Sorte del credito verso società cancellata e successione dei soci nel debito ex art. 2495 c. 3 c.c.

Cass. 10.752 del 21 aprile 2023 , rel. Scarpa A., sez. II:

<<2.3. Come chiarito dalla elaborazione giurisprudenziale intrapresa con le sentenze nn. 4060, 4061 e 4062 del 2010 e definita con la sentenza n. 6070 del 2013 delle Sezioni Unite di questa Corte, a seguito della riforma del diritto societario, attuata dal D.Lgs. n. 6 del 2003, qualora all’estinzione della società, di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale: a) l’obbligazione della società non si estingue, ciò che sacrificherebbe ingiustamente il diritto del creditore sociale, ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, “pendente societate”, fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali; b) i diritti e i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarità o comunione indivisa, con esclusione delle mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, e dei crediti ancora incerti o illiquidi, con riguardo ai quali l’inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un’attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale), il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato, a favore di una più rapida conclusione del procedimento estintivo.

Per quello che qui rileva essenzialmente, basta considerare che il legislatore del codice civile, anche in occasione della già ricordata riforma del diritto societario, si è preoccupato espressamente soltanto di disciplinare la sorte dei debiti sociali rimasti insoddisfatti dopo la cancellazione della società dal registro. In particolare, per le società di capitali, l’art. 2495, comma 2, c.c. (riprendendo, peraltro, quanto già stabiliva in proposito il previgente art. 2456, comma 2) dispone che i creditori sociali non soddisfatti possono agire nei confronti dei soci della dissolta società di capitali sino alla concorrenza di quanto questi ultimi abbiano riscosso in base al bilancio finale di liquidazione. E’ prevista, inoltre, anche la possibilità di agire in via risarcitoria nei confronti del liquidatore, se il mancato pagamento del debito sociale sia dipeso da colpa di costui (azione che risulta estranea al tema della presente lite). L’art. 2495, comma 2, c.c., in sostanza, delinea un meccanismo di tipo successorio, nel senso che i debiti non liquidati della società estinta si trasferiscono in capo ai soci, salvo il limite di responsabilità nella medesima norma indicato. Non si arreca, peraltro, alcun pregiudizio alle ragioni dei creditori per il fatto che i soci delle società di capitali rispondono solo nei limiti dell’attivo loro distribuito all’esito della liquidazione, atteso che, se la società viene cancellata senza distribuzione di attivo, ciò vuol dire che vi sarebbe stata comunque incapienza del patrimonio sociale rispetto ai crediti da soddisfare. La circostanza che i soci della società di capitali (o il socio accomandante della società in accomandita semplice) abbiano beneficiato effettivamente di un qualche riparto in base al bilancio finale di liquidazione non configura una condizione da cui dipende la possibilità di proseguire nei confronti di detti soci l’azione originariamente intrapresa dal creditore sociale verso la società: i soci sono comunque destinati a succedere nei rapporti debitori già facenti capo alla società cancellata ma non definiti all’esito della liquidazione, fermo però restando il loro diritto di opporre al creditore agente il limite di responsabilità pari alle somme riscosse in base al bilancio finale.

2.4. Perché il socio della società di capitali possa essere obbligato a rispondere verso il creditore sociale non soddisfatto, occorre, e ad un tempo basta, che lo stesso creditore dia prova della distribuzione dell’attivo e della riscossione di una quota di esso da parte del socio in base al bilancio finale di liquidazione, trattandosi del fatto costitutivo della responsabilità di quest’ultimo (cfr. Cass. n. 15474 del 2017; n. 23916 del 2016; Cass. n. 19732 del 2005)>>.

La parte più interessata però è la implicita affermazione che tale credito verso il socio si estingue qualora questi abbia usato il riscosso per pagare altro creditore. Nè si menziona l’eventuale problema della par condicio creditorum: che non opera  se manca procedura concorsuale.