Cass. sez. III, 30/04/2025 n. 11.337, rel. Gianniti:
<<Orbene – con specifico riferimento ai doveri morali e sociali, che trovano la loro fonte nella formazione sociale costituita dalla convivenza more uxorio – i versamenti di denaro eseguiti da un convivente a favore dell’altro durante la convivenza costituiscono adempimento di un’obbligazione naturale e cioè l’esecuzione di un dovere morale e sociale, con conseguente impossibilità di chiederne la restituzione. Tali dazioni vanno generalmente intese come adempimenti che la coscienza sociale ritiene doverosi nell’ambito di un consolidato rapporto affettivo, che non può non implicare forme di collaborazione e, per quanto qui maggiormente interessa, di assistenza morale e materiale.
Nel solco del principio che precede, questa Corte ha avuto modo di precisare (cfr. Cass. n. 14732/2018, n. 11303/2020) che è configurabile l’ingiustizia dell’arricchimento di un convivente more uxorio ai danni dell’altro in presenza di prestazioni, compiute dal secondo a vantaggio del primo, che esulino dal mero adempimento delle obbligazioni nascenti dal rapporto di convivenza – il cui contenuto va parametrato sulle condizioni sociali e patrimoniali dei componenti della famiglia di fatto – e travalichino i limiti di proporzionalità e di adeguatezza.
Orbene, nella sentenza impugnata la corte di merito – dopo aver affermato, con accertamento di fatto, che lo St.Mi., di professione operaio, era, tra i due conviventi, unico percettore di reddito ed aveva provveduto a pagare, per la durata della convivenza (tre anni), le rate del mutuo, per complessivi Euro 24 mila, di cui era gravata la casa, nella quale entrambi i conviventi avevano vissuto – ha ritenuto che detto importo (pari ad Euro 8000 all’anno e, dunque, ad Euro 666 al mese), in quanto corrispondente a quanto notoriamente sarebbe stato speso a titolo di canone di locazione per una unità immobiliare, fosse proporzionato e, come tale, da ricondursi ad una forma di collaborazione e di assistenza morale e materiale, che si reputa doverosa nell’ambito di un consolidato rapporto affettivo (Cass. n. 3713/2003, Cass. n. 11303/2020)
Tanto affermando, la corte di merito non ha soltanto qualificato i versamenti effettuati dallo St.Mi. come adempimenti di obbligazioni naturali ex art. 2034 c.c., in quanto eseguiti nell’ambito di una convivenza more uxorio consolidata, ma ha anche compiuto una non implausibile valutazione di proporzionalità e di adeguatezza, richiesta dalla giurisprudenza di questa Corte e rimessa all’esclusivo apprezzamento del giudice di merito.
In definitiva, va qui ribadito il principio per cui l’attribuzione patrimoniale a favore del convivente more uxorio configura l’adempimento di un’obbligazione naturale, sempre che il giudice di merito, ad esito di un giudizio di fatto, incensurabile in sede di legittimità, abbia ritenuto che l’attribuzione medesima sia adeguata alle circostanze e proporzionata all’entità del patrimonio e alle condizioni sociali del solvens (e, dunque, non travalichi i limiti di proporzionalità e di adeguatezza)>>.