Appello sul safe harbour § 230 CDA in caso di chiusura di account Vimeo

L’appello conferma decisione della corte newyorkese di prima istanza in una lite su chiusura di account Vimeo (piattforma per video, sia gratuita che premium) per violazione di regola contrattuale, lite decisa in base all’immancabile  safe harbour ex § 230 CDA.

Così il  secondo circuito di appello 11.03.2021 , Docket No. 20-616, Domen c. Vimeo.

Domen e l’ente da lui creato, dunque,  citano Vimeo (V. ) per avergli chiuso l’account per violazione delle sue regole che vietano <<the promotion of sexual orientation change efforts (“SOCE”) on its platform>>, p.3.

Gli attori citano V. perchè ha <<discriminated against them on the basis of their religion and sexual 3 orientation by deleting Church United’s account from Vimeo’s online video 4 hosting platform>> p. 3.

La corte conferma la decisione di primo grado , rigettando in limine per l’esimente del § 230. CDA.

Ricorda poi che l’attore era stato in un primo tempo avvisato di togliere i video contestati, altrimenti avrebbe subito la chiusura dell’account. Non avendovi provveduto, ha giustamente subito la chiusura, p. 14.

Non è però chiara la rilevanza del previo warning da parte della piattaforma: la legge non lo chiede, a differenza dal § 512 DMCA in tema di copyright. Tuttavia la corte vi insiste, per cui a fini pratici la piattaforma farà bene a dare un preavviso conrguo.

Le accuse di discriminazione sono reciproche: cioè stanno alla base sia della domanda giudiziale (p.8) che della decisione di V.

La corte di prima istanza rigetta per i commi sia 1 che 2 del § 230(c), p.8.

La corte di appello precisa che, sebbene fosse possibile una misura minore (rimozione solo dei video de quibus invece che di tutto l’account), a ciò non era tenuta V., p. 14 . Cioè la proporzionalità della reazione non è obbligata (secondo la disposizine di legge, che in effetti non la menziona, come invece da noi la dir. UE c.d enforcement 48/2004 art. 3/2).

Inoltre, prosegue la corte, circa il § 230.c.2, V. non può dirsi in malafede (la norma chiede la good faith) per il solo fatto di aver “lasciato su” altri video, che dal titolo paiono trattare la stessa materia. Infatti dal mero titolo non è chiaro che si tratti (la cit. SOCE), p. 16. Dunque avviso importante per i prossimi litigators: documentare bene i  materiali altrui  non rimossi perchè si potrebbe  ottenere ragione.

Ancora, nemeno può ravvisarsi malafede per intento anticompetetitivo o conflitto di interessi, p. 15). Infatti nel caso <<it was a straightforward consequence of Vimeo’s content policies, which Vimeo communicated to Church United prior to deleting its account>>, p. 15.

Altro avviso ai difensori prossimi circa l’interpretazione del concetto di good faith, che faranno bene a tener presenti questi concetti. Infatti , esaminado meglio la struttura del business della piattaforma convenuta, portrebbero far emergere un rapporto concorrenziale col loro cliente e dunque pure la malafede della prima.

Non è stata dedotta nè esaminata la questione dell’applicabilità a V. (e in generale agli internet provider) del primo emendamento della costituzione USA sul diritto di parola.

(notizia e link alla sentenza tratti dal blog di Eric Goldman)