cui hanno fanno seguito misure di intervento più incisive e concrete nella lotta al tabagismo.

19) A tale stregua, essendo la nocività del fumo un fatto socialmente noto a partire dagli anni settanta, tutt’altro che socialmente nota era invero all’epoca cui risalgono i fatti di causa la correlazione specifica tra fumo e cancro (e altre gravi patologie).

20) Va certamente escluso che nel 1965, allorquando la vittima ha iniziato a fumare, fosse socialmente nota la correlazione tra fumo e cancro, e che la medesima fosse informata e conscia del rischio specifico di contrare il cancro e si sia ciononostante indotta a fumare fino a 20 sigarette al giorno, in virtù di consapevole scelta edonistica.

L’asimmetria informativa in Italia è stata -come detto- colmata normativamente solo con l’emanazione della L. n. 428 del 1990, persistendo peraltro in capo all’esercente un’attività come nella specie pericolosa, al fine di andare esente da responsabilità, l’obbligo di dimostrare di aver adottato ogni misura atta ad evitare il danno (es., l’adozione di filtri volti a contenere lo sprigionamento delle sostanze cancerogene provocate dalla combustione; la produzione di sigarette con una più contenuta percentuale di catrame e di altre sostanze cancerogene; l’informazione sui rischi del fumo).

Va al riguardo osservato che invero già anteriormente all’emanazione della richiamata legge vi fosse invero tenuta alla stregua della diligenza qualificata e della buona fede o correttezza (v. Cass. 28/4/2022, n. 13342; Cass. 6/5/2020, n. 8494; Cass., 29/5/2018, n. 13362; Cass. 20/8/2015, n. 16990) cui avrebbe dovuto improntare la propria condotta nei rapporti della vita comune di relazione (v. Cass. 2/4/2021, n. 9200; Cass. 15/2/2007, n. 3462).

Solamente a fronte della conoscenza o effettiva conoscibilità dei rischi specifici connaturati alla pratica del fumo può infatti configurarsi un concorso di colpa del consumatore fumatore.

21) Costituisce ius receptum che l’esercente l’attività pericolosa è tenuto ad adottare, in relazione al contesto di riferimento, misure precauzionali anche al di là da quelle strettamente imposte dalla legge (Cass. 21/05/2019, n. 13579), anche e soprattutto sul piano dell’informazione, al fine di evitare il rischio d’impresa derivante dall’immissione sul mercato di un prodotto ontologicamente dannoso senza specifiche informazioni in ordine al tipo di danni alla salute (conducenti come nella specie addirittura alla morte) cui il consumatore risulta esposto, e il relativo consumo inconsapevole da parte del fumatore.

Consumo inconsapevole dei rischi specifici cui rimane esposto in ragione dell’immissione in commercio delle sigarette invero deponente per l’esclusione che la condotta del consumatore possa considerarsi improntata ad effettiva libertà di determinazione al riguardo e come tale possa pertanto assurgere a causa prossima di rilievo nella determinazione dell’evento dannoso nei termini dalla corte di merito erroneamente ravvisati nell’impugnata sentenza.>>

Per chi è interssato al tema ci sono diversi siti sulla tobaccio litigation: ad es. qui.