Siti alias e inibitoria dinamica nella violazione del diritto di autore o di diritti connessi

Interessanti considerazioni sul sempre scivoloso tema in oggetto in Trib Milano sez. spec. imprese 20.03.2025 n. 2359, RG 6800/2019:

<<11.6. Per quanto concerne il contenuto dei provvedimenti inibitori, dal complessivo esame delle previsioni comunitarie in tema di tutela del diritto d’autore e di limiti alla responsabilità degli intermediari, si ricava che se, da un lato, l’art. 15 della direttiva 2000/31/CE osta alla pronuncia di provvedimenti che pongano a carico dei prestatori di servizi on line obblighi di vigilanza attiva e preventiva in relazione a qualsiasi futura violazione dei diritti di proprietà intellettuale; tuttavia, tale norma non preclude la pronuncia di provvedimenti che impongano all’intermediario di adottare provvedimenti che contribuiscano non solo a far cessare la violazione in atto, ma anche a prevenire nuove violazioni della stessa natura, purché si tratti di ingiunzioni efficaci, proporzionate dissuasive e tali da non creare ostacoli al commercio legittimo (Corte di Giustizia, C-324/2009 L’ OMISSIS ).

11.7. Sul punto, la Corte di Giustizia ha affermato la legittimità di un provvedimento che imponga al “prestatore di hosting di bloccare l’accesso alle informazioni memorizzate il cui contento sia identico a quello precedentemente dichiarato illecito e di rimuovere tali informazioni qualunque sia l’autore della richiesta di memorizzazione delle medesime. Tenuto conto delle specifiche circostanze del caso concreto, l’ordine può prevedere anche la rimozione di contenuti “equivalenti” a quello dichiarato illecito, purché il prestatore di servizi non sia chiamato ad effettuare una valutazione autonoma e le informazioni veicolino un messaggio il cui contenuto rimanga sostanzialmente invariato rispetto a quello che ha dato luogo all’accertamento; poiché le differenze del nuovo messaggio non sono tali da costringere il prestatore ad una valutazione autonoma di tale contenuto”. In altri termini, ciò che le previsioni applicabili ratione temporis hanno inteso escludere è che il fornitore dei servizi di internet che, per la natura del servizio e le concrete modalità con cui lo stesso venga erogato, sia neutrale rispetto ai contenuti immessi, possa essere tenuto ad un controllo generalizzato e preventivo in ordine alla liceità di detti contenuti.

Escluso, pertanto, un obbligo siffatto, secondo la Corte di Giustizia non è in contrasto con gli esposti principi il contenuto di un ordine dell’autorità giudiziaria o amministrativa che imponga al prestatore dei servizi di hosting specifici obblighi consistenti “nella ricerca di informazioni di contenuto uguale o identico a quelle dichiarate illecite” purché, per assolvere a tale obbligo, il prestatore di servizi non sia tenuto a svolgere una “valutazione autonoma” di illiceità e la selezione di tali contenuti possa avvenire con il ricorso a “tecniche e mezzi di ricerca automatizzati” (Corte di Giustizia C-18/18, G.-OMISSIS ).

11.8. Secondo l’orientamento di questo Tribunale, le condizioni descritte risultano efficacemente rispettate laddove l’inibitoria abbia ad oggetto i siti vetrina che, anche con l’uso di domain name diversi, comportino la violazione del medesimo diritto “da parte dei medesimi soggetti o comunque con collegamenti diretti con essi”, dovendo le condotte future essere riconducibili ad un medesimo fatto lesivo come oggettivamente e soggettivamente accertato. A tal fine, l’inibitoria può essere estesa a condotte che associno un diverso top level domain al medesimo second level domain utilizzato per l’erogazione dei contenuti illeciti, onerando tuttavia il titolare dei diritti di comunicare all’ OMISSIS eventuali nuovi indirizzi IP che consentano l’accesso ai medesimi contenuti protetti, ovvero la loro diffusione, ciò anche ove tali siti siano associati ad un diverso top level domain. L’inibitoria può, inoltre, essere estesa a eventuali modifiche al second level domain a condizione che “il collegamento tra i soggetti responsabili dell’attività illecita sia obiettivamente rilevabile attraverso la comunicazione ai rispettivi abbonati di specifiche indicazioni atte a raggiungere altro sito diversamente denominato ma ad essi direttamente riconducibile”, onerando della segnalazione gli stessi titolari dei diritti connessi (Tribunale di Milano, ord. 15/11/2019). Come osservato da questo Tribunale, “in presenza di specifica segnalazione da parte della ricorrente, non può ravvisarsi alcuna violazione del divieto dell’obbligo generale di sorveglianza” (Tribunale di Milano, ord. 08/05/2017).

11.9. Infine, partendo dalla considerazione per cui è ben possibile che “non esista alcuna tecnica che consenta di porre completamente fine alle violazioni del diritto di proprietà intellettuale, o che non sia praticamente realizzabile, con la conseguenza che alcune misure adottate all’occorrenza potrebbero essere aggirate in un modo o nell’altro”, la giurisprudenza dell’Unione ha evidenziato che, cionondimeno, l’intermediario possa essere destinatario di un’ingiunzione per l’adozione di misure (disattivazione dell’accesso o rimozione dei contenuti) quanto meno idonee a rendere difficilmente realizzabili o a scoraggiare le ulteriori violazioni del diritto d’autore (Corte di Giustizia C-314/2012, U.T.W. GmbH).>>

La sentenza, tratta da Onelegale, è purtroppo anonimizzarta: il che la rende difficilmente comprensibile e comunque richiede notevole impegno, come sempre nei provvedimenti anonimizzati a più parti . Il che è assurdo e va contrastato. Meritoria quindi l’azione con successo svolta al TAR dal prof. Mondoni e altri: non è invece condivisibile l’opposta opinione della d.ssa Civinini in Questione giustizia.

Se non si conoscono i soggetti, è impossibile il controllo pubblico sull’esercizio della giurisdizione: che è ciò cui mira la pubblicazione delle sentenze, priva di senso se non è permesso che avvenga anche (oggi: solo) tramite la loro divulgazione.

Ma l’argomento è complesso e meriterebbe specifico approfondimento.